Il fumettista che ha raccontato gli ultimi giorni di Adolf Hitler

Nel 2022 ha incuriosito i lettori con il racconto illustrato ispirato agli ultimi giorni di vita di Adolf Hitler. Stiamo parlando di Marco Galli, ospite di Artribune Magazine 73

Autore tra i più spiazzanti della scena nazionale, Marco Galli (Montichiari, 1971) si racconta in un’intervista inedita. Uno sguardo sulla ricerca del fumettista, protagonista nel 2022 con il graphic novel dedicato agli ultimi giorni di vita di Adolf Hitler.

INTERVISTA A MARCO GALLI

Una domanda con cui mi piace cominciare queste interviste: cosa significa per te essere fumettista?
Dico sempre di non “essere” un fumettista ma di “fare” il fumettista. L’essere è qualcosa di molto esteso e profondo, a volte difficilmente sondabile; non sto cercando di vezzeggiarmi, è che per me il fumetto è una forma di comunicazione che certamente mi è più congeniale di altre, ma è comunque un veicolo come possono essercene altri. Per questo non “sono”, ma “faccio”. L’etimo della parola “poesia” viene dal greco poiesis, che significa letteralmente “fare”: in questo senso cerco di fare, costruire qualcosa che ancora non c’è, se ci riesco. Poi, a livello pratico, essere “giuridicamente” fumettista in Italia, vuol dire essere squattrinati, ma probabilmente è così per tutti gli ambiti artistici.

Sei un autore molto prolifico, con una media di quasi un libro all’anno: dal primissimo Freak del 2007 all’ultimo Il nido del 2022. Cosa ti interessa raccontare?
Non mi pongo mai la domanda su cosa voglio raccontare, forse so cosa non voglio raccontare: non amo le cose esplicitamente autobiografiche, ombelicali e lagnose, come se le nostre meschinità fossero più interessanti di quelle degli altri. Le mie storie nascono da scintille estemporanee, che possono arrivare da ovunque: una frase letta o sentita, un documentario o un film, il vedere il mio cane che dorme o una persona che cammina. La mia testa si mette al lavoro piano piano e poi se l’idea è valida resta lì a macinare anche per anni, fino a quando non si trasforma in immagini che mi scorrono davanti; allora lì, da quel punto, si può trasformare in una storia a fumetti.
L’unica costante che ho riscontrato nei miei libri sta nel fatto che i personaggi sono sempre in balia degli eventi, non riescono a governare la propria vita, come d’altronde è nella realtà di ogni essere umano.

Il fumetto di Marco Galli per Artribune
Il fumetto di Marco Galli per Artribune

FUMETTO E SPERIMENTAZIONE

Hai un approccio molto pittorico alla narrazione visiva. Più in generale, sia nell’uso delle tecniche che nelle scelte figurative, sei uno sperimentatore. Quanto è importante cercare il proprio linguaggio definitivo?
Spero di non arrivare mai al “mio linguaggio definitivo”, sarebbe la morte della sperimentazione, o comunque, senza usare paroloni, sarebbe la fine del (mio) divertimento.

Quanto è importante, soprattutto, non accontentarsi nel momento in cui hai l’impressione di averlo raggiunto?
Il proprio linguaggio è importante, ma credo sia come l’iride dell’occhio, le impronte digitali, o come il DNA: ce l’hai dentro di te, è frutto di tutta la tua vita trascorsa e non solo: è anche la somma di tutta l’esperienza umana. Sembra una cosa gigantesca, e lo è! Il proprio linguaggio, o la “propria voce” come narratore, non la può insegnare nessuna scuola, nessuna accademia, nessun maestro. Se c’è, prima o poi, esce. Non lo accetto come concetto definitivo: “definire” vuol dire “portare alla fine”, cioè terminare qualcosa, e se arrivi lì puoi solo smettere o morire.

MARCO GALLI TRA CINEMA E FUMETTO

Che ruolo gioca il cinema nel tuo percorso?
Molto importante. Quando ero adolescente e i film li vedevi al cinema o in televisione la sera, io me li registravo spesso. La mancanza di piattaforme streaming dava il vantaggio di non poter scegliere più di tanto e soprattutto di avere a disposizione un sacco di film vecchi, che costavano meno alle reti televisive; questo ti dava la possibilità di scoprire cose che probabilmente non avresti scelto con il potere del menù ampio. Il fumetto ha delle cose in comune come le inquadrature e la sequenzialità, anche se qui ci sarebbe da spiegare bene, perché la sequenzialità del fumetto è lontanissima da quella del cinema; anzi, mentre scrivo e penso, credo che il fumetto abbia più a che fare con la fotografia che con il cinema.

Il fumetto di Marco Galli per Artribune
Il fumetto di Marco Galli per Artribune

IL FUMETTO “IL NIDO” DI MARCO GALLI

Il nido, il tuo fumetto del 2022 pubblicato per Coconino, è una storia assai “cinematografica” ispirata agli ultimi giorni di Adolf Hitler. Com’è nato il progetto?
Il nido nasce nel 2017 dalla visione di un documentario su Hitler e il Terzo Reich, dove si affrontava il tema in modo insueto dal solito racconto storico, cioè raccontando aneddoti personali sul Führer e mostrando avvenimenti della guerra, che se non avessero avuto un risultato tragico sarebbero stati simili a barzellette: le tragedie portano sempre dentro di sé una parte comica, è il fattore umano. Da qui l’idea di raccontare un Hitler umano, nel senso di meschinamente umano, mai come assoluzione: come per Mussolini, Stalin, Pol Pot e molti altri, non c’è nessuna scusante, nessuna! Ma il narratore deve sondare, tuffarsi nelle acque torbide, possibilmente in modo amorale. Credo comunque di aver restituito un Hitler ancora più spregevole, proprio perché umano, prossimo e non mitologico.

Quali sono state le principali sfide nel confrontarsi con un personaggio così ingombrante?
La cosa che mi premeva di più era l’equilibrio: non mettere in scena il dittatore luciferino trito e ritrito e nemmeno, però, tratteggiarlo con lo sberleffo facile. Insomma, mi premeva descriverlo come un essere umano tremendo, ma pur sempre appartenente alla razza umana.

E il fumetto per Artribune invece di cosa parla?
Parla di Duncan Brodowsky, personaggio con le fattezze di David Bowie, che ha la maledizione di saltare nello spazio e nel tempo, senza poterlo governare, e si ritrova così a vivere avventure (spesso strampalate) in giro per le varie epoche, tra passato e futuro. Brodowsky è già apparso in un racconto di trenta pagine, una antologia narrativa, un mini fumetto su Linus e sto ragionando su autoprodurre dei fumetti sulle sue gesta. Per me, con tutti i distinguo, è il mio Corto Maltese, e in futuro vorrei (quasi) solo occuparmi di lui. Ci tengo a dire che è puro “fumetto popolare”, anche se fatto alla Galli.

Alex Urso

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Alex Urso

Alex Urso

Artista e curatore. Diplomato in Pittura (Accademia di Belle Arti di Brera). Laureato in Lettere Moderne (Università di Macerata, Università di Bologna). Corsi di perfezionamento in Arts and Heritage Management (Università Bocconi) e Arts and Culture Strategy (Università della Pennsylvania).…

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