Traiettorie della voce. Il libro di Chiara Guidi

La cofondatrice della Socìetas Raffaello Sanzio ha consegnato alle pagine di un libro le sue riflessioni sulla voce. Mescolando suono, parola e trauma.

Il problema di fronte al quale la ricerca sulla voce più volte si è arrestata ha a che vedere con lo statuto del suo oggetto di studio. In una civiltà che ha fatto dell’oculocentrismo la principale griglia interpretativa, la voce è oggetto vago perché non circoscrivibile. Ma di fronte a essa percepiamo una materialità misteriosa che identifica l’emittente, visto che esalta quell’indice di singolarità che è il timbro di ciascuno e intreccia trama e ordito affettivi che ci legano a esso. Anche quando vogliamo silenziarla, non riusciamo a eluderla perché il pensiero si forma sempre con la nostra voce, come se questa ci parlasse dentro. La voce è quindi fuggevole ma presente allo stesso tempo, non accerchiabile ma invasiva, evanescente ma dotata della pesantezza dei corpi gravi. Ogni tentativo di afferrarne il senso evidenzia la peculiarità della relazione che ciascuno instaura con essa, dischiudendo così una specifica maniera di approcciare il mondo, come chi di fronte a un’opera particolarmente complessa tenti una personale lettura.
Il libro La voce in una foresta di immagini invisibili è una tappa fondamentale per Chiara Guidi (Cesena, 1960), cofondatrice della Socìetas Raffaello Sanzio, che da anni dedica alla voce – non solo la voce a teatro – una ricerca radicale e liminare rispetto a qualsiasi estetica. È un oggetto sicuramente plurale questo libro dalla prosa lineare, che tuttavia dischiude abissi di senso: racconto di una ricerca ancora aperta, storia di una relazione con un oggetto che giorno dopo giorno va definendosi, raccolta di pagine di appunti, disegni, diagrammi, flussi, che l’autrice sceglie di chiosare aprendosi a una grande intimità col lettore. E una lettera finale, A te, povero attore!, scritta di suo pugno da Chiara Guidi su fogli di quaderno di scuola elementare: una scelta, questa, che richiama l’urgenza di comunicare ancor prima di tradurre la scrittura in caratteri tipografici e che, allo stesso tempo, per la limpidezza della grafia evoca la chiarezza del pensiero.

Chiara Guidi ‒ La voce in una foresta di immagini invisibili (Nottetempo, Milano 2017)

Chiara Guidi ‒ La voce in una foresta di immagini invisibili (Nottetempo, Milano 2017)

