Gino Severini fra musica e teatro. A Firenze

Il Museo Novecento ospita una selezione di opere del periodo fra gli Anni Venti e Trenta, con diversi inediti per l’Italia, dedicati all’affascinante e inquietante mondo del teatro e della maschere, un tema che le avanguardie ebbero sempre caro. Il percorso, cronologico, introduce le radici artistiche di Gino Severini e prosegue aprendosi al suo rapporto con l’avanguardia fra Cubismo, Futurismo e Metafisica. Completano la mostra documenti e cataloghi originali sull’attività dell’artista.

Dipinta nel 1916, quella Maternità sorprende ancora oggi per la sua modernissima classicità di respiro europeo, che coniuga la tradizione rinascimentale italiana con le tendenze secessioniste della Nuova Oggettività di stampo tedesco. Di un’arte del genere era capace Gino Severini (Cortona, 1883 – Parigi, 1966) che, dopo gli inizi in chiave divisionista a Roma sotto l’egida di Balla e Boccioni, e lo studio dei pittori postimpressionisti, costruì un suo personale figurativo, dove il “creare armonia”, che fu sempre il suo credo artistico, raggiunge uno dei punti più alti. Vi si respira l’universo della maternità, così come quello più ampio dell’umanità, colta nel suo momento più intenso.

L’AVANGUARDIA

Parigi era allora il cuore pulsante dell’arte d’avanguardia europea e centro di raccolta anche per artisti e intellettuali italiani; se Modigliani e Soffici vi scoprirono il Cubismo, Marinetti vi trovò l’ispirazione per fondare il Futurismo. Severini qui frequentò il gruppo degli Italiens riunitosi attorno a René Paresce, e sviluppò un personalissimo stile pittorico che coniugava Cubismo, Futurismo e Metafisica, immergendoli in un clima drammaturgico e letterario di respiro europeo, che riecheggia il teatro di Pirandello, ma anche la poesia di Fort e Apollinaire: nello specifico, un disegno preparatorio molto curato e il rispetto della matematica delle proporzioni (nel solco di Vitruvio e Leonardo), fanno da cornice alla riscoperta delle vestigia dell’antichità greca e romana, riletta però alla luce dell’inquieta società italiana del Ventennio, falsamente gaia, che vaga sotto il peso della nostalgia di un passato forse troppo imponente.

Gino Severini, Le demon du jeu, 1928 © Pinacoteca di Brera, Milano

Gino Severini, Le demon du jeu, 1928 © Pinacoteca di Brera, Milano

LA SALA DELLE MASCHERE

Fra i capolavori di Severini, di ampio respiro materiale e concettuale, il ciclo di affreschi per il castello di Montegufoni risente dell’influenza cubista di Pablo Picasso, e fu concepito su commissione di Sir George Sitwell, allora proprietario del prestigioso edificio. Per la prima volta in Italia è possibile vedere una selezione delle gouache che costituiscono i bozzetti preparatori dell’opera, destinata alla Sala delle Maschere: Arlecchini e musicisti mascherati, dalle fogge teatrali e surreali. Esposti anche quattro dei sei pannelli che decoravano la dimora Rosenberg, anch’essi sul tema delle maschere, immerse in un fondale di classica memoria, che qui si presta a una lettura diversa rispetto alle opere di cui sopra. Sogno e realtà, inconscio e raziocinio, raccontano, sulla scia di Freud e di nuovo di Pirandello, l’essere umano nella sua tragicommedia. Inoltre, le tecniche utilizzate, l’affresco e la gouache rivelano un interesse per l’antico, e per il “ritorno al mestiere” attraverso tecniche pittoriche complesse con le quali fermare sulla tela il patrimonio spirituale e materiale della civiltà italica. Proiettandolo però nel caos della modernità.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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