Il libro è morto (o forse no?). Intervista allo scrittore Matteo Codignola

Si continua a leggere, ma sempre peggio. Lo scrittore e tradutttore Matteo Codignola, già editor di Adelphi, non è ottimista sul futuro del libro. In questa intervista spiega il perché

“Quain soleva ripetere che i lettori sono una specie ormai estinta. ‘Non v’è europeo – ragionava – che non sia uno scrittore, in potenza o in atto’” scriveva Borges nel 1944, ben ottant’anni fa, eppure queste parole sembrano essere molto più attuali ai giorni nostri, almeno in Italia. Gli ultimi dati Istat, infatti, mostrano un calo della percentuale dei lettori associato a un aumento della produzione di libri, tendenza che si riconferma da anni. Che significato ha tutto questo? Lo abbiamo chiesto, forse in cerca di una parola di conforto, a una delle voci più autorevoli sul tema: Matteo Codignola (Genova, 1960), scrittore, traduttore e per decenni editor della storica casa editrice Adelphi ,il quale, tuttavia, di parole di conforto ne ha ben poche. Non ci resta che provare a farcele bastare.

Matteo, pare che la gente non legga più granché, e al tempo stesso che i libri in uscita ogni anno siano in aumento. Come si spiega?
Questo tipo di lamento si sente dagli anni di Gutenberg, così come il rimpianto di un’età precedente, in cui tutti vivevano col naso dentro a un libro, che ovviamente non è mai esistita.
La lettura ha sempre riguardato poche, pochissime persone, e non è detto che sia un male. Leggere non è, contrariamente a quanto si dice, un valore assoluto: leggere buoni libri, o addirittura libri importanti, lo è.  Ecco, se vogliamo trovare un fatto relativamente nuovo è che per una lunga serie di ragioni libri buoni se ne scrivono (e quindi se ne leggono) sempre meno. Per non parlare di quelli importanti. Il che non impedisce al mercato di espandersi – come in effetti sta accadendo – o agli editori di pubblicare, quindi ai librai di esporre; quindi, ai lettori di comprare oggetti che solo per comodità continuiamo a chiamare libri.

Lo scrittore Matteo Codignola
Lo scrittore Matteo Codignola

In Giappone, a febbraio, una donna ha vinto un premio prestigioso con un romanzo che ha poi rivelato essere generato artificialmente con ChatGPT. Casi simili se ne leggono sempre più di frequente. Cosa ne pensa di questo fenomeno? Le AI finiranno per sostituire gli autori umani?
È molto difficile rispondere, perché non è affatto chiaro di cosa parliamo, quando parliamo di AI; soprattutto non è chiaro, neppure a chi la programma, fin dove l’AI possa arrivare.
Al momento, è in grado di scrivere libri standard: difficile che brillino per inventiva, ma sono al livello di buona parte della narrativa corrente, e in qualche caso superiori. Penso che il destino di tutto questo lo indichi la fotografia: fino a poche settimane fa, distinguere l’origine umana di un’immagine da quella artificiale era relativamente facile. Ora serve uno studio molto, molto accurato. Con i testi la differenza ancora si nota, a fatica. Ma non poniamo limiti alla Provvidenza.

Lo scrittore Matteo Codignola
Lo scrittore Matteo Codignola

È possibile un futuro, anche lontano, nel quale i libri non esisteranno più?
Il futuro è un tempo pericoloso, il luogo di tutte le fesserie, in genere. Direi che il presente basta e avanza, e nel presente i libri già non esistono quasi più. Sono sempre più marginali, sempre più irrilevanti. Non lambiscono neppure il discorso comune, e si sente.  1984 a parte (che però non è più neppure un libro, è un arredo della mentalità collettiva) l’ultimo che ha avuto un’eco tangibile mi pare sia stato quello di Marie Kondo. Sui media – mainstream e social, non importa – si parla naturalmente moltissimo di libri, e almeno in Italia ogni borgo ha un suo festival dedicato ai libri, ma è un’altra cosa. Basta chiedersi qual è  l’ultimo aperitivo in cui abbiamo sentito qualcuno nominare un libro che stava leggendo – che stava leggendo, non di cui aveva sentito parlare da qualcun altro –, per capire che il futuro è già qui. In quello vero, probabilmente, i libri resteranno la passione predominante di gruppi sempre più piccoli di fanatici, o di collezionisti, o di degenerati.
In parte già è così, e in un certo senso è un ritorno alle origini, al tempo felice in cui  nessuno fantasticava che leggere potesse diventare un intrattenimento di massa. Ma in un altro si delinea un pericolo nuovo, che fin qui si era sempre riusciti a aggirare. Se quei gruppi diventassero troppo piccoli, e siamo a tanto così, pubblicare i libri per cui smaniano risulterebbe infatti – per ragioni materiali – semplicemente impossibile.

Ma non può finire così, senza una catarsi finale. Qual è la buona notizia?
(ride) Contrariamente a quanto si sente dire in giro, i libri non sono fatti per dare buone notizie, o per trasmettere benessere. Anzi. Però qualcosa può essere succeda. Sempre a quanto si sente dire in giro, i social avrebbero imboccato una parabola discendente, soprattutto fra i ragazzi. Se fosse vero, può essere che si renda disponibile per tanti una modica quantità di tempo, e che almeno qualcuno la usi per leggere. Magari scoprendo che è una forma di intrattenimento molto, ma molto più soddisfacente di altre.

Maria Oppo

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