Artverona, prima fiera in calendario

Una “art project fair”, si autodefinisce ArtVerona. E dà appuntamento per la sua nona edizione dal 10 al 14 ottobre. Ne abbiamo parlato con Andrea Bruciati, consulente artistico della manifestazione insieme a Massimo Simonetti.

Cosa ne pensi del proliferare di fiere, soprattutto in un mercato come quello italiano?
Credo che nel libero mercato sia corretta la presenza di diverse manifestazioni; le ritengo fondamentali per un costante aggiornamento e stimolo per migliorare l’offerta che viene garantita al pubblico, agli operatori e agli addetti ai lavori in termini di qualità. Come tutti gli organismi economici, sarà poi il consenso o meno alla manifestazione a decretarne il successo e l’espansione, o viceversa la flessione di visibilità e la successiva cancellazione dal calendario.
Ovviamente il mio ragionamento ha un senso se vi è quel famoso “libero mercato”… Laddove vi sono supporti pubblici e iniezioni trasversali di denaro, ritengo che non vi siano le premesse per una leale e dinamica messa in gioco e comparazione delle rassegne in oggetto: se su una piattaforma non ci sono le medesime regole, il risultato è “viziato”, così come la percezione concreta della singola manifestazione e il suo rapporto con i competitor, con l’aggravante che a volte il contribuente non ne è informato. Da parte sua, ArtVerona non gode di alcun contributo esterno e si finanzia completamente con gli investimenti di un imprenditore: in tal senso è un unicum in Italia, sostenendosi con le proprie forze e ovviamente con le quote degli espositori e degli sponsor.

Una riflessione sul mercato attuale e sul ruolo della fiera all’interno del sistema.
Il mercato attuale è specchio dei problemi economici che attanagliano la Penisola, per cui una tassazione non concorrenziale rispetto agli altri mercati internazionali e la mancanza di una defiscalizzazione degli investimenti in arte fanno sì che tutto risulti molto faticoso e che ciò privi il pubblico interessato di quella spinta ottimistica e di fiducia che, per questo settore in particolare, considerato di lusso, è invece estremamente importante. Il mercato dell’arte ha una forte arbitrarietà e volatilità nell’orientarsi, e tanto più necessita di una solidità programmatica e strutturale che, tuttavia, a causa di una politica compromissoria e reazionaria precipuamente italiana, risulta completamente assente.
Il ruolo che ArtVerona occupa vuole e deve diventare indubbiamente più rilevante, sia nei confronti del territorio (città e macroregione in primis) che nei confronti del panorama nazionale, ma non solo. Non potendo al momento contrastare realtà oggettivamente più forti per storia, investimenti e portata mediatica, deve inventarsi una posizione laterale basata sulla serietà organizzativa, la qualità delle proposte, la ricerca e la sperimentazione al fine di offrire un’occasione differente al pubblico, che altrimenti visita situazioni clonate, francamente poco appetibili sia per gli occhi che per il portafoglio.

Andrea Bruciati

Andrea Bruciati

Le peculiarità di ArtVerona, i suoi punti di forza (le ragioni per le quali pubblico e collezionisti dovrebbero venire) e le sue debolezze (gli aspetti che vorresti consolidare).
ArtVerona è una piazza alternativa nel sistema italiano, nel senso che offre progetti sperimentali che le altre manifestazioni presentano come collaterali e non strutturali alla fiera medesima. Io invece ho sempre pensato che la diversità fosse un elemento qualitativo aggiuntivo e l’omologazione una caratteristica deleteria, tanto più nell’arte, pertanto ho sempre ritenuto che linee di intenti nette e portanti fossero sempre preferibili per la ricaduta positiva di un progetto, culturale o imprenditoriale che fosse.
Per quanto riguarda le debolezze, sono sempre legate all’investimento economico ancora non sufficiente riguardo a questa manifestazione, con ciò che ne consegue in termini di pubblico, adesione delle gallerie internazionali e aziende di supporto sensibili. Ritengo che abbia pertanto grandi potenzialità sia per l’organizzazione che la connota, sia per il futuro riposizionamento della fiera scaligera nell’asset nazionale: ArtVerona risulta infatti molto più centrale di Torino per il pubblico, più innovativa di Bologna per le proposte culturali e può fungere da contraltare interessante alla situazione milanese per calendario e area geografica di incidenza.

Qual è il tuo contributo specifico alla fiera? Sei soddisfatto a livello di ruolo e risultati?
Credo che non si debba mai essere soddisfatti perché occorre sempre essere perfettibili, nonostante questo se collaboro con ArtVerona è per l’organizzazione, che ha sempre dimostrato una professionalità fuori dalla norma; una struttura agevole e dialettica che mi ha permesso di portare avanti i miei progetti con grande libertà di azione e nel rispetto dei termini di attuazione.
Il format On Stage e quest’anno progetti come Raw Zone, Level 0, nonché la consolidata collaborazione con Paola Marini dei Musei Civici e Cristiano Seganfreddo hanno reso l’edizione particolarmente vicina a quel modello di laboratorio che ha sempre accompagnato la mia personale ricerca, formativa per il pubblico ma ad appannaggio del valore. A Verona trovo che vi siano le condizioni ottimali per un lavorare bene in “provincia”, dando risalto e rilievo all’eccellenza qualitativa e a una diversa forma di fruizione delle proposte culturali che in fondo caratterizzano il made in Italy.

Massimo Simonetti, direttore artistico ArtVerona con Roberto Casiraghi

Massimo Simonetti, direttore artistico ArtVerona con Roberto Casiraghi

Qual è il motivo per cui dai ampio spazio alle non profit? Perché, in un evento di mercato, realtà che hanno come obiettivo di non fare profitto devono a tuo avviso avere un ruolo rilevante?
Ritengo che il dialogo per chi si occupa del medesimo settore, seppur in modo opposto e alternativo, sia sempre fondamentale per tutti: aiuta a ridefinirci e a modificare le nostre convinzioni e aspettative, al di là dei pregiudizi. Mi piacciono in generale i confronti: li trovo sempre stimolanti e il fatto di unire, all’interno del medesimo caravanserraglio, esperienze contrastive può aiutare il fruitore a comprendere la ricchezza basata sul plurilinguismo che anima questa sfida.
Vista la particolare “materia” di cui stiamo parlando, una fiera d’arte – pur nascendo come opportunità economica – non può esentarsi dall’essere anche una occasione culturale vivificante, spazio di ricerca osmotico, senza il quale si appiattirebbe a mero contenitore, collazione di stand. Dall’altro lato il mercato, per molti aspetti demonizzato dagli spazi non profit, favorisce la crescita di realtà altrimenti sussidiarie e marginali, consentendo a molte start up di divenire comunque modelli esemplari e alternativi di sviluppo e confronto.

Marco Enrico Giacomelli

www.artverona.it

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #15

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Marco Enrico Giacomelli

Marco Enrico Giacomelli

Giornalista professionista e dottore di ricerca in Estetica, ha studiato filosofia alle Università di Torino, Paris 8 e Bologna. Ha collaborato all’"Abécédaire de Michel Foucault" (Mons-Paris 2004) e all’"Abécédaire de Jacques Derrida" (Mons-Paris 2007). Tra le sue pubblicazioni: "Ascendances et…

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