Storia di Via Lazzaro Palazzi, artist-run space pionieristico di Milano

Risale alla fine degli Anni Ottanta la vicenda dello Spazio di Via Lazzaro Palazzi, la non-galleria milanese nata per promuovere il dialogo fra gli artisti. A raccontarne la storia è il progetto di valorizzazione dell’archivio donato al Museo del Novecento di Milano

È un salto nella Milano dell’arte di oltre trent’anni fa l’operazione di recupero e ricostruzione, condotta da Iolanda Ratti e Cristina Baldacci al Museo del Novecento di Milano e intitolata Archiviare il presente. Lo Spazio di Via Lazzaro Palazzi al Museo.
L’archivio del gruppo di artisti che operavano nello spazio è stato donato all’istituzione milanese nel 2019. “Il recupero dei documenti originali”, spiega Baldacci, “è stato fondamentale e ha richiesto un assiduo lavoro di ricerca e confronto che non sarebbe stato possibile senza la collaborazione degli artisti. Come ‘opera in divenire’ l’archivio dello Spazio di Via Lazzaro Palazzi è composto da materiali documentali (progetti, fotografie, scritti…), che sono stati riattivati dai suoi protagonisti, attraverso racconti e testimonianze a distanza di trent’anni. Ciò ha permesso di far luce su molte questioni riguardanti la genesi e il funzionamento dello Spazio, oltre che di ricontestualizzarne la portata in una prospettiva storica non soltanto, per quanto specificamente, milanese. Per un progetto come questo, che vuole porre l’accento sull’importanza di ‘archiviare il contemporaneo’, mettere in relazione i documenti originali con la narrazione diretta degli artisti, che sono sì testimoni, ma ancora anche artefici del loro tempo, è centrale, perché significa ridare valore al passato per il presente”.
Due volumi, editi da Electa, accompagneranno l’operazione e un documentario con interviste e immagini, diretto da Francesco Clerici, racconta quella importante impresa.

Giuseppina Mele, Giostra di periferia, 1990, veduta dell’allestimento dell’opera all’interno della mostra collettiva “AVANBLOB”,Galleria Massimo De Carlo, Milano. Photo Roberto Marossi

Giuseppina Mele, Giostra di periferia, 1990, veduta dell’allestimento dell’opera all’interno della mostra collettiva “AVANBLOB”,Galleria Massimo De Carlo, Milano. Photo Roberto Marossi

LA STORIA DELLO SPAZIO DI VIA LAZZARO PALAZZI

Mentore della vicenda di Lazzaro Palazzo è stato Luciano Fabro, che in quel periodo diventa titolare della cattedra di Scultura all’Accademia di Brera di Milano, del quale quasi
tutti quei giovani sono allievi. Le sue sono lezioni particolari, talvolta in aula, ma anche al bar, dove si parla di tutto. Ci si riunisce anche alla Casa degli Artisti, ma c’è bisogno di uscire, di creare nuove esperienze, più indipendenti.
La prima mostra che vede uniti quei giovani artisti ‒ Mario Airò, Vincenzo Bonaguro, Matteo Donati, Stefano Dugnani, Giuseppina Mele, Chiyoko Miura, Liliana Moro, Andrea Rabbiosi, Bernhard Rüdiger, Antonello Ruggieri, Adriano Trovato, Massimo Uberti e Francesco Voltolina ‒ è Politica, a Novi Ligure, nel 1988. È una sorta di risposta a quanto si vede nelle gallerie: l’oggetto feticcio, la pittura della Transavanguardia. La mostra di Novi è il frutto di un mese passato insieme, a parlare, a ragionare. A quel punto gli artisti decidono di affittare uno spazio in un cortile della zona di Porta Venezia, dove c’erano le gallerie più interessanti, Massimo De Carlo, Christian Stein, Marconi, Guenzani, sulla porta c’è un cartellino scritto a mano.
“Nome: Spazio. Cognome: Lazzaro Palazzi. Professione: Lazzaroni”.

Copertina del primo numero della rivista “tiracorrendo”, gennaio 1989

Copertina del primo numero della rivista “tiracorrendo”, gennaio 1989

GLI ARTISTI DELLO SPAZIO DI VIA LAZZARO PALAZZI

Al gruppo primigenio si uniscono altri artisti. Le inaugurazioni delle mostre in quel luogo sono sempre più affollate. Nasce tiracorrendo, una rivista il cui primo numero esce alla fine del 1988, autoprodotta e distribuita dal collettivo. Il nome viene pescato dall’elenco telefonico di Milano, dove è presente il recapito telefonico di un certo Ernesto Tiracorrendo.
La loro è una non galleria, uno spazio non commerciale. I lavori vengono discussi, condivisi. Per loro stessa ammissione Lazzaro Palazzi è stato “un atto poetico come atto concreto direttamente sulla realtà che può portare a trasformare il mondo”.
La prima mostra esterna allo spazio sancisce anche la conclusione di un’esperienza che avrebbe segnato gli anni a venire. Si tratta di Avanblob presso la galleria di Massimo De Carlo, anch’essa situata a Porta Venezia. La mostra si raccoglie intorno alla grande installazione di Rüdiger e costituisce una sorta di collegamento tra gli Anni Ottanta e i Novanta, quando ognuno avrebbe percorso il proprio cammino.
Spiega Ratti: “L’attività Spazio di Via Lazzaro Palazzi ha rappresentato un momento di particolare vivacità e sperimentazione nella scena artistica milanese a cavallo tra Anni Ottanta e Novanta. Uno sforzo non comune per l’epoca, anche se si contano in Italia altre esperienze di autogestione e collaborazione tra artisti a uno stesso progetto creativo ed espositivo. Si tratta di importanti snodi della storia artistica, culturale ed espositiva recente, che presentano un legame importante con la contemporaneità. Rileggere oggi, a distanza di tre decenni, questa parentesi della storia artistica milanese e italiana segna un passaggio fondamentale nell’approfondimento critico di decenni recenti, la cui storicizzazione è già stata avviata in campo accademico da alcuni anni, tanto più se si considera che i protagonisti delle vicende menzionate — gli artisti, ma anche i critici, i galleristi, i curatori — sono ancora attivi e possono contribuire in maniera sostanziale alla comprensione di tematiche complesse. Trovo particolarmente importante che sia un museo pubblico a farsi portavoce di un’attività di ricerca così specifica”.

Angela Madesani

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Angela Madesani

Angela Madesani

Storica dell’arte e curatrice indipendente, è autrice, fra le altre cose, del volume “Le icone fluttuanti. Storia del cinema d’artista e della videoarte in Italia”, di “Storia della fotografia” per i tipi di Bruno Mondadori e di “Le intelligenze dell’arte”…

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