Il libro sull’architettura contemporanea di Livorno

Ponti, Libera, Ricci, Lafuente, Giorgini e, più di recente, Fuksas sono fra gli architetti che dal 1945 a oggi hanno plasmato il territorio livornese. A raccontare come mai prima d’ora quest’area della Toscana è il nuovo libro curato da Marco Del Francia

Il patrimonio architettonico del Novecento italiano è diventato, forse inaspettatamente, mainstream? Complice la ridotta mobilità, dovuta alla pandemia, e per effetto dell’ascesa di alcuni progetti nati sulle piattaforme social, stiamo assistendo all'”emergere di nuovi caratteristi, autori di opere in cui gli occhi contemporanei paiono riconoscere la scintilla di un insegnamento fino ad ora frainteso o almeno non compreso appieno”. A osservarlo è Fulvio Irace, nel saggio introduttivo del nuovo volume Architettura contemporanea. Livorno e provincia. Curato dall’architetto Marco Del Francia, fra gli esperti coinvolti da Artribune nella fortunata serie podcast Tuscany Today, il libro, da poco pubblicato, fa luce sul misconosciuto tessuto architettonico di un territorio che è “sempre stato cosmopolita e multiculturale, porto franco per popoli, fedi e lingue diverse”, racconta l’autore. E nel quale, esattamente come nel resto del Paese, gli edifici del Novecento stanno in alcuni casi mostrando la loro vulnerabilità e necessiterebbero di interventi mirati.

Marco Del Francia ‒ Architettura contemporanea. Livorno e provincia, Edifir, Firenze 2021

Marco Del Francia ‒ Architettura contemporanea. Livorno e provincia, Edifir, Firenze 2021

INTERVISTA A MARCO DEL FRANCIA

Allo specialista, ma anche al visitatore in cerca di nuove destinazioni di rilievo culturale e “di prossimità”, cosa può riservare il territorio livornese?
Indagare il territorio livornese ha permesso di far emergere un ingente patrimonio di qualità misconosciuto al grande pubblico, ma anche fra gli stessi addetti ai lavori. Dalle architetture che magari siamo abituati quotidianamente ad avere sotto gli occhi, ma non a prestarci mai attenzione, alle opere più nascoste, perché private e non visibili da strade pubbliche, o semplicemente perché isolate e fuori da percorsi convenzionali. La provincia di Livorno abbiamo scoperto essere una sorta di Via Francigena dell’architettura, come una storia in movimento, da percorrere davvero a passo lento. A destra e a sinistra della vecchia Via Aurelia, che attraversa l’intera provincia parallelamente alla costa, è possibile scoprire opere tipologicamente diverse (dalle cantine alle scuole, dagli edifici industriali alle ville residenziali). Un tour del contemporaneo dove è possibile capire, con occhi consapevoli, l’importanza dell’architettura nella costruzione dello spazio in cui viviamo, studiamo, abitiamo, lavoriamo e riposiamo; ma anche l’architettura quale elemento indispensabile per ciascuno in quanto cittadini, e come ricchezza da tutelare, da rinnovare e da creare.

Il volume riunisce oltre 60 opere costruite nell’intera provincia, a partire dal 1945 e fino ai giorni nostri. Trattandosi, evidentemente, di una selezione, a livello curatoriale quali criteri hai adottato nella selezione degli edifici?
Avendo già avuto incarichi di catalogazione per il Ministero della Cultura, mi sono attenuto come base alla metodologia messa a punto e utilizzata dal MiC stesso, basata su una serie di criteri di qualità capaci di selezionare in modo coerente e omogeneo sul territorio le opere di architettura. Questi criteri – in parte di tipo quantitativo (ad esempio ricorrenza bibliografica) e in parte di tipo critico (rinnovamento di schemi tipologici, capacità di innovazione tecnologica, ecc.) – sono stati però qui ampliati, non tenendo conto ad esempio solo della “fortuna critica” di un’opera architettonica, o delle citazioni in pubblicazioni riconosciute, o della notorietà e rilevanza del suo autore.

Ovvero?
Sono state prese ad esempio in considerazione opere mai pubblicate o di autori totalmente sconosciuti alla storia dell’architettura, ma che hanno lasciato un segno importante nello sviluppo urbanistico e architettonico dei territori locali; oppure opere recentissime, che appartengono più alla cronaca che alla storia, ma che rappresentano il segno di una vivacità in un territorio che sta provando a dare continuità a quel fare contemporaneo che è l’unica via possibile per lo sviluppo culturale della nostra civiltà.

