Il festival d’arte delle isole Lofoten quest’anno è curato da italiani

Torna la più longeva manifestazione d’arte contemporanea della Scandinavia. Lo scenario è quello delle isole Lofoten e a curarla è il duo Francesco Urbano Ragazzi

Edizione numero 17 del Lofoten International Art Festival, che compie 30 anni e ha come sottotitolo Fantasmagoriana. A curarla è il duo Francesco Urbano Ragazzi, composto da Francesco Urbano e Francesco Ragazzi.
LIAF è stato inaugurato il 4 settembre scorso nelle due cittadine di Kabelvåg e di Svolvær. La prima è stata scelta dal duo curatoriale in quanto luogo in cui venne relegato l’artista dada Kurt Schwitters durante l’occupazione nazista, mentre la seconda, che ospita ben cinque appuntamenti della manifestazione, è stata scelta in quanto centro propulsore culturale grazie alla sua Nordland School of Art and Film.

Tsai Ming-liang, Improvisations On the Memory of Cinema, Two drawings on paper, 10 x 5m each, charcoal and crayons, 2019. Courtesy of Tsai Ming-liang and Homegreen Films. NNKS / LIAF 2022 curated by Francesco Urbano Ragazzi, ph: Kjell-Ove Storvik

Tsai Ming-liang, Improvisations On the Memory of Cinema, Two drawings on paper, 10 x 5m each, charcoal and crayons, 2019. Courtesy of Tsai Ming-liang and Homegreen Films. NNKS / LIAF 2022 curated by Francesco Urbano Ragazzi, ph: Kjell-Ove Storvik

LA STRUTTURA DI FANTASMAGORIANA

Fantasmagoriana ha chiamato all’appello 37 artisti internazionali. La costruzione della mostra è iniziata grazie alla condivisione di otto brevi racconti di paura tedeschi e a un evento passato alla storia. Siamo nell’estate del 1816, un gruppo di amici fugge da una situazione climatica sfavorevole e dal dilagare del colera isolandosi nella Villa Diodati, vicino a Ginevra. Sono Percy Shelley, Mary Shelley e la sorella Claire Clairmont, Lord Byron, John Polidori. È questa l’occasione da cui scaturisce la stesura di due romanzi cult: Frankenstein di Mary Shelley, la cui prima scena è ambientata proprio nell’Artico ‒ entrato allora nell’immaginario europeo a seguito del fenomeno di scioglimento dei ghiacciai che aveva incrementato le spedizioni esplorative ‒, e The Vampyre di John Polidori, che ispirerà Dracula di Bram Stoker. Entrambi i romanzi esprimono la tensione umana verso l’immortalità, tema che attraversa epoche e generi letterari.

Pauline Curnier Jardin, Adoration, Film installation, 8 minutes 56 seconds, video, colour, stereo; series of drawings, mixed media on paper, various dimensions, 2022. Produced in collaboration with Centraal Museum Utrecht and Rio Terà dei Pensieri social cooperative. Courtesy of Ellen De Bruijne Projects, Chert Lüdde and the artist.NNKS / LIAF 2022 curated by Francesco Urbano Ragazzi, ph: Kjell-Ove Storvik

Pauline Curnier Jardin, Adoration, Film installation, 8 minutes 56 seconds, video, colour, stereo; series of drawings, mixed media on paper, various dimensions, 2022. Produced in collaboration with Centraal Museum Utrecht and Rio Terà dei Pensieri social cooperative. Courtesy of Ellen De Bruijne Projects, Chert Lüdde and the artist.NNKS / LIAF 2022 curated by Francesco Urbano Ragazzi, ph: Kjell-Ove Storvik

I TRE CAPITOLI DI FANTASMAGORIANA: VENEZIA, OSLO, LOFOTEN

Il duo Francesco Urbano Ragazzi ha scelto di dividere LIAF in tre capitoli per alimentare l’idea di una biennale per sua stessa natura nomadica. I primi due capitoli hanno preso forma tra Venezia e Oslo. Nella città lagunare ‒ legata alle Lofoten dalla figura di Pietro Querini, che vi naufragò nel lontano 1431 ‒, in concomitanza con la Biennale d’Arte, ha inaugurato Something Out of It, in cui sono confluiti il progetto di Pauline Curnier Jardin nella prigione femminile della Giudecca, prima Convento delle Convertite, e la mostra Desperate Times di Tomaso De Luca a Casa Venezia organizzata da Case Chiuse di Paola Clerico. L’installazione di Curnier Jardin trae spunto dalla pellicola Black Narcissus, che racconta le vicende di alcune suore partite per una missione di evangelizzazione in Himalaya e poi “convertite” dal luogo e dal desiderio sessuale. L’installazione di De Luca si interroga invece sull’identità dello spazio domestico, orchestrando all’interno delle sue mura insidie e trappole letali, contrapponendosi all’idea di comfort-focolare e sostituendola con la sensazione di inquietudine-pericolo.
A Oslo è stato invece ospitato il progetto Retyping a Library di Kenneth Goldsmith. Con l’obiettivo di configurare un ideale platonico di biblioteca, l’artista americano ha ristampato 206 libri (partendo da Moby Dyck), ma la sua idea è di arrivare a quota mille. Ogni volume è disposto in una scatola dal gusto minimale, ed è corredato dal ritratto dello scrittore realizzato a mano.

