Art Layers: 10 filtri d’artista per Artribune. Intervista a Mara Oscar Cassiani

Parte oggi il progetto Art Layers, una mostra di filtri Instagram d'artista. Curata da Valentina Tanni per il decennale di Artribune, presenta le opere di dieci artisti italiani, visibili sul nostro profilo ogni due settimane. Il primo filtro, online da oggi, è quello di Mara Oscar Cassiani, che abbiamo intervistato...

Il filtro che hai realizzato per Art Layers si intitola Spirit Avatar. Come nasce, ce lo racconti?
Ho immaginato Spirit Avatar come il completamento digitale degli avatar e degli spiriti che abitano la mia performance Spirit (2017 – in corso). Lo definirei senz’altro un filtro digital vernacolare, che riassume molti temi legati alla mia ricerca sui rituali hyperpop contemporanei connessi, sulla raveology, sul folklore della rete e sulla memestetica performativa. È una “dose” di azione performativa fuoriuscita dalla performance e che può vivere anche in sua assenza, dilatandola e trasportandola su ogni device. Il filtro si caratterizza così come un’istantanea schizzata di Spirit, un velocissimo momento codificato e allo stesso allargato e diffuso nello spazio-tempo dei dati.

Mara Oscar Cassiani, Bondone, per Centrale Fies

Mara Oscar Cassiani, Bondone, per Centrale Fies

Esteticamente come è fatto? Quali sono gli elementi che lo compongono?
Ci sono le fiamme, l’acqua e l’aria, elementi comuni di tutte le cosmogonie, necessari al processo rituale, nella esatta scala cromatica deputata. C’è innanzitutto la mesh nera sul viso, di solito fatta con la fuliggine delle cortecce e l’olio disteso in modo disomogeneo, come fosse messo velocemente con le mani. L’occultamento dell’identità e dei tratti somatici è infatti fondamentale per trasgredire alle regole della routine offline e accedere a una nuovo livello di realtà; sia i carnevali sardi che la raveology anni Novanta presentano questo tratto necessario. Con l’occultamento dell’identità e le fiamme digitali siamo subito catapultati nel rito, ma le fiamme bruciano solo se eseguiamo i movimenti richiesti da questo rito-filtro. Infine, con l’apertura della bocca esce lo Spirito, sblocchiamo uno stato di coscienza e compare il teschio di un animale, con cui ci si veste. Si completa così il codice dei movimenti di passaggio per accedere al livello ulteriore, quello del rituale vernacolare hyper contemporaneo, connesso al mondo animale e delle stagioni; invochiamo un nume tutelare che è un redbull completando la vestizione e il rito.

Mara Oscar Cassiani, Spirit Avatar

Mara Oscar Cassiani, Spirit Avatar

Nel tuo lavoro il concetto di avatar – e più in generale la riflessione sull’identità, singola e di gruppo – è molto importante. In che modo esplori questa idea nei tuoi progetti?
Per commentare su questo aspetto, che probabilmente eredito dalla sottoculture garage e della net anni Novanta, ti rispondo citando il testo di introduzione di Spirit: “Maschere vernacolari incontrano nuove maschere generazionali. Molte culture identitarie si estinguono, cristallizzate nella forma del passato. Le nuove generazioni, sradicate, producono nuove culture di appartenenza, generando riti che travalicano le frontiere territoriali. La gang, la crew, gli avatar, i ravehearts, i nuovi spiriti sopravvissuti al capitalismo, nati dalla condivisione di lingue e idee, il genere fluido che si appropria del simboli maschili convivono nello stesso spazio. Archetipi comuni riaffiorano in diversi punti del pianeta, nel web, nella cultura manga, nel digital folklore, legando le nuove generazioni in una comune esigenza di ontologica ritualità, nella ricerca di una comune matrice primaria fisica e spirituale. In Spirit i numi tutelari si incarnano attraverso il costume e incontrano i riti e le nuove istanze di una società che si sta evolvendo.

L’avatar quindi è la versione contemporanea della maschera rituale?
Gli avatar sono i diretti discendenti dei vestiti deputati dei rituali, delle maschere vernacolari, ma in forma disomogenea, senza più contesto specifico. L’avatar, così come gli abiti deputati, è una trasfigurazione esatta del sé nell’ambiente digitale; permette di accedere a uno stato di coscienza superiore e diverso e anche a modi di esistenza diversi. Nelle mie performance è un momento orizzontale e di uguaglianza, che ci libera dall’abito imposto dalla società. Proprio come nell’upside down, il sottosopra legato ai carnevali, ci si toglie l’abito quotidiano sociale per accedere a un nuovo tipo di social dove genere e biografia per un attimo diventano orizzontali. Allo stesso modo c’è l’accesso inverso, quello in cui gli avatar sembrano fuggire dal gioco e entrano nella nostra quotidianità, portando con sé messaggi mentre vengono giocati dal game master e sono pedine oppure oracoli su un altro piano di coscienza, che sfuggono alla nostra comprensione quotidiana.

