Arte digitale e biodiversità. Intervista ad Ayman Zedani

Primo ospite del ciclo di incontri “Visioni diacroniche” di Volvo Studio a Milano, Ayman Zedani è un artista saudita che narra storie di un futuro antispecista. Ne abbiamo parlato con lui

Prosegue la programmazione culturale di Volvo Studio a Milano, che inaugura Visioni diacroniche, un ciclo di incontri in collaborazione con BAM ‒ Biblioteca degli Alberi Milano e Ilaria Bonacossa, in qualità di direttrice del futuro Museo dell’Arte Digitale. Quattro artisti dialogano con il pubblico per confrontarsi sulle istanze della realtà contemporanea: dall’abbandono dell’antropocentrismo ai rapporti fra architettura e cambiamento sociale, passando per il ruolo dell’intelligenza artificiale.
In occasione del primo di questi incontri, avvenuto lo scorso 22 marzo, abbiamo intervistato Ayman Zedani (Arabia Saudita, 1984) per approfondire la sua pratica artistica, fra digitale e antispecismo.

Ayman Zedani a Volvo Studio Milano, 22 marzo 2023

Ayman Zedani a Volvo Studio Milano, 22 marzo 2023

INTERVISTA AD AYMAN ZEDANI

La tua pratica artistica si confronta con quello che Donna Haraway ha definito “generare parentele”. Puoi dirci di più?
Gran parte del mio lavoro si interessa alle relazioni fra i mondi umani e più-che-umani, senza dubbio con uno sguardo rivolto al futuro del pianeta, ma in particolare a quello del Golfo. Partendo dalle teorie di filosofi come Donna Haraway, o – per citare personalità più rilevanti nell’area da cui provengo – Reza Negarestani, lo studio delle parentele fra gli esseri umani e le altre forme di vita è il mio modo di inserirmi nel discorso riguardo a cambiamento climatico, filosofia e biodiversità.

Hai parlato di futuro. In che modo, in quanto artista ma anche essere umano, ti relazioni al passato e al futuro?
A mio avviso, siamo immersi in un costante presente in cui né il passato né il futuro si realizzano completamente. Tuttavia, il passato è passato; il futuro offre molte più possibilità, in quanto deve ancora essere esperito. Per me pensare al futuro significa pensare alla sua vivibilità: questo è ciò che mi spinge a perseguire la mia pratica artistica, a continuare a produrre opere. Mi interessa il mondo verso cui ci stiamo dirigendo: trovo che ci sia la possibilità per gli umani e per le loro parentele terrestri di produrre un futuro migliore. Dopotutto, non abbiamo molte alternative.

Nel tuo lavoro fai riferimento a un “animismo esteso”. Cosa intendi?
Alle origini del mio lavoro come artista c’è l’interesse per le antiche pratiche animiste, sia nella regione del Golfo, sia nelle altre culture. In tali contesti c’era, a mio avviso, un senso di maggiore vicinanza e connessione alla terra, al suolo, alle parentele con le altre specie che oggi è andato perduto. Con “animismo esteso” intendo recuperare alcune di quelle pratiche per mischiarle con le filosofie del nuovo materialismo, la fantascienza, la fabula speculativa per sintetizzare nuove narrative che possano farci riflettere sulle possibilità del futuro, invece che cristallizzarci in un passato glorioso.

Ayman Zedani, To the ancestors, human and non human

Ayman Zedani, To the ancestors, human and non human

DIGITALE E AI SECONDO AYMAN ZEDANI

A Volvo Studio hai presentato To the ancestors, human and non human. Di cosa di tratta?
L’opera è una sorta di dialogo alla scoperta delle diverse forme di vita che ho selezionato come protagonisti delle mie storie. La mia attività narrativa, infatti, nasce dalla speculazione su forme di vita – nella maggior parte dei casi appartenenti all’ecosistema del Golfo – e sulle loro possibilità di sopravvivenza e adattamento. In fin dei conti, ciò che faccio è creare mondi digitali dove queste creature vivono e si raccontano.

Quali pensi siano i punti di forza e di debolezza del medium digitale nel nostro contesto sociale?
Il digitale è un mezzo estremamente vivo, si modifica costantemente. Io credo che costituisca un mondo a sé, con le sue specie. Nel momento in cui non consideriamo questa discrepanza e cerchiamo di rendere digitale ciò che è fisico (e viceversa), rischiamo di incorrere in cortocircuiti. Non dico che le due cose – il mondo digitale e quello fisico – non possano unirsi in futuro; tuttavia, nella nostra realtà attuale le vedo come molto separate l’una dall’altra. Io apprezzo molto il mezzo digitale perché mi permette di dare forma a storie complesse.

Lavori anche con l’intelligenza artificiale? Qual è la tua posizione a riguardo?
Non ho ancora esplorato questa frontiera, sono piuttosto sospettoso per ora. Tuttavia credo sia un ulteriore strumento: che sia un video, una fotografia, un mondo fisico o virtuale, quello che mi interessa è esplorarne le narrazioni interne. Il valore o il disvalore dell’intelligenza artificiale dipenderà esclusivamente dal nostro approccio a essa e dall’utilizzo che ne faremo.

L'incontro con Ayman Zedani a Volvo Studio Milano, 22 marzo 2023

L’incontro con Ayman Zedani a Volvo Studio Milano, 22 marzo 2023

I PROSSIMI APPUNTAMENTI DI VISIONI DIACRONICHE

Il ciclo di incontri ospitato da Volvo Studio prevede altri tre appuntamenti, distribuiti nei prossimi mesi: il 31 maggio Natàlia Trejbalová (Slovacchia, 1989) presenterà About Mirages and Stolen Stones, un viaggio virtuale in un onirico centro della Terra. Trevor Paglen (USA, 1974) si interrogherà sulla non neutralità delle AI nell’appuntamento del 27 settembre. Infine, il 15 novembre, Nazgol Ansirinia (Iran, 1979) racconterà le trasformazioni della sua città natale Teheran, in relazione ai cambiamenti sociali dell’Iran.

Alberto Villa

https://www.aymanzedani.com/
https://www.volvocars.com/it/l/studios/milano/eventi/arts/

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Alberto Villa

Alberto Villa

Nato in provincia di Milano sul finire del 2000, si occupa di arte contemporanea scrivendo per magazine di settore e curando mostre. Si laurea in Economia e Management per l'Arte all'Università Bocconi con una tesi sulle produzioni in vetro di…

Scopri di più