Eivind H. Natvig, One Hundred Seconds to Midnight, Installation consisting of five large format photographic prints on acrylic canvas, 2022. NNKS / LIAF 2022 curated by Francesco Urbano Ragazzi, ph: Kjell-Ove Storvik

Eivind H. Natvig, One Hundred Seconds to Midnight, Installation consisting of five large format photographic prints on acrylic canvas, 2022. NNKS / LIAF 2022 curated by Francesco Urbano Ragazzi, ph: Kjell-Ove Storvik

FANTASMAGORIANA ALLE LOFOTEN

Il duo curatoriale ha scelto cinque spazi in cui sviluppare il festival, assegnando a ogni luogo un nuovo nome dai rimandi immaginifici. Il Data Center, in realtà il North Norwegian Art Center (NNKS), è l’unica sede espositiva che si trova a Svolvær. Le altre sono tutte localizzate a Kabelvåg.
Si parte con The Adjourned Courtroom nella cittadina di Kabelvåg. Fu il luogo in cui più di 500 insegnanti vennero recluse perché in opposizione al regime nazista. Oggi vi troviamo le opere di Marianne Berenhaut che, sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti, presenta le sue Poupées Poubelles assemblate utilizzando calze di nylon imbottite con scarti e rifiuti, stracci, fieno e fiori. Queste bambole, nella loro organicità e potenza, ricordano alcune opere di Louise Bourgeois.
Nel Blue Black Box (edificio inglobato nella Nordland School of Art and Film) troviamo l’avvolgente installazione in seta di Emma Talbot, le sculture di Aage Gaup, uno dei più importanti artisti Sámi, recentemente scomparso, e infine il video di Shadi Habib Allah, che racconta l’eccesso di controllo tecnologico e la scomparsa della vera selvaticità persino in un animale come il lupo. Segue il Museum Under Destruction con l’affascinante progetto di Jennifer West, che documenta la demolizione di un ex cinema-teatro di Los Angeles.
The Museum of The Sun, alias The Espolin Gallery, raccoglie le opere ‒ incentrate sulla comunità di pescatori, sulle leggende legate alle fate e al folklore ‒ dell’artista Kaare Espolin Johnson, affetto da una malattia che progressivamente lo portò alla cecità.
Tra le opere esposte nel museo in occasione di LIAF spiccano le fotografie di Rimaldas Vikšraitis, che immortalano momenti di euforia, follia, disagio, povertà nella campagna lituana, percorsa in bicicletta dall’artista nonostante la forma di disabilità che lo affligge dall’infanzia.
La sede che raccoglie più artisti è The Haunted School, la vecchia scuola locale destinata alla demolizione. Qui sono da segnalare i due lavori di Haroon Mirza. Il primo consiste in un’installazione luminosa che nasce dalla fascinazione per l’Aurora Boreale e la luce nordica. Si tratta di Light Work xliv: all’interno di un’aula l’artista modula la luce a una frequenza di 111 Hz e sfrutta i tre colori primari, calibrati in proporzioni precise, affinché il loro sovrapporsi dia come risultato luce bianca. Il secondo lavoro è disposto all’esterno, nel cortile, per catturare la luce del sole e trasformarla in suono: smetterà infatti di funzionare dopo il Solstizio d’inverno.
Sicuramente d’effetto sono poi i disegni del regista malese Tsai Ming-liang, disposti sul pavimento e su una delle pareti della grande palestra in legno. Partendo dalla pellicola Goodbye Dragon Inn, l’artista ne isola alcuni personaggi facendoli spiccare sullo sfondo bianco come fumose apparizioni, frutto di fantasie erotiche. Ogni opera è installata seguendo il principio della sostenibilità, senza costruire strutture temporanee ma usando solo le pareti e i supporti preesistenti.

Giorgia Basili

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Giorgia Basili

Giorgia Basili

Giorgia Basili (Roma, 1992) è laureata in Scienze dei Beni Culturali con una tesi sulla Satira della Pittura di Salvator Rosa, che si snoda su un triplice interesse: letterario, artistico e iconologico. Si è spe-cializzata in Storia dell'Arte alla Sapienza…

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