VOCE E SUONO

Per Chiara Guidi la voce è, prima di tutto, suono. E in quanto suono è corpo visibile. La sua materialità lascia pensare alla materialità del teatro della Socìetas, saturo di elementi organici (legno, paglia, vapori, feci) che tuttavia mai trasbordano dalla scena, impaginandosi in un rigoroso quadro visivo dal gusto quasi sempre bidimensionale. Questa vocazione materica rimanda a una sorta di sublimazione in chiave estetica di un’operosità contadina all’interno della quale la Socìetas sembra aver trovato alcune delle sue coordinate essenziali. Ne è testimone anche la presenza ricorrente degli animali nei loro spettacoli e la ricorsività, in questo libro, di similitudini mutuate dal mondo animale: la voce deve mangiare specifiche parole del testo come l’insetto capricorno che “per tre anni, nella quercia vive nell’anfratto del suo morso”, la voce è sul palco visualizzata come una pariglia di cavalli “legata, ma staccata da me”, l’attore deve cercare prima di tutto i suoni della propria voce come l’embrione di canguro che risale dall’utero al marsupio.
Se far cadere la voce sotto il segno del materico e del pesante è una caratteristica di buona parte delle seconde avanguardie, allineate in questo alle scoperte sull’acustica e sulle possibilità di descrivere fisicamente il suono, la ricerca di Chiara Guidi non si consuma in un’adesione a una linea di pensiero. Il suo metodo sulla voce nasce infatti da una visione del tutto personale che lo separa drasticamente da qualsiasi altra ricerca. Innanzitutto proprio perché la sua creatrice lo definisce senza mezzi termini “metodo”, laddove gli artisti delle seconde avanguardie si sono mostrati ideologicamente recalcitranti a questo concetto, avvertito come limitante e pericoloso per una sorta di monolitismo che esso comporterebbe. Inoltre gli strumenti messi in campo, in continua via di ridefinizione, rappresentano una cifra personale. La voce è ricercata nel suono prima che nel senso. Ma in questo non sembra che Guidi voglia istituire nuovamente la consolidata divaricazione tra logos e phoné: il significato non è abbandonato, se non in una prima fase, ma recuperato attraverso il suono perché nel suono stesso c’è l’ostensione di un senso profondissimo: “In fondo”, scrive, “quando ci facciamo male, lanciamo un urlo e le parole devono attendere per poter raccontare quanto è accaduto”. E, qualche pagina più avanti, “In fondo, non è più facile suonare il pianto o il riso con la voce piuttosto che con la parola? È sufficiente un fonema per piangere e quel fonema ha bisogno di una forma che va cercata nelle cose che ci circondano”. Per Chiara Guidi, infatti, tutto – una porta, una sedia, un sentimento come l’odio – ha una voce distintiva. Occorre imparare quei suoni e da quei suoni lasciarsi trasportare. Per indicarli nella fase iniziale della sua ricerca ha usato vettori e successivamente figure che evocassero visivamente la plasticità di quei corpi. Su questi è possibile agire attraverso l’intonazione che è vera e propria azione. Proprio nella stessa maniera di Antonin Artaud, che nel suo Il teatro e la metafisica scrive: “So bene che anche le parole hanno possibilità di sonorizzazione, modi diversi di proiettarsi nello spazio, che si è soliti definire intonazioni”.

Antonin Artaud nel Napoleon (1927) di Abel Gance

Antonin Artaud nel Napoleon (1927) di Abel Gance

LA FORZA DEL TRAUMA

Le strategie operative di Chiara Guidi, in questo libro preziosamente ricostruite, si spingono fino alla Tecnica Molecolare della Voce, vale a dire quella possibilità di vivisezionare il suono nelle sue componenti minime, così come accade in quelle estetiche sonore nate a cavallo tra vecchio e nuovo millennio e generate dalle innovazioni tecnologiche che hanno permesso di scandagliare le componenti minime del suono per poi scomporlo e ricomporlo.
C’è un segno predominante sotto il quale sembra nascano le più profonde riflessioni di Chiara Guidi sulla voce. È quello del trauma. Il ricordo acustico della morte del padre con cui si apre il libro, la voce che “grattava la gola per poi lanciarsi in acuti laceranti, mentre il fiato, come un mantice, si apriva e chiudeva sonoramente”, la voce di una madre che crede che la figlia possa essere affogata in un canale, il gemito di un merlo in agonia perché dilaniato da un cane: immagini acustiche che a lungo e con fermezza risuonano. Ma l’eco di quelle immagini non si impaluda mai nel buio di una gola. Mai si trattiene nell’orizzonte del puro patire, anzi si trasforma, con indicibile luminosità, in momenti di pura epifania, generando visioni che informano la sostanza delle pratiche della voce.

Mauro Petruzziello

Chiara Guidi ‒ La voce in una foresta di immagini invisibili
Nottetempo, Milano 2017
Pagg. 80, € 20
ISBN 9788874526963
www.edizioninottetempo.it

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Mauro Petruzziello

Mauro Petruzziello

Mauro Petruzziello si occupa delle intersezioni tra arti performative, suono e nuovi linguaggi. È docente a contratto di Letteratura e Filosofia del Teatro all’Accademia di Belle Arti di Roma. Dottore di ricerca in Musica e Spettacolo al DASS della Sapienza-Università…

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