Casa Esagono (Baratti), Vittorio Giorgini, 1957

Casa Esagono (Baratti), Vittorio Giorgini, 1957

L’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA DI LIVORNO

Sebbene distante dai centri in cui si sono maggiormente espressi gli architetti che hanno lavorato nella seconda metà del Novecento in Italia, il territorio livornese è stato in grado sia di “attirare” maestri indiscussi, come Ponti o Michelucci, sia di ospitare esperienze progettuali peculiari, come quelle di Vittorio Giorgini. Un processo non scontato, con esiti spesso di alta qualità architettonica. Dal tuo punto di vista, quali fattori hanno reso (e continuano a rendere) possibile la presenza di un numero così rilevante di progettisti in quest’area della Toscana?
Il territorio livornese stimola sicuramente una varietà di approcci progettuali. Nella sua lunga e stretta estensione da nord a sud, presenta una moltitudine di condizioni geomorfologiche e planoaltimetriche, dalla collina al mare, con stati vegetazionali e naturalistici variegati a seconda del contesto. Parchi, riserve, aree protette, promontori, tomboli, dune, scogliere. Anche gli ambiti urbani sono diversificati, dalla grande città di Livorno a un’altra di media densità di provincia come Piombino, con i propri centri storici e monumenti di ogni epoca, ai paesi e borghi medievali di collina, agli insediamenti novecenteschi lungo la via Aurelia, alle marine lungo la costa fino ai contesti dell’isola d’Elba, altrettanto multiformi. Gli spunti progettuali certo non mancano. Ma ovviamente, a monte, gli architetti sono stati chiamati dalla committenza, non certo dal paesaggio.

Come si diceva un tempo, una “committenza illuminata”…
Qui determinanti sono stati i contesti socio economici, nei vari periodi. A partire dalla ricostruzione post bellica, che ha chiamato le varie amministrazioni comunali e istituti di case popolari a incaricare progettisti legati soprattutto all’ambito accademico (penso ai vari Vagnetti, Fagnoni, Spadolini, Stocchetti). Si pescava dal mondo universitario (ma intriso di professionisti) per realizzare i quartieri operai durante l’espansione industriale degli Anni Sessanta, anche con il sistema della prefabbricazione (Libera, Mandolesi, Petrigani). Con lo sviluppo delle località costiere, invece, legate al turismo balneare, illuminati committenti legati all’imprenditoria sono stati capaci di affidare ad architetti come Leonardo Ricci, Gio Ponti, Julio Lafuente, Vittorio Giorgini la realizzazione di meravigliose ville al mare.

In anni più recenti questo territorio si è arricchito con i contributi di architetti come Fuksas e lo Studio Archea, fra gli altri.
L’affidarsi a nomi importanti dell’architettura è oggi invece veicolo di marketing per l’imprenditoria del vino (penso alla cantina di Mario Botta a Suvereto), per quella del turismo ricettivo (il camping Albatros di Archea associati), per quella della ristorazione (il Bucaniere di Fuksas) o per gli istituti di credito (le banche di Mariani a Donoratico). Molti di questi architetti, c’è da dire, gravitavano già sul territorio per l’amicizia che li legava ai loro committenti. Forse, ancora, l’alta presenza di così tanti progettisti è “colpa” del mare; come cantava Bennato: “Le città di mare sono i punti di incontro di mille avventure, di lingue diverse, di facce scure, di gente che passa e si ferma a guardare”. Il territorio livornese d’altronde, a partire dalla sua città capoluogo, è sempre stato cosmopolita e multiculturale, porto franco per popoli, fedi e lingue diverse. Compresi gli architetti.

BCC di Castagneto Carducci (Donoratico), Massimo Mariani, 1997 2002. Photo Alessandro Ciampi

BCC di Castagneto Carducci (Donoratico), Massimo Mariani, 1997 2002. Photo Alessandro Ciampi

SALVARE L’ARCHITETTURA ITALIANA DEL SECONDO NOVECENTO

Uno dei temi legittimamente aperti dal libro è quello del recupero e della salvaguardia del patrimonio del secondo Novecento. Qual è lo “stato dell’arte” nel livornese?
Questo lavoro, con la sua schedatura, oltre a un motivo di “divulgazione”, ha proprio lo scopo di salvaguardare in qualche modo quelle opere che per motivi anagrafici non possono ancora beneficiare di adeguata tutela (vincolo): la loro presenza in un catalogo infatti può costituire sostanzialmente una forma di protezione indiretta. Ugo Carughi, nel suo saggio introduttivo, lo spiega molto bene. Mentre ne parliamo, a Livorno vengono smontate e demolite le Baracchine di Toraldo Di Francia, in condizioni fatiscenti e pericolose. Il loro valore, ormai riconosciuto, consentirà di restaurarne e conservarne due, quelle più significative anche in rapporto alla loro posizione e al disegno urbano, come testimonianza documentale.

