La collezione dell’architetto Italo Rota è in mostra a Lucca

Alla Fondazione Ragghianti di Lucca è in mostra la collezione di Italo Rota. Un viaggio caleidoscopico che copre un arco di 120 anni, dall'architettura al cinema, dalla musica al design. Tutto per raccontare le città.

Pianeta città. Arti cinema musica design nella Collezione Rota 1900-2021 è il titolo dell’esposizione allestita fino al 24 ottobre negli spazi espositivi della Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti a Lucca. Una mostra ideata da Paolo Bolpagni con Aldo Colonetti, filosofo e studioso di architettura e design e con lo stesso collezionista e architetto Italo Rota.

LA COLLEZIONE NELLE PAROLE DI ITALO ROTA

In realtà non è una collezione: entrarci è come fare un viaggio e prendere tutto quello che sembra importante, portarlo con sé per qualche ora, immagazzinarlo e poi rimetterlo nella scatola”, racconta lo stesso Rota. “Io credo molto a questo, a prolungare un po’ il momento del contatto, per assimilare una cosa che mi interessa. Se non ti rimane dentro vuol dire che non era per te: questo è un metodo che ho sempre seguito. Ho anche cose che non mi interessano, che reputo brutte, ma che sono importanti perché devo usarle: è un approccio mirato all’uso di questi oggetti e delle idee che veicolano”.

Archigram, 1964, numero 4 della rivista diretta da Peter Cook a Londra, testo a stampa, 22x17 cm. Milano, Collezione Italo Rota

Archigram, 1964, numero 4 della rivista diretta da Peter Cook a Londra, testo a stampa, 22×17 cm. Milano, Collezione Italo Rota

La rassegna è un racconto del Novecento e del primo ventennio del nuovo millennio attraverso la visione delle città, la sua rappresentazione nelle arti e nel cinema e l’evoluzione del libro. Oggetti, immagini video, documentari contribuiscono ad arricchire l’esposizione. Il percorso è suddiviso in dieci sezioni, dal Primo ’900: l’alba della contemporaneità a L’orrore del nazismo, da Berlino est: l’angoscia del socialismo reale a Nuove prospettive.

DALL’ARCHITETTURA ALLE LOCANDINE PSICHEDELICHE

La mostra mette al centro una serie di piccole architetture che segnano ogni passaggio urbano e consente di pensarci immediatamente dentro un insediamento storico; dalle immagini del futuro degli Archigram ma anche dai primi segnali del movimento ecologista, fino alla rivoluzione silenziosa degli scandinavi per quanto riguarda l’abitare. L’esposizione è una testimonianza attraverso l’analisi dell’iconosfera urbana, secondo la prospettiva di un archivio dell’immaginario visivo che si manifesta in oggetti disparati, dai libri alle opere d’arte, dai manifesti al cinema, dalle copertine dei dischi ai prodotti di design, dalle riviste ai fumetti. Un percorso storico e tematico, dove l’esercizio del visitatore è enigmistico, tridimensionale, e attraversa il tempo e lo spazio.

Richard Avedon, [Ritratti psichedelici dei Beatles. Ringo Starr], 1967, serie di quattro poster. Milano, Collezione Italo Rota

Richard Avedon, [Ritratti psichedelici dei Beatles. Ringo Starr], 1967, serie di quattro poster. Milano, Collezione Italo Rota

Così è possibile visualizzare idee architettoniche e urbanistiche che intrecciano grandi snodi politici, cambiamenti di paradigmi, innovazioni, attraverso i testi che ne hanno documentato e discusso e grazie agli oggetti che sono proposti come simboli o icone rappresentative. Ogni elemento si racconta da solo evocando e sollecitando discorsi e ragionamenti. In mostra troviamo ad esempio pezzi originali di due maestri dell’architettura del Novecento: Frank Lloyd Wright e Le Corbusier, o i poster ispirati alla cultura psichedelica della metà degli Anni Sessanta a San Francisco. Manifesti che non dovevano solo rendere leggibili le informazioni dei concerti, ma avevano lo scopo di rendere anche visibili e immaginabili le atmosfere del locale, trasmettendo lo spirito dei tempi.

LA CITTÀ DI ITALO ROTA COME UN “NOI”

La mostra si sviluppa in una storia per esplorazioni non lineari, inducendo il visitatore a inventare un proprio itinerario, riscoprendo memorie e suggestioni passate. Il viaggio tiene conto della qualità espressiva delle opere senza mai dimenticare il contesto nel quale è necessario ricondurre ogni materiale: sta al visitatore non perdere mai di vista il periodo nel quale ogni elemento è nato e l’influenza che ha avuto sulla società, così da arrivare a capire da dove veniamo e comprendere perché “siamo come siamo”.

Josef Hartwig, Das Bauhaus Schachspiel, 1923 24, trentadue scacchi di legno, misure variabili. Milano, Collezione Italo Rota

Josef Hartwig, Das Bauhaus Schachspiel, 1923 24, trentadue scacchi di legno, misure variabili. Milano, Collezione Italo Rota

Italo Rota definisce il concetto di città con un “Noi”, pensiero condivisibile poiché chi rende viva una città sono le persone che la abitano e la attraversano; è bene ricordare che l’identità della città in cui viviamo incide su noi stessi, su quello che facciamo, su come viviamo, e persino, nel caso degli artisti, sulla loro modalità espressiva e stilistica.

– Giada Fanelli

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Giada Fanelli

Giada Fanelli

Giada Fanelli è nata a Lucca ma ha sempre vissuto a Empoli. Si è diplomata al Liceo Artistico ”Leon Battista Alberti” di Firenze e in seguito ha conseguito la laurea in interior design al Design Campus di Firenze. Ha seguito…

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