Le polemiche sulle divise Gucci per la mostra su Achille Bonito Oliva a Rivoli

Le divise per il personale di guardiania del Castello di Rivoli, disegnate da Gucci, hanno scatenato una serie di polemiche. Ecco perché non siamo d’accordo con chi le critica

È un capitolo anche questo delle divise di Gucci per la mostra di Achille Bonito Oliva al Castello di Rivoli, uno di quelli fondamentali nel racconto del rapporto fra Arte e Moda. Un rapporto che si è sviluppato negli ultimi tempi alterando i limiti dei ruoli, cambiando le dinamiche sia sulle passerelle che negli spazi espositivi. Temi da mostra diventano concept per sfilate, slogan politici ricami su preziosi accessori che poche donne possono permettersi, sponsorizzazioni, mecenatismi e condivisioni creative per cui non siamo ancora pronti. Tutto fino ad ora evidenzia la mancanza di figure ibride, che non siano consulenti interessati, ma vere figure capaci di coordinare un flusso di energia che già avviene in modo spontaneo, senza una struttura che ne garantisca il funzionamento. Una situazione positiva perché apre scenari nuovi dove, superati i preconcetti, si generano professionalità e formazione in un ambito che investe tanto la produzione quanto la comunicazione. Nell’attesa di questo miracolo da organizzare assistiamo ad esperimenti come in ogni sana evoluzione. Le reazioni sono condizionate da personalismi e da punti di vista limitati, non per capacità, ma proprio per scarsa informazione su uno o sull’altro dei temi coinvolti.

Le divise Gucci per la mostra su Achille Bonito Oliva a Rivoli Photo: Valentina Sommariva Courtesy of Gucci

Le divise Gucci per la mostra su Achille Bonito Oliva a Rivoli
Photo: Valentina Sommariva Courtesy of Gucci

LE DIVISE DI GUCCI PER LA MOSTRA DI ABO: LE POLEMICHE

Quindi anche nel caso Divise ABO Gucci succede che ci sia una rivolta indignata, sviluppata prevalentemente in quel bar di confine che sono i social, comprensibile ed incomprensibile ma fondamentale per la capacità di creare questa produttiva reazione. Si sa che le reazioni sono alla base della scoperta, quindi ben venga sempre chi ha la funzione di reagente! L’ effetto è stato di ottenere attenzione su un evento artistico superiore a quello della stessa mostra, una reazione che non nasce dalla volontà di stupire a scapito delle persone coinvolte, al contrario: l’idea di Gucci era di ridare visibilità a figure spesso trascurate con lo stesso stile adottato per la sfilata del febbraio 2020 (ultima prima della pandemia) dove tutto il team era in scena indossando uniformi come quelle di Rivoli, per esaltare il lavoro anche nella sua uniforme. Una visione strettamente legata alla mostra, quelle divise non saranno le divise del Museo, sono assimilabili a costumi di scena indossati da chi protagonista lo è stato sempre marginalmente e ora diventa visibile. Va sottolineata la straordinarietà del caso dove forse è stato possibile superare vincoli che hanno condizionato da sempre ogni tipo di reinvenzione. Esiste un regolamento ministeriale per le divise museali: “Regolamento- divise personale-AFAV” assistente alla fruizione accoglienza e vigilanza, ed é talmente limitato da farci capire perché una artista come Vivienne Westwood per le divise del Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano abbia proposto soluzioni banali e irriconoscibili per il suo stile. Tranne la Alcoholic Jacket per le signore…spalle imbottite e doppio rever ingrandito che crea un ampio scollo sceso sulla vita stretta, inutile sottolineare che richiede un fisico non comune, per non ridicolizzare chi la indossa.

Veduta di allestimento della mostra A.B.O. THEATRON. L’Arte o la Vita con l’opera La poesia fa male, 2004 di Nanni Balestrini Foto / Photo © Antonio Maniscalco Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino

Veduta di allestimento della mostra A.B.O. THEATRON. L’Arte o la Vita con l’opera La poesia fa male, 2004 di Nanni Balestrini Foto / Photo © Antonio Maniscalco Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino

IL GENDER DELLE DIVISE

Il regolamento fa esplicita divisione fra “Divise custodi donne” e “Divise custodi uomo” e in questo senso troviamo conferma della politica di Gucci di eliminare il concetto di genere, come ci viene chiesto anche nel punto 5 della Carta 2030 dell’ONU per lo Sviluppo Sostenibile. Quindi abbiamo capito, cogliendo l’opportunità di approfondire, che c’è un problema nella regolamentazione che ancora si rifà a schemi superati e merita la stessa indignazione di quando troviamo sui testi scolastici che la mamma cucina e il papà lavora… Ma la reazione è stata istintiva, non si può tener conto sempre dei dati, soprattutto in una dimensione di rappresentazione artistica, e lì sono emersi i commenti più significativi. Significativi perché le reazioni sono arrivate da Creativi, Artisti, Curatori, silente il mondo della moda strategicamente preoccupato di prendere posizione, e da chi pensi che se ama certi film dovrebbe aver apprezzato anche quell’immagine surreale che aiutava l’allestimento delle sale. Ma si è capito che di coraggio ne è rimasto poco, che anche questo periodo di chiusura non ha spostato gli sguardi, tanti hanno chiuso gli occhi sperando che quando li avrebbero riaperti tutto fosse com’era prima, anche i custodi di sala. Dire se sia un’immagine bella o brutta sta ancora, come sarà sempre, al gusto personale ma è inequivocabile che unisce in chiave performativa la dimensione artistica a quella della moda: se ci dicessero che quelli non sono i guardiani ma sono una compagnia di performer cambieremmo idea, questo significa che non siamo ancora pronti al cambiamento. L’immagine è inquietante non ci sono dubbi, anche se viene descritto come verde salvia quel colore ricorda le immagini delle corsie, in un luogo che è stato drammaticamente colpito dal Covid: a Torino praticamente ogni abitante ha pianto una vittima. L’impatto ha riaperto una ferita, forse quei guardiani giardinieri potevano avere un altro colore indosso o forse, quando riguarderemo le immagini della mostra fra cento anni ci ricorderemo anche del perché di questo capitolo.

Clara Tosi Pamphili

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Clara Tosi Pamphili

Clara Tosi Pamphili

Clara Tosi Pamphili si laurea in Architettura a Roma nel 1987 con Giorgio Muratore con una tesi in Storia delle Arti Industriali. Storica della moda e del costume, ha curato mostre italiane e internazionali, cataloghi e pubblicazioni. Ideatrice e curatrice…

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