Altre situazioni delicate, se non addirittura già definibili “a rischio”?
La Casa Esagono di Giorgini a Baratti, completamente in legno e abbandonata per undici anni prima del suo riuso, versa in condizioni quasi disperate, ma grazie a un bando regionale il Comune di Piombino, che comparteciperà alle spese, sarà in grado di restaurarla completamente. Per rimanere su Giorgini, la sua scuola a Bibbona, invece, complice uno sciagurato ampliamento e restyling nei primi Anni Duemila, è oggi compromessa. Ma qui le responsabilità sono del Comune che non ha colto l’importanza di quest’opera, nonostante lettere, appelli e solleciti, con la disponibilità dello stesso Giorgini che era ancora in vita all’epoca. Devo dire che, in generale, le opere schedate non presentano gravi problemi strutturali. Alcune sono state oggetto di ristrutturazione e a ben vedere eseguite con cognizione di causa, come ad esempio Villa Allungata di Gio Ponti, che il nuovo proprietario, con molto amore e rispetto, ha riportato a nuova luce.

Villa della Valle, ex Balmain (Marciana Marina), Leonardo Ricci, 1958 60

Villa della Valle, ex Balmain (Marciana Marina), Leonardo Ricci, 1958 60

DAL LIBRO ALLA MOSTRA ITINERANTE

Citavi Giorgini. Da tempo leghi il tuo nome all’impegno in B.A.Co ‒ Archivio Vittorio Giorgini, tra i soggetti promotori del libro. Puoi anticiparci le prossime iniziative attualmente in elaborazione?
Il prossimo anno festeggeremo dieci anni di attività. Stiamo preparando una doppia pubblicazione: una che raccoglie le oltre duecento iniziative che abbiamo svolto in questo decennio; l’altra – con molto materiale inedito – racconterà del rapporto di Giorgini con Baratti, dagli amici artisti che ospitava a Casa Esagono alle relazioni e alle amicizie con la gente del posto, per lo più pescatori, al suo mare e alle sue architetture. Da poche settimane invece abbiamo attivato l’anno accademico della Scuola di Architettura per bambini “Soux a domicilio Piombino – Casa Esagono”, progetto spin off della SOU ‒ School of Architecture for Children, nato nel 2019 a Favara all’interno di Farm Cultural Park. Si tratta di un’attività educativa legata all’urbanistica, all’architettura, all’ambiente, all’arte, al design, all’agricoltura urbana, all’educazione alimentare, alla costruzione di comunità, con l’obiettivo di abituare i bambini alla libertà del pensiero e alla magia della creatività. E ovviamente seguiremo il restauro di Casa Esagono, i cui lavori dovrebbero partire a inizio anno nuovo, con la nostra consulenza scientifica e quella del DESTEC dell’Università di Pisa, che ha fornito il progetto di restauro attraverso una tesi di laurea. Sarà un cantiere aperto, con momenti di approfondimento con specialisti, aperto al pubblico.

Il libro potrebbe evolversi in una mostra itinerante nel territorio livornese o in un progetto digitale? Sarebbe bello diventasse il primo di una serie interamente dedicata all’architettura toscana del Novecento!
L’evoluzione in una mostra itinerante è un progetto al quale stiamo lavorando con l’Ordine degli Architetti di Livorno: ci spero! La trasformazione in un progetto digitale sarebbe la sua naturale evoluzione, considerando ormai come i dispositivi elettronici siano lo strumento più immediato e divulgatamente valido di consultazione. Tra l’altro permetterebbe una ricerca delle opere (o dei progettisti, di un luogo o della bibliografia) attraverso molte più possibilità che non guardando l’indice cartaceo. Il libro peraltro è una sorta di prosecuzione di un mio precedente lavoro, Itinerari di Architettura Contemporanea. Grosseto e provincia, svolto con colleghi e pubblicato dieci anni fa. Mi piacerebbe quindi proseguire, continuando a coinvolgere studiosi, istituzioni ed enti di settore, come in questa ricerca. Ma non vorrei passassero altri dieci anni!

Valentina Silvestrini

Marco Del Francia ‒ Architettura contemporanea. Livorno e provincia
Edifir, Firenze 2021
Pagg. 126, € 14
ISBN 9788892800663
https://edifir.it/

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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