Architettura ludica: intervista a Stefano Giovannoni

Con Giovannoni inaugura una serie di interviste ad architetti e designer concepita per far luce sull’architettura ludica. L’intento è capire quanto, oggi, l’architettura possa e voglia contare anche su una componente giocosa, che talvolta può rappresentare un plusvalore per il progetto

Dagli Anni Ottanta del boom del Postmodern, gli esempi di architetture dal carattere ilare e brillante sono diventati sempre più sporadici, e non sono molti gli esempi di edifici che osano mettersi in gioco, discostandosi da una visione classica e austera. Ora quella vena si ritrova nelle pagine dei volumi che celebrano la filosofia del “less is a bore”, mostrando architetture irriverenti, fuori dagli schemi, così come il lavoro di progettisti coraggiosi, che continuano a sperimentare, andando anche controcorrente. In parallelo si cerca di capire quali siano le radici dell’architettura ludica, e quali i riferimenti, nella storia dell’architettura ufficiale come in quella delle costruzioni ludiche per eccellenza, ovvero i giocattoli.

Architetture ed ambienti derivate dal mondo dei giocattoli. Immagini di studio di Stefano Giovannoni, primi anni Novanta. Foto Georg Fontana

Architetture e ambienti derivati dal mondo dei giocattoli. Immagini di studio di Stefano Giovannoni, primi anni Novanta. Foto Georg Fontana

STEFANO GIOVANNONI E L’ARCHITETTURA LUDICA

Da dove arrivano le suggestioni per un’architettura contradditoria che non ha paura di divertirsi e di comunicare il proprio gusto per una provocazione colta? In parte proprio dal mondo dei giochi, dalle costruzioni del Meccano alle case in mattoncini Lego, fino alle fortezze surreali dei Masters of the Universe, che rappresentano importanti esempi di sperimentazione in un campo ancora da studiare e da analizzare. Altri riferimenti e altre suggestioni si trovano nelle architetture dell’immaginario, che appartengano alla sfera della letteratura, come il Grand Hotel de Balbec della Recherche proustiana, oppure al cinema e al fumetto. In ogni caso, dalle risposte dei protagonisti intervistati di volta in volta si cercherà di capire se ci troviamo (o ci troveremo) di fronte a un nuovo corso dell’architettura, favorito anche dallo sviluppo del metaverso, funzionale a una ripresa di un concetto di progettazione più libero e disinvolto. In una parola, ludico.
Questo ciclo prende avvio con Stefano Giovannoni, interior designer e architetto. Definito da Cristina Morozzi “Re Mida del design”, ha collaborato con Ettore Sottsass e Alchimia-Mendini; ha ideato molti oggetti iconici di grande successo per aziende come Alessi (la serie Girotondo ha venduto oltre 10 milioni di pezzi), Magis, Moooi. Ha insegnato alla Domus Academy di Milano, SPD Milano, all’Università del Progetto di Reggio Emilia, alla facoltà di Architettura di Firenze e a Genova. Nel 2016 ha fondato Qeeboo, un marchio di design i cui oggetti narrativi sono il risultato di una cultura del design che combina pensiero, visione ed emozione, relazionandosi con le storie delle persone.

Stefano Giovannoni

Stefano Giovannoni

INTERVISTA A STEFANO GIOVANNONI

L’architettura ludica può diventare un possibile riferimento per quella vera, che spesso è un po’ seriosa? È ipotizzabile prendere ad esempio soluzioni scelte per le architetture dei giocattoli?
Da bambino avevo la passione di costruire con i Lego case in stile wrightiano. I volumi dinamici aggettanti delle ville wrightiane si prestavano a essere rappresentati dai mattoncini del Lego. Mio figlio Vasco a 11 anni ha disegnato in 3D con Minecraft la palazzina industriale dove viviamo, senza partire da alcun disegno. Subito dopo ha disegnato una casa che si snodava intorno a un albero con una proprietà nella costruzione e nella concatenazione degli spazi davvero incredibile. Poi a 12 anni ha creato una città, Vascopoli. Ora lavora come architetto da Norman Foster. Allo stesso modo in cui i bambini hanno esteso le loro capacità creative, passando dai Lego a Minecraft, i software 3D con cui designer e architetti lavorano hanno rivoluzionato il modo di pensare il progetto, accorciando infinitamente la distanza fra l’idea e la sua visualizzazione fisica. Questi software hanno permesso di pensare tridimensionalmente uno spazio architettonico, entrandoci dentro, osservandolo da ogni direzione, articolandolo in dettagli sempre più definiti. È stato determinante, nell’evoluzione dell’architettura degli ultimi trent’anni, l’essere pensata attraverso la tridimensionalità dei software.

L’architettura ludica può portare ad ampliare gli orizzonti, com’è stato nel periodo del Postmoderno?
Di certo i nuovi architetti hanno seppellito il Razionalismo e l’International Style, dando origine a un periodo in cui le architetture più significative si distinguono per la grande libertà espressiva. Il museo di Bilbao da un lato, la casa danzante e il Lou Ruvo Center for Brain Health di Frank Gehry dall’altro sono esempi di architetture fantastiche che lo stesso autore gioca in termini high-tech nel primo caso, onirici negli altri.

