Arte, moda e cultura del Novecento negli scatti di Condé Nast

Le fotografie d’archivio della casa editrice Condé Nast, acquisite dalla Pinault Collection, vanno in mostra a Venezia, fra le sale di Palazzo Grassi: una cavalcata per immagini attraverso i decenni del secolo scorso

Chronorama. Tesori fotografici del XX secolo, a cura di Matthieu Humery, propone una scelta di oltre quattrocento immagini tratte dagli archivi di Condé Nast, recentemente acquisiti dalla Pinault Collection. Ne sono autori 150 fotografi diversi: alcuni, celebri e osannati, ripropongono qui i loro capolavori; altri, caduti in dimenticanza, trovano ora la giusta occasione per essere riscoperti e apprezzati. Nel solco di questa traversata, che copre un arco di settant’anni e che si snoda lungo i diversi piani di Palazzo Grassi, ripercorriamo le tappe principali di una storia ininterrotta, quella appunto documentata dalle riviste della casa editrice americana, tra cui spiccano Vogue, indiscussa bibbia della moda, e Vanity Fair, accreditato faro del gusto e della cultura: affermatesi come regno del glamour patinato, c’è da rimarcare anche l’importanza del loro ruolo come palestra sperimentale grazie alla quale la fotografia si evolve e si perfeziona come forma d’arte autonoma.
Ciò che vi riscontriamo sarà un galateo estetico e un breviario di stile, un termometro e al tempo stesso un attivatore dello Zeitgeist, un osservatorio e una fonte di ispirazione. In questo diorama di tendenze non potrà non insinuarsi anche la storia politica e sociale, scandendo le varie tappe sul cammino delle conquiste civili e dell’evoluzione dei costumi, ma talvolta pure irrompendovi come tragedia, mettendo in scena l’atroce brutalità dell’orrore.
Sette decenni sfilano così sotto i nostri occhi, caratterizzati da diversi modi di mettere in posa il tempo oppure di sorprenderlo nella sua immediatezza, con modelle, attori, artisti ora bloccati in pose atteggiate ora colti nel ritmo dell’azione e nella flagranza della vita. E poi, lo sguardo sulle cose: architetture, interni, nature morte.

© Condé Nast. Installation view, CHRONORAMA. Photographic Treasures of the 20th Century at Palazzo Grassi, Pinault Collection, 2023. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi

© Condé Nast. Installation view, CHRONORAMA. Photographic Treasures of the 20th Century at Palazzo Grassi, Pinault Collection, 2023. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi

LE FOTOGRAFIE DI CONDÉ NAST IN MOSTRA A VENEZIA

In realtà questa epopea del bianco e nero ha una ouverture policroma in cui la fotografia non trova ancora posto: la mostra si apre infatti sulla moda dei primi Anni Dieci, quando questa ancora non si fidava del nuovo medium e preferiva continuare a far ricorso all’opera degli illustratori, con mannequin che sbocciavano come ninfee o crisantemi dentro i loro abbigliamenti variopinti e svolazzanti. Ma intanto sbocciavano anche le nuove condizioni della modernità, e un nuovo modo di comunicarle al pubblico: esemplare è una foto scattata poco dopo il 1910 da Paul Thompson che ritrae la dottoressa Mary Walker, “la prima donna che ha indossato i pantaloni in pubblico”. Sebbene mai pubblicata su una rivista del gruppo, questa immagine prelude a un diverso sguardo sul mondo, attento ai mutamenti della sensibilità sociale ma sintonizzato anche sulle rivoluzioni che si stavano compiendo in Europa nel contesto dell’arte e dello spettacolo. Nella decade seguente, i cosiddetti “anni ruggenti” trovano nella Condé Nast, che frattanto si sta imponendo come la più importante casa editrice di riviste nel mondo, un’interprete sofisticata e tempestiva, pronta a rispecchiare le tendenze delle arti e dell’architettura: alle sinuose forme organiche dell’Art Nouveau si preferiscono andature più austere e stilizzate in linea con le geometrie dell’Art Déco e la severità funzionale propugnata dal Bauhaus, e così troviamo un Paul Strand che ci mostra dettagli botanici come assiderati in un grafico nitore, o un Edward Steichen che costruisce intorno a una scultura di Brâncuși una suggestiva geometria d’ombre, o che si lancia nella pura astrazione con Moth balls and sugar cubes (1927).

