Quel russo che tutti amano. Vasilij Kandinskij in mostra a Rovigo

Indipendente, insofferente verso ogni forma di politica autoritaria, assiduo ricercatore, Kandinskij si presenta al Palazzo Roverella di Rovigo grazie a una mostra che percorre tutte le tappe del suo lavoro: dai primi dipinti figurativi al Cavaliere azzurro, dai legami con l’arte popolare russa alle lezioni del Bauhaus

Vasilij Kandinskij (Mosca, 1866 ‒ Neuilly-sur-Seine, 1944) è quel che si potrebbe definire un “blockbuster”: maestro amatissimo dal pubblico e dalla critica, è spesso protagonista di mostre e nuovi studi. È uno di quei classici che non stancano mai e che si prestano a indagini condotte da diversi punti di vista per mettere in luce un aspetto o un altro della sua ricerca artistica. Forse il suo linguaggio universale e allo stesso tempo strettamente radicato nella tradizione del suo Paese, unito alla sua vita nomade che lo ha portato prima a Monaco di Baviera, poi in Svizzera, quindi di nuovo in Germania e infine in Francia, a Neuilly-sur-Seine, sono le caratteristiche che lo hanno messo al riparo da assurdi attacchi scagliati, in conseguenza delle attuali contingenze storiche, nei confronti di artisti, letterati e fotografi russi. Anzi, la mostra allestita a Rovigo proprio su Kandinskij sta riscontrando un tal successo di pubblico che la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo ha deciso di prolungare gli orari di apertura nei fine settimana e nei giorni prefestivi.

Vasilij Kandinskij, Sonntag (Alt Russisch), 1904. Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam

Vasilij Kandinskij, Sonntag (Alt Russisch), 1904. Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam

LA MOSTRA SU KANDINSKIJ A ROVIGO

Ma cos’è che distingue questo progetto dalle altre rassegne dedicate al “padre dell’Astrattismo”, come spesso viene definito? “Siamo riusciti a radunare ben ottanta opere di Kandinskij” – dichiara ad Artibune uno dei due curatori, Paolo Bolpagni – “tutte di altissima qualità. Questo, già di per sé, è un risultato straordinario. L’intento era creare un’esposizione che coprisse l’intero arco cronologico della carriera e della produzione dell’artista con pezzi davvero rappresentativi (ma non scontati), affiancati peraltro a quelli di alcuni dei suoi ‘compagni di strada’, da Klee a Jawlensky. Inoltre, alla base di tutto, c’è l’idea di leggere unitariamente e in maniera un po’ anti-convenzionale l’itinerario creativo di Kandinskij, rivelandone le matrici di fondo: il rapporto con la musica, il tema dello ‘spirituale’, il legame con le espressioni artistiche popolari”.
La mostra si snoda quindi con un percorso rigorosamente cronologico che fa una prima tappa nella regione di Vologda dove Kandinskij, inviato per una ricerca sulle minoranze etniche, scopre non solo il significato del concetto di “ort”, da cui poi germogliò la sua teoria dello “spirituale nell’arte”, ma anche l’arte popolare russa, coloratissima, caratterizzata da ricche decorazioni e da suggestive figure tradizionali. Questi oggetti, tra cui numerose stampe, furono a lungo collezionati dal pittore, come sottolinea Evgenia Petrova, e a Rovigo alcuni manufatti introducono le prime opere realizzate quando Vasilij dipingeva ancora solo nel tempo libero: sono quadri figurativi, dai temi strettamente legati alle favole o a scenari naturali.

LE OPERE DI KANDINSKIJ IN MOSTRA A ROVIGO

Indiscutibile la qualità delle opere esposte, che illustrano le fasi e gli interessi di Kandinsky: il periodo di Murnau, quando prende vita “Il cavaliere azzurro”, l’incontro – sconvolgente – con la musica di Schönberg, e poi il primo periodo a Monaco e il ritorno in madrepatria alla fine del 1914. Del rientro in Germania e del lavoro nel contesto del Bauhaus si espongono non solo dipinti e grafiche, ma anche pubblicazioni in edizione originale che collocano Kandinskij all’interno di quella scuola straordinaria aperta in un primo momento a Weimar. Non mancano, come accennato da Bolpagni, alcune opere di artisti che hanno avuto un ruolo rilevante per il protagonista: Alexej von Jawlensky, Marianne von Werefkin, Paul Klee.
E da non perdere è una serie di piccoli, deliziosi dipinti su vetro che, con le loro tematiche favolistiche e uno stile volutamente ingenuo, costituiscono “una pausa, un momento di riposo nel processo di costante riflessione e ricerca aniconica dell’artista”, scrivono i curatori in catalogo, chiamandoli “bagatelle”.
Un’indagine così completa non poteva che rivelare qualche sorpresa, e abbiamo chiesto a Bolpagni quale sia l’aspetto che più risalta da uno sguardo d’insieme: “Scoprire quanto il percorso di Kandinskij sia stato ricco di apparenti ‘deviazioni’, tutt’altro che lineare. Direi che emerge come un artista anti-dogmatico: nel panorama delle avanguardie storiche il suo atteggiamento è singolare: quello di un ricercatore paziente, più che di un rivoluzionario”.

Marta Santacatterina

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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