Erotismo e nudità. Le fotografie di Gian Paolo Barbieri a Milano

In esclusiva per Artribune, una serie di fotografie inedite di Gian Paolo Barbieri in mostra a Milano durante la fashion week. Il soggetto è il corpo umano in tutta la sua sensualità.

Le decine di shooting per Vogue, gli scatti capaci di cogliere il glamour degli Anni Settanta e Ottanta, i ritratti che contribuirono a lanciare la carriera delle prime modelle star (tra le altre, Twiggy, Veruschka, Isa Stoppi, Benedetta Barzini), le campagne pubblicitarie per stilisti che fecero la fortuna del made in Italy, da Valentino ad Armani passando per Ferré, Versace, Missoni, Dolce&Gabbana: bastano poche coordinate per restituire la grandezza di un fuoriclasse della fotografia come Gian Paolo Barbieri (Milano, 1938).
Oggi il maestro ha affidato il compito di preservare e diffondere il proprio lavoro all’omonima Fondazione, nata a Milano nel 2016, che nel farlo si concentra sulle sue opere meno note, come le serie in cui ha fermato sulla pellicola la bellezza abbacinante di paradisi tropicali quali Seychelles o Tahiti. Proprio la Fondazione è diventata custode di quel patrimonio straordinario che è il suo archivio, oltre un milione di scatti tra opere vintage, negativi, positivi e un numero sterminato di pubblicazioni, sculture e dipinti realizzati dallo stesso Barbieri. Un corpus dalle dimensioni monumentali, testimone di più di sessanta anni di storia, cultura e società, italiane e non solo, che la Fondazione Gian Paolo Barbieri si impegna a tutelare, promuovere e divulgare a un pubblico più ampio possibile, in linea con la volontà del suo maestro, secondo cui il compito basilare di una generazione è tramandare ai giovani una legacy che risulti utile per intraprendere un mestiere ‒ nel caso specifico, quello di fotografo ‒ sempre più complesso e multiforme.

Gian Paolo Barbieri, Seychelles, 1989. Courtesy Fondazione Gian Paolo Barbieri © Gian Paolo Barbieri

Gian Paolo Barbieri, Seychelles, 1989. Courtesy Fondazione Gian Paolo Barbieri © Gian Paolo Barbieri

BARBIERI E LA POLAROID

Tra i nuovi progetti ancora in progress della Fondazione Gian Paolo Barbieri c’è un nuovo libro, Polaroids/Notebooks/Carnets, che raccoglierà 3.200 istantanee rinvenute durante il laborioso processo di catalogazione, archiviazione e digitalizzazione delle migliaia di immagini dell’autore; iniziato nel 2019, il lavoro ha permesso di recuperare numerose polaroid, soprattutto nella libreria di Barbieri, usate spesso come segnalibri e sparse dunque tra volumi d’arte e fotografici. A precisare significati e valori sottesi a questa raccolta sono le parole dell’artista, che afferma di essere “sempre stato legato alla polaroid: uno strumento rapido e ineguagliabile per la qualità delle sue pellicole, che lo rendevano un prodotto insostituibile”; il formato in questione, prosegue Barbieri, veniva usato “per testare i miei set: cercavo la risposta in quell’istantaneità che mi permetteva di valutare la creazione della mia idea, consentendomi di capire se fossi davvero stato in grado di riportare fedelmente, nella realtà, ciò che avevo scolpito nella mia mente. Due anni fa […] decisi che era necessario […] costruire una storia attraverso ‘l’occhio polaroid’. Pezzi unici avvolti da natura, bellezza, calore e colore. E ancora la ricerca che precedeva i miei lavori. Quaderni che contengono gli studi necessari per la costruzione di un progetto fotografico: spunti, nozioni, riferimenti artistici che compongono il tragitto verso la creazione del mio lavoro”.

Gian Paolo Barbieri, Dark Memories, Milano, 2013. Courtesy Fondazione Gian Paolo Barbieri © Gian Paolo Barbieri

Gian Paolo Barbieri, Dark Memories, Milano, 2013. Courtesy Fondazione Gian Paolo Barbieri © Gian Paolo Barbieri

