Trappole dell’acting (X)

Christian Caliandro torna sul concetto di “neovernacolare”, riflettendo sui comportamenti degli individui di oggi.

What if all the world you think you know
Is an elaborate dream?
And if you look at your reflection
Is it all you want it to be?
What if you could look right through the cracks
Would you find yourself find yourself afraid to see?

Nine Inch Nails, Right Where It Belongs
(in [WITH_TEETH], 2005)

A furia di allenare skill leggere – si inizia
a pensare – stiamo perdendo la forza muscolare
necessaria al corpo a corpo col reale: da qui una certa
tendenza a sfumarlo, il reale, a evitarlo, a sostituirlo
con rappresentazioni leggere che ne adattano i contenuti
rendendoli compatibili con i nostri device e con il tipo
di intelligenza che si è sviluppata nelle loro logiche.
Siamo sicuri che non sia una tattica suicida?”
Alessandro Baricco, The game (2018)

Il neovernacolare sfugge alle trappole dell’acting perché se ne sbatte altamente dell’acting – del mettersi in posa. Non sta lì a recitare, accade e basta. Questa è la sua qualità costante e scioccante, questa capacità irriflessiva, questa consapevolezza estrema che sfiora l’inconsapevolezza (e viceversa), questo suo essere supremamente INCOSCIENTE, irresponsabile – questa sua sublime rozzezza.
Il recinto si apre, il circolo si spezza, la gabbia si frantuma e i bambini scappano fuori. Il muro si sgretola, forse – o diventa più SPESSO.
Se non altro, un muro spesso è divertente. È un muro peso… (“Oh, raga, c’ho delle storie pese”: Skiantos).

***

Marta Roberti, You must change your life (divenire animale) CRYING CRANE 2 (2019), pastello a olio su carta cinese fatta a mano, 63 x 100 cm

Marta Roberti, You must change your life (divenire animale) CRYING CRANE 2 (2019), pastello a olio su carta cinese fatta a mano, 63 x 100 cm

Le trappole dell’acting sono ovunque davanti e attorno a noi (non solo nelle gallerie o nei musei o alla Biennale): le trovate in stazione, nei bari, sul pullman, per strada, al ristorante, sul luogo di lavoro, in spiaggia…
Stazione di Bologna, binario 1, 7 luglio 2019. Una strappona con le tette rifatte, i labbroni a canotto, i capelli biondissimi quasi bianchi, carnagione pallida, coperta di tatuaggi e accompagnata dal suo pappone rumeno – si consulta con lui mentre guarda lo schermo delle partenze.
Poco dopo, una guardia giurata attempata e sovrappeso, anche lui con le braccia coperte di tatuaggi, tenta di fermare uno zingaro che, senza parlare, gli fa segno con la mano e la bocca che sta andando a mangiare e non vuole essere disturbato. Quello rimane a borbottare, e scende il sottopassaggio sventolando i tatuaggi. Questo Paese sta producendo mostri, quelli veri.
Più tardi, sul pullman Civitanova Marche-Macerata. Sale un tizio con i lacci delle scarpe colorati che gli tengono i capelli radi e bagnati, sporchi, che gli fanno delle specie di corna in testa: è completamente scoppiato, si siede davanti a me, si mette gli auricolari. (Puzza.) Dopo un po’ si alza e va di sopra: sta piangendo, è sconvolto.

***

(Il neovernacolare ha bisogno del TEMPO: si sviluppa nella continuità – essendo una disposizione d’animo che si declina nel mondo ‒, quindi in progetti anche più piccoli ma strutturati nella durata, e non in eventi singoli, spot.)

Marta Roberti, NATURAL ASSEMBLAGE 1 (2018), pastelli a olio e grafite su carta, 280 x 475 cm

Marta Roberti, NATURAL ASSEMBLAGE 1 (2018), pastelli a olio e grafite su carta, 280 x 475 cm

GHOST TRACK

Basta vedere come la gente si comporta per strada, alla guida dell’auto, o in politica – oppure al lavoro (anche culturale), se è per questo.
La maggior parte delle persone adotta comportamenti assolutamente sconsiderati, compie manovre folli e fa scelte demenziali: tutte azioni dettate dall’egoismo, dal menefreghismo, dalla totale e colpevole assenza di rispetto e di (minima) considerazione per l’altro.
Tanto che me ne frega, fanno tutti così, e anche se lo faccio mica verrò punito, e che sono il/la più fesso/a io, che cazzo, andate tutti a fare in culo, io devo arrivare prima, devo essere più veloce degli altri, devo sorpassare superare fottere gli altri, spostati coglione, e tu che vuoi qui, ma vai a cagare, a te chi ti conosce, tu sei povero, tu sei negro, tu sei frocio, tu sei lesbica, che cazzo volete, tu sei povero, io non sono povero, io non voglio essere povero, per non essere povero io devi essere povero tu, per non essere un negro io devi esserlo tu, per non essere frocio io devi esserlo tu per non essere lesbica io devi esserlo tu, e sennò come faccio, non capite niente non avete niente NON SIETE NIENTE, levatevi dal cazzo poveracci froci negri lesbiche, andate via, lasciatemi solo/a, voglio stare con i miei amici, solo con loro, voglio stare con quelli che sono come me, che la pensano come me, che mangiano di merda come me e che si vestono di merda come me, che ascoltano la stessa musica di merda che ascolto io, lasciatemi solo/a con i miei amici di merda, lasciatemi solo/a, sono solo/a solo/a solo/a…”.
Ecco qui che cosa sei: e adesso sorpassa pure.

Christian Caliandro

Trappole dell’acting (I). May You Live in Interesting Times
Trappole dell’acting (II). Padiglione Italia. Né altra, né questa
Trappole dell’acting (III). Rebecca Moccia, Fireworks
Trappole dell’acting (IV)
Trappole dell’acting (V)
Trappole dell’acting (VI)
Trappole dell’acting (VII)
Trappole dell’acting (VIII)
Trappole dell’acting (IX)

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Christian Caliandro

Christian Caliandro

Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…

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