Firenze anticipa le celebrazioni leonardiane: nel 2018 torna in città il Codice Leicester

Dopo trentacinque anni dall’ultima esposizione, che attirò oltre 400mila visitatori a Palazzo Vecchio nell’arco di tre mesi, saranno gli Uffizi ad accogliere il Codice Leicester di Leonardo da Vinci. A concederlo per una speciale mostra è l’attuale proprietario: Bill Gates.

Diciotto bifogli – ciascuno di circa 30 x 44 cm, per complessive settantadue pagine – sui quali la mano sinistra di Leonardo da Vinci ha impresso disegni, schizzi e diagrammi: questo “l’identick” del Codice Leicester, realizzato dall’artista tra il 1504 e il 1508 a Firenze e prossimo a un, seppur temporaneo, ritorno in città. L’occasione sarà la mostra ospitata all’Aula Magliabechiana degli Uffizi, dal 29 ottobre 2018 al 20 gennaio 2019. Curata da Paolo Galluzzi, direttore del Museo Galileo, e realizzata dalle Gallerie degli Uffizi e dallo stesso Museo Galileo, con il contributo di Fondazione CR Firenze, Il Codice Leicester di Leonardo da Vinci. L’Acqua Microscopio della Natura offrirà un’anteprima in grande stile dell’anno leonardiano, anticipando di qualche mese l’apertura ufficiale. Nel 2019, come noto, avrà infatti luogo l’omaggio corale promosso a 500 anni dalla scomparsa di uno dei giganti della scienza, dell’arte e della tecnica di tutti i tempi; una ricorrenza alla quale alcune delle principali istituzioni culturali italiane stanno lavorando da tempo.

PREVISTO UN SISTEMA MULTIMEDIALE PER “SFOGLIARE” IL CODICE

A pochi giorni dal clamore suscitato dalla cifra record – 450 milioni di dollari – raggiunta a New York nel corso dell’asta per la vendita dell’opera Salvator Mundi, il “mito” di Leonardo da Vinci continua a calamitare l’attenzione, questa volta nella terra d’origine. Come sottolineato dal curatore, “il progetto di mostra del Codice Leicester negli spazi espositivi delle Gallerie degli Uffizi costituisce un evento eccezionale per molteplici ragioni.” Il percorso espositivo consentirà di avvicinare i visitatori al contenuto del prezioso manoscritto, composto da “pagine fitte di testi innovativi e di disegni di mirabile qualità che testimoniano l’originalità e la profondità visionaria delle indagini di Leonardo sull’elemento acqua. Mai prima di allora l’acqua e i suoi movimenti, le “zuffe” tra le correnti, la natura dei vortici e i loro processi di formazione, erano stati fatti oggetto di analisi così penetranti. Leonardo – prosegue ancora Galluzzi – fissa per primo nelle pagine del Codice Leicester princìpi di idraulica e di idrodinamica che verranno codificati solo secoli più tardi.” Significative le novità rispetto alla precedente esposizione dell’opera a Firenze, datata 1982, quando era ancora denominata Codice Hammer e apparteneva all’omonimo petroliere statunitense. In quel caso, fu esposta nella Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio e attirò oltre 400mila visitatori nel giro di poco più di tre mesi. Ad estendere la trattazione dei temi trattati nel volume, questa volta saranno “un numero significativo di disegni autografi di Leonardo, prestati dalle prestigiose istituzioni italiane e straniere che li conservano”. Inoltre, a supporto della “lettura” del Codice è stato annunciato l’impiego di un innovativo sussidio multimediale – il Codescope – che consentirà di “sfogliare” i singoli fogli su schermi digitali e di avere accesso a informazioni aggiuntive. “Avanzati sistemi di proiezione, plastici e modelli di grande qualità e potere evocativo contribuiranno a rendere la visita una memorabile esperienza culturale ed emotiva”, promette ancora il curatore.

UNA STORIA DA RICOSTRUIRE

Ancora in parte oscura e di complessa ricostruzione la vicenda strettamente storica del Codice Leicester. In seguito alla morte di Leonardo ad Amboise, nel 1519, al pari di altri suoi manoscritti anche questo venne ereditato dall’allievo Francesco Melzi: con la sua scomparsa ebbe tuttavia inizio la “penosa dispersione dei codici vinciani”. Tra i personaggi che, nel corso dei secoli, ne divennero proprietario ci sono lo scultore Guglielmo della Porta, morto nel 1577, e il pittore Giuseppe Ghezzi, cui si deve la vendita a Thomas Coke, futuro Earl of Leicester, nel 1717. L’attuale proprietario, niente meno che il fondatore di Microsoft Bill Gates, lo acquistò nel 1994 dall’imprenditore Armand Hammer, che ne era entrato in possesso nel 1980, scegliendo di ribattezzarlo con il proprio cognome. “La mostra – precisa infine Galluzzi – invita a compiere un viaggio in un tempo di visioni ardimentose, di progetti avveniristici, di manifestazioni del pensiero di inarrivabile genialità”.

Valentina Silvestrini

https://www.uffizi.it/

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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