Giovannoni Design, Button shop, 1990 - Arezzo. Foto Mario Ciampi

Giovannoni Design, Button shop, 1990 – Arezzo. Foto Mario Ciampi

LE ORIGINI DELL’ARCHITETTURA LUDICA

Le architetture dei giocattoli hanno un loro valore intrinseco nell’ottica di una “storia parallela” dell’architettura? Si può parlare di una storia dell’architettura ludica, con i propri stili e i propri periodi storici? Può citare tre esempi di architetture-giocattolo che le sono rimaste impresse?
Da un lato vorrei citare la casa di Biancaneve e di Hansel e Gretel come i primi riferimenti dell’idea di casa dei sogni da cui tutti i bambini hanno tratto ispirazione. Nell’adolescenza sono stato attratto dalla casa di Barbie come espressione di un immaginario positivo tipico della cultura pop americana del dopoguerra, così come per aspetti opposti la misteriosa casa di Batman e la sua batmobile sono stati per tutti i bambini fantasmagorici oggetti del desiderio. Per la mia formazione come architetto la No-Stop City degli Archizoom è stata il riferimento culturale per eccellenza.

Sarebbe opportuno creare nuovi stili per identificare nuovi tipi di oggetti, divertenti e spesso ibridi?
Non ho mai amato per i miei oggetti parlare di oggetto giocattolo o di oggetto ludico: penso che questi termini siano piuttosto riduttivi. In questo momento sto curando un libro sul design “narrativo” per 24 ORE Cultura, dove ho coniato questo termine per identificare quegli oggetti ispirati a un immaginario figurativo che trent’anni fa venivano giudicati alternativi al good design ufficiale. Con questo libro voglio dimostrare come oggi sono diventati mainstream e costituiscono i riferimenti più evoluti nel contesto del design attuale. Forse si potrebbe allo stesso modo parlare di architetture narrative sensazionali o fantastiche. Senz’altro negli ultimi vent’anni gli architetti hanno sentito il bisogno di liberare il proprio immaginario, proiettandolo in una dimensione onirica sempre più sofisticata.

Stefano Giovannoni, bilancia da cucina. Alessi, 2003. Foto Carlo Lavatori

Stefano Giovannoni, bilancia da cucina. Alessi, 2003. Foto Carlo Lavatori

L’ARCHITETTURA FRA METAVERSO, MIDJOURNEY E IMMAGINAZIONE

Nel corso del tempo grandi architetti, come Bruno Taut, hanno ideato raffinate costruzioni per giocare. Ha mai pensato di creare qualcosa di simile?
Bruno Taut ha creato sofisticate architetture iconiche che in certi casi rimandano espressamente a oggetti di design. Molti architetti hanno lavorato in parallelo su oggetti e architetture riuscendo a creare un linguaggio comune riconoscibile. Il gioco è presente nelle architetture di Bruno Taut come nel lavoro di Ettore Sottsass, ma potremmo dire che in termini opposti anche l’eclettismo di un Jean Nouvel corrisponde a un suo istrionico divertissement.

L’architettura ludica, in senso lato, può essere anche riconducibile ad alcune costruzioni immaginarie presenti nei romanzi. C’è un oggetto raccontato in un romanzo che le piacerebbe disegnare?
Oltre vent’anni fa Alessandro Mendini mi chiese di creare l’allestimento per la mostra Il nuovo bel design, da lui curata. Feci realizzare appositamente da Limonta un pavimento luminescente reattivo alla luce wood e creai, nella zona centrale, una grande vasca tutta specchiata: al suo interno collocai cinque grandi alberi che erano l’esatta riproduzione dell’albero di Lady Lovely. Proprio lì collocai gli oggetti della mostra; l’effetto di quell’allestimento in stile kitsch-iperrealista fu veramente spiazzante.

Giovannoni Design, Bar Maddalena, 1989 – Prato. Foto Mario Ciampi

Giovannoni Design, Bar Maddalena, 1989 – Prato. Foto Mario Ciampi

Il metaverso offre nuovi sviluppi per il design e l’architettura ludica? La incuriosisce?
Mio figlio mi ha raccontato di aver partecipato a una competizione internazionale in Arabia Saudita, all’interno del piano Saudi Vision 2030, ove il principe Mohammed Bin Salman, attraverso la compagnia Neom, ha proposto a una serie di studi internazionali di progettare una tranche di città lineare espressamente ispirata all’architettura dei videogiochi, di cui il principe è un fan appassionato. Un’idea del genere avvicina realtà reale e virtuale, i confini del metaverso diventeranno sempre più labili nel prossimo futuro. Midjourney è un nuovo software basato sull’intelligenza artificiale che permette di generare immagini da qualsiasi input o descrizione testuale. Nasce dall’incontro tra design digitale, architettura e videogiochi e permette di realizzare immagini virtuali di ambienti colorati fantastici e onirici.

Mario Gerosa

https://www.stefanogiovannoni.com/

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Mario Gerosa

Mario Gerosa

Mario Gerosa (1963), giornalista professionista, studioso di culture digitali, cinema e televisione, si è laureato in architettura al Politecnico di Milano. È stato caporedattore di AD e di Traveller e ora è freelance. Dopo aver scritto il primo libro uscito…

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