BARBIERI E LA FOTOGRAFIA EROTICA

In un filone tra l’intimista e lo sperimentale si colloca la mostra Uncensored, che esplora il lato erotico della produzione di Barbieri, in scena negli spazi di via Lattanzio dal 22 al 25 settembre, in concomitanza con la fashion week milanese. Organizzata in collaborazione con CZ Fotografia di Catia Zucchetti e il magazine di cui sono fondatore, Manintown, si tratta di un percorso iconografico pensato per esaltare la forza dirompente dell’erotismo, l’innata curiosità suscitata dalle fattezze umane, il desiderio di osservarle attraverso gli occhi altrui, meglio ancora se di un artista divenuto celebre proprio per l’eleganza sopraffina delle composizioni. Nella sfera erotica, d’altronde, la fotografia occupa una posizione privilegiata, in quanto le immagini, che siano dipinte, scolpite o stampate, sono depositarie di un’intensa carica di provocazione, senza contare che il medium in questione si pone come origine del mondo, o, meglio, di un mondo parallelo e speculare alla realtà. L’erotismo può dunque configurarsi come una modalità intellettuale di esaminare la sessualità, una metafora della stessa, poiché si limita a evocare e rimandare ad altro, lasciando alla fantasia la possibilità di valicare i propri limiti.
Nell’Occidente, in particolare, la comparsa della fotografia, e il successivo riconoscimento della stessa come forma d’arte a tutti gli effetti, hanno favorito una nuova rappresentazione del nudo, in un certo senso legittimandolo, mettendo fine a una diatriba secolare che, dall’avvento del cristianesimo in poi, l’aveva spesso marginalizzato, liquidandolo come un argomento esecrabile se non tabù. Un modus cogitandi diametralmente opposto a quello di Barbieri: l’uomo è al centro della sua pratica fotografica sin dagli esordi, oggetto di una ricerca approfondita delineatasi in una mole sterminata di lavori. Attratto da sempre dal corpo, lavorando su di esso ha saputo sondare e osservare l’anima, dapprima nella trilogia sui tropici, quindi soffermandosi sulla corporeità tout court, riuscendo puntualmente a trasmettere l’idea del piacere, in tutte le sue sfaccettature. Gli scatti dell’autore si presentano come un connubio ben studiato tra l’approccio quasi primitivo alla nudità, i canoni della bellezza classica e il ritrovamento rinascimentale della libertà nella raffigurazione.

UN’ANTEPRIMA DELLE OPERE IN MOSTRA A MILANO

Dagli Anni Zero in poi, Barbieri si è focalizzato sui soggetti maschili ritraendo uomini volitivi, dalla fisicità scultorea, che sprigionano una sensualità prorompente e, al tempo stesso, sorprendentemente misurata, sublimata da gesti, pose e riferimenti di estrema sofisticatezza. Nella gran parte dei nudi esposti, infatti, si possono individuare rimandi all’arte in ogni sua declinazione, dalla pittura al cinema alla letteratura. La possente silhouette di Adamo (2013), ad esempio, reinterpreta in chiave erotica la figura primigenia per antonomasia; una suggestione biblica è riscontrabile anche in Caino e Abele (2012), dove il fotografo trasforma la lotta dei due fratelli in una sorta di danza, raffinata e voluttuosa. Più evidente, a partire dal titolo, l’ispirazione alla base del Cristo Velato (2005), in cui il velo dalla consistenza impalpabile, adagiato con delicatezza sul corpo stentoreo del modello, richiama l’eponimo capolavoro del Sammartino, mentre con il nudo fortemente plastico di Omaggio a Gormley (2002) Barbieri esplicita il suo debole per Antony Gormley, esponente di spicco della New British Sculpture.

IL NUDO SECONDO BARBIERI

A proposito dei nudi di Uncensored, lo storico della fotografia Maurizio Rebuzzini precisa: “Nonostante l’apparenza elaborata, queste immagini sono di classica semplicità”; a dominare la scena sono le figure umane, “percepite così intimamente da infondere un senso di imbarazzo”, rendendo gli scatti “lampanti, dichiaranti e senza sottintesi”, risultato di una visione che “scava nelle emozioni più cupe e sconcertanti”. L’autore, prosegue Rebuzzini, “usa la luce con maestria, alternando il vigore alla pienezza soggettiva e drammatica, compone i soggetti con gusto e delicatezza, presentando la loro profondità e intensità”, riuscendo in definitiva ad affascinare l’osservatore, toccandone il cuore e la mente.
Del resto, se, per il fashion system post-pandemia, si invoca un indirizzo più ragionato e consapevole, realmente centrato sulle sensibilità dei singoli individui, quale input migliore di un’indagine sul corpo, in tutta la sua fierezza ed esuberanza sensuale, firmata da un gigante della fotografia con la F maiuscola?

Federico Poletti

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Federico Poletti

Federico Poletti

Eclettico, nomade e multitasking: questi sono gli aggettivi che meglio definiscono l’orizzonte creativo e professionale di Federico Poletti. Milanese di adozione, parte da una formazione accademica nell’arte (laureato in Conservazione dei Beni Culturali) per arrivare a una visione della moda…

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