Morto Pio Monti. Il ricordo di Massimo Minini, grande gallerista e grande amico

Abbiamo chiesto al grande gallerista italiano Massimo Minini di ricordare il collega appena scomparso: i due anni di Pio Monti a Brescia, l’incontro in Francia con Giancarlo Politi e i viaggi notturni nella casa-automobile…

Pio, anche solo dal nome, denunciava una origine da famiglia religiosa, come spesso accade in Italia, paese cristiano e poi cattolico, dove perfino Dio ha scelto di abitare e operare. Pio veniva da una terra mite, le Marche, dove a Recanati gli angeli portano in volo la casa di Nazareth, dove Giacomo Leopardi compone mirabili rime, dove Lorenzo Lotto si rifugia dalle avversità del mondo e dei colleghi.

Ettore Spalletti, Pio Monti, Massimo Minini, Vettor Pisani, 2005

Ettore Spalletti, Pio Monti, Massimo Minini, Vettor Pisani, 2005

L’INCONTRO TRA PIO MONTI E MASSIMO MININI

Pio l’ho conosciuto a Parigi nel ‘71 nella galleria di Daniel Templon, era accompagnato da un altro mostro sacro delle arti: Giancarlo Politi fondatore di Flash Art, rivista molto informata sugli ultimi movimenti delle arti. Entrambi vengono dall’Italia centrale e parlano una lingua simile, o meglio, un italiano con simile accento.  Una curiosa coppia di amici per la pelle, uno piccolo e l’altro alto alto. Infatti, Pio era sempre piegato in due, probabilmente per meglio parlare con Giancarlo. Dopo la prima galleria, nota per le mitiche edizioni Artestudio Macerata nei contenitori di plastica bianca, Pio ebbe anche una seconda galleria a Brescia per qualche anno e un’altra a Roma. Quell’incontro non previsto a Parigi mi fece conoscere un personaggio che ebbe grande influenza su di me e sulla mia galleria.

Aldo Ponis, Massimo Minini, Pio Monti e Teresa Iaria, 2015

Aldo Ponis, Massimo Minini, Pio Monti e Teresa Iaria, 2015

I VIAGGI CON PIO MONTI

Pio chiamava di notte chiedendo di star svegli ad aspettarlo, che sarebbe passato di lì a poco con la sua casa-automobile, dove poteva esserci qualunque opera, da Kosuth a Omiccioli. E grandi occasioni. Una sorta di stratificazione degna di uno scavo archeologico, come spesso capita di vedere proprio nell’Italia centrale, dove secoli di distruzioni hanno sovrapposto l’uno all’altro strati di diverse culture, opere, edifici, templi, chiese che sicuramente hanno influenzato la predisposizione di Pio Monti ad accogliere e promuovere l’arte a trecentosessanta gradi, senza privilegiare una corrente sull’altra in un melting-pot adatto a rappresentare la cultura di un paese come l’Italia  dove c’è tutto e il contrario di tutto: dall’Alpe alle Piramidi, per mari e per Monti.

Massimo Minini

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Redazione

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