Spirit crew - Mara Oscar Cassiani feat Pesaro IUAV

Spirit crew – Mara Oscar Cassiani feat Pesaro IUAV

Spirit Avatar è il tuo primo filtro o ne avevi già realizzati altri? In generale, cosa ne pensi del mondo dei filtri Instagram?
I filtri innescano una realtà sinestetica aumentata, che si sovrappone alla percezione reale che abbiamo del nostro corpo. Grazie a questa sovrapposizione di livelli ho potuto addentrarmi nella visione folkloristica propria dei filtri ispirati ai video game characters e ai personaggi di Spirit che nascono dal folklore sardo, ma anche dal digital folklore. Questo però è il primo filtro che faccio uscire, quindi utilizzabile da altri utenti e connesso a una piattaforma che utilizza modelli facciali, mentre con altri software avevo già studiato il face tracking e il tracking di oggetti 3D. Dal 2012 circa utilizzo maschere png e glitch datamosh come forme di camuffamento dell’identità e dei tratti somatici dell’utente online.
Prima di questa occasione, non avevo individuato il contesto giusto per farlo né per posizionarmi, perché in larga parte si tratta una tecnologia controversa, nata con l’intento di sfruttare i valori di sharing creativo nati nella rete, per dar vita a un “utente creatore”, il quale si fa carico di tutte le tecnologie, spese e tempo per produrre il filtro (ovviamente parliamo sia di creazione, che di sviluppo e auto-formazione). In questo modo le piattaforme non devono pagare sviluppatori o designer, hanno una gamma di creazioni e idee illimitate e fanno leva sull’auto imprenditoria dell’utente. Ma quando non penso a questo lato controverso trovo meraviglioso vedere gli utenti in costante stato creativo e performativo.

Mara Oscar Cassiani, Bondone, per Centrale Fies

Mara Oscar Cassiani, Bondone, per Centrale Fies

Ci sono degli artisti che segui su Instagram che fanno un uso interessante di questo strumento?
Ho molti filtri salvati, ma più che artisti seguo delle “nuvole creative”; in questo modo mi sembra di immergermi in dei fiumi di coscienza fatti da creazioni condivise attorno agli stessi temi, in un perfetto processo di mimesi. Esattamente come succede su TikTok, rimango ore a guardare i remix di uno stesso soggetto: è un atto di grande creazione collettiva che riconosco poi come flusso di digital folklore. In questi flussi posso ritrovare gli archetipi e le categorie a me care. Per questo fatico a dire un nome, vorrei citare tutti, tutti gli utenti connessi a una certa nuvola creativa.
Oltre agli utenti ovviamente ci sono gli artisti e miei colleghi, che stimo a seguo a prescindere, come Miyo Van Stenis, oppure Kamilia Kard e Giovanni Fredi, che sono anche all’interno della nostra mostra Art Layers per mia gioia. Con Kamilia Kard ho collaborato all’interno della mia perfomance streaming per RomaEuropa Digitalive, La Fauna 2k20 e ho pianto fiumi di lacrime glitter, perfette per amplificare il senso di emo-core del lavoro.

Nelle tue performance utilizzi anche tool messi a disposizione da altre piattaforme, come ad esempio i filtri di TikTok, ce ne puoi parlare?
I filtri di TikTok fanno parte di una grande azione performativa rituale e coreografica, dal mio punto di vista. Come ho già accennato, li seguo come flussi di coscienza da cui emergono in modo tanto prevedibile quanto inaspettato una serie di figure archetipiche. Si presentano talvolta come azioni di arte contemporanea del Novecento, altre volte come rituali hyperpop contemporanei carichi di segni ontologici del nostro linguaggio gestuale e iconografico. Nelle performance streaming I am surfing in a Room (2020), I Am Dancing in a Room (2021) e Bondone (Centrale Fies, 2020) ho utilizzato il filtro “Angels and Demons”.

Mara Oscar Cassiani, Bondone, per Centrale Fies

Mara Oscar Cassiani, Bondone, per Centrale Fies


A cosa stai lavorando in questo momento?
Nell’immediato presente sto lavorando all’ultimo capitolo di Be Water My Friends (Santarcangelo Festival 2021), un ballo di gruppo collettivo hydro transfemminista che nell’ultimo anno si è manifestato con una serie di party online chiamati Be Plants Club. Durante questi eventi, con il mio gruppo di Be Waters abbiamo sviluppato dei make up plant based ispirati all’idea di mutazione in piante, avatar di foglie o di nuovi habitat performativi. Per l’azione finale faremo un enorme ballo di gruppo in uno stadio, che sarà il nostro habitat di diversità e uguaglianze, per il quale vorrei anche sviluppare una serie di filtri con oggetti 3D per lo stadio e maschere plant based per gli utenti che ci seguiranno. Ho anche altri progetti in fase di sviluppo, come il completamento di I Am Dancing in a Room, per il primo progetto di residenze digitali italiano, dove compaiono molti avatar “scappati” dalla realtà del gioco, e poi La Fauna per RomaEuropa Digitalive.

Mara Oscar Cassiani (1981), artista wi-fi based, lavora tra performance, coreografia, nuovi linguaggi digitali, social media e ritual clubbing.

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Valentina Tanni

Valentina Tanni

Valentina Tanni è storica dell’arte, curatrice e docente; la sua ricerca è incentrata sul rapporto tra arte e tecnologia, con particolare attenzione alle culture del web. Insegna Digital Art al Politecnico di Milano e Culture Digitali alla Naba – Nuova…

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