Gli artisti e il corpo in una grande mostra a Milano

Attraverso il disegno, la scultura, l’installazione, la video art, la fotografia e la performance, la curatrice Francesca Alfano Miglietti esplora le infinite varianti con cui il corpo ha ispirato generazioni di artisti nella mostra allestita al Palazzo Reale di Milano

Il corpo, come suggerito dal filosofo marxista Henri Lefebvre, fa di noi delle creature sociali in grado di produrre “spazio sociale”. Il corpo, in effetti, è il collegamento innegabile tra il soggetto e il contesto sociale: è il locus dell’io, dove pubblico e privato si incontrano e dove si negozia, si crea e si dà un senso alle cose. È il nostro modo di stare al mondo e di interagire con esso: attraverso il corpo, di fatto, “pensiamo”, “percepiamo” e “viviamo” il mondo.

Corpus Domini. Installation view at Palazzo Reale, Milano 2021. Zharko Basheski. Photo © Edoardo Valle

Corpus Domini. Installation view at Palazzo Reale, Milano 2021. Zharko Basheski. Photo © Edoardo Valle

LA MOSTRA SUL CORPO A MILANO

Senza voler troppo semplificare la complessità del pensiero di Lefebvre, si potrebbe utilizzare questo suo assunto come grimaldello per una possibile chiave di lettura della rassegna al Palazzo Reale di Milano.
Corpus Domini dimostra che il corpo non si riferisce esclusivamente alla sola fisicità degli artisti, ma, al contrario, alla loro totalità identitaria che si esprime attraverso la relazione degli stessi con il politico e il sociale. Dagli Anni Settanta a oggi, l’esposizione traccia un percorso che racconta gli sviluppi revisionisti che hanno interessato la semantica, la sfera sessuale e le differenze di genere, razza e classe sociale: trentaquattro artisti riconosciuti a livello internazionale e più di cento opere per smascherare e a volte demolire quelle false convinzioni e quei pregiudizi accolti da sempre come verità assolute, come per esempio i diversi ruoli dell’uomo e della donna, la demonizzazione di pratiche sessuali o ancora l’idea di un io ermeneutico ed essenzialista. In circa mille metri quadrati di superficie, si snodano, lungo le pareti scure delle sale, una pluralità di linguaggi stilistici e figurativi.
Di forte impatto scenico le opere di Oscar Muñoz e Zharko Basheski: la prima, che è una video-installazione, per il carattere emotivo legato all’idea di un corpo che scompare; la seconda per la crudezza di un corpo oltremisura, morente e con una flebo attaccata, che esce drammaticamente da un pilastro della sala. Di non minore impatto è la prima sezione della mostra dedicata a Lea Vergine: una sorta di stanza “privata” in cui sono esposte opere, alcune delle quali hanno caratterizzato il suo percorso critico, e anche libri, documenti e fotografie che testimoniano la sua preziosa ricerca, che proprio intorno al corpo l’ha vista scrivere capitoli cruciali.

GLI ARTISTI IN MOSTRA A PALAZZO REALE

Gli artisti in mostra sono notissimi e ciò che li accomuna è il loro interesse per l’essere umano nella sua più profonda unità psico-fisica, imprescindibile dalla realtà incarnata e organica del corpo. Sede delle esperienze più autentiche e ricettacolo di vissuti e traumi depositatisi nel tempo, il corpo viene sottratto ai tabù sociali e alla segretezza delle scienze mediche per essere rappresentato nella sua autonomia e nelle sue connessioni tra l’esterno e l’interno.
C’è Urs Lüthi che, con il suo protagonismo antimonumentale, si costruisce un’identità alternativa, attraverso la riarticolazione del rapporto tra corpo, realtà, dominio, azione e desiderio; Andres Serrano e Carol Rama che, con la loro estetica cruda e dissacrante, hanno vanificato la correttezza politica, troppe volte adottata come criterio assoluto per argomentare il corpo; c’è Duane Hanson con i corpi iperrealistici della rassegnazione, della solitudine e della standardizzazione della società attuale; ci sono le mutazioni dei corpi di Marc Quinn e le opere senza corpi di Joseph Kosuth che danno luogo ad altri racconti e altre narrazioni al di là di quelle istituzionalizzate dalla storia; e ancora i corpi collettivi di Christian Boltanski e quello unico ed emblematico di Joseph Beuys.
Tutti gli artisti in mostra ci ricordano che, dal corpo e dalle sue possibilità ricettive ed espressive, ciascuno di noi ha costruito il proprio modo di stare al mondo e che, proprio attraverso il corpo, riceviamo sensazioni e percezioni del mondo esterno, capaci di guidare le nostre emozioni e le nostre azioni più significative.

Francesca Mattozzi

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Francesca Mattozzi

Francesca Mattozzi

Francesca Mattozzi ha un background da danzatrice che l’ha vista lavorare sia in TV che a teatro con coreografi di fama internazionale, quali Luca Tommassini e Martino Müller. È laureata in storia dell’arte e dell’arte ama soprattuto gli eventi perché,…

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