LUSHA NELSON, Heavyweight boxing champion Joe Louis, 1935, Vanity Fair © Condé Nast

LUSHA NELSON, Heavyweight boxing champion Joe Louis, 1935, Vanity Fair © Condé Nast

STORIA E CULTURA NEGLI ARCHIVI DI CONDÉ NAST

Sullo scorcio del decennio la grande crisi del 1929 incrina bruscamente quella bolla di edonismo vitalistico e di esuberanza bohémienne e gli anni seguenti, fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, registreranno un ritmo diverso, dai toni più sofisticati e distaccati, ma con una messa in scena di un lusso più lavorato e ricercato, quasi per esorcizzare una realtà sempre più minacciosa. Horst P. Horst ne è l’interprete esemplare, con il suo sguardo fetish che anatomizza e pietrifica i corpi e li riqualifica come frammenti di statue, così come i manichini di André Kertész ci introducono negli agonizzanti fasti di un mondo sempre più disumanizzato, su cui incombe il macigno di una tragedia annunciata. Tra i tanti scatti che immortalano divi e modelle, immagini come quelle che colgono Stalin tra i suoi sudditi festanti o Churchill in una posa accigliata e presaga di future catastrofi ci preparano all’irruzione della tragica realtà del decennio seguente.
Gli Anni Quaranta non possono infatti non aprirsi se non con le devastanti immagini della guerra. Ed è significativo che le documentazioni più crude e realistiche provengano da due personalità che in un modo o nell’altro erano icone indiscusse della mondanità e della moda: Cecil Beaton e Lee Miller. Il primo sposta l’obiettivo dalle incarnazioni del glamour più sofisticato ai desolanti panorami di Londra bombardata, la seconda smette i panni di modella e come reporter documenta le atrocità dei campi di sterminio. Ma poco dopo, sulla scena europea, fenomeni come l’apertura di nuove case di moda, in primis la Maison Dior, saranno iniezioni di ottimismo per dimenticare i fantasmi della guerra e rimettere a punto le coordinate di un rinnovato spirito di ricerca e di una divampante energia.
Con gli Anni Cinquanta, definiti come “l’età d’oro della moda”, le foto che appaiono su Vogue, pur dando una visione idealizzata del modello di vita americano e offrendosi quindi come un’occasione di evasione, finiscono per offrire anche una spinta al processo di emancipazione femminile. L’arrivo di Diana Vreeland come direttrice di Vogue nel 1963 coincide poi con le grandi rivoluzioni sociali, politiche e culturali che si avranno in questo decennio, che ci viene proposto sotto il segno delle “deviazioni estreme”. Uno degli indiscussi protagonisti continua a essere Irving Penn, che per ben sessant’anni sarà collaboratore della casa editrice. Ed eccoci infine arrivati agli Anni Settanta, psichedelici e visionari, permissivi, aggressivi e trasgressivi. Ma da cui sembra emanare un sotterraneo sentore di fragilità, un non so che di vulnerabile ed effimero: ne è emblema e titolo di coda la prorompente, provocante, insinuante immagine della top model Gia Carangi in uno scatto del 1979 di Mike Reinhardt: patina smagliante di un animo tormentato, acme glorioso di una vita bruciata e di un destino tragico.

Alberto Mugnaini

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Alberto Mugnaini

Alberto Mugnaini, storico dell’arte e artista, si è laureato e ha conseguito il Dottorato di Ricerca all’Università di Pisa. Dal 1994 al 1999 ha vissuto a New York, dove è stato tra i fondatori del laboratorio di design “New York…

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