5 mostre da vedere al museo MAMCO di Ginevra

C’è ancora qualche giorno di tempo per visitare le mostre che il museo svizzero dedica ad alcuni personaggi chiave del panorama artistico recente. Da François Ristori al collettivo General Idea

Al MAMCO di Ginevra sta per concludersi un ciclo di mostre che saranno ricordate per aver dato un’ulteriore prova di come un’istituzione museale, partendo dalla valorizzazione delle opere della propria collezione e integrandole con ulteriori apporti, possa gettare nuova luce sulla storia dell’arte del nostro passato prossimo, rimescolando le carte e scoprendone di nuove, e incrementando così le potenzialità di irradiazione del proprio patrimonio culturale.
Con Pictures & After, a cura di Lionel Bovier, direttore del MAMCO, e di Julien Fronsacq, viene presentata al pubblico una delle raccolte più ricche e organiche messe insieme in questi ultimi anni grazie agli sforzi della Fondazione del museo e della sua associazione di amici e alla generosità di autori e donatori, comprendente opere della “Pictures Generation”, termine che designa oggi la generazione di artisti che ha incamerato nella propria opera e ridefinito in modo originale, intorno all’inizio degli Anni Ottanta, il regime di produzione e di distribuzione delle immagini. Interessante, tra le diverse superstar di quel periodo, la presenza di figure tutte da riscoprire come Nicole Gravier, Jennifer Bolande, Julia Wachtel.

Mierle Laderman Ukeles, installation view at MAMCO, Ginevra, 2023. Photo Annik Wetter

Mierle Laderman Ukeles, installation view at MAMCO, Ginevra, 2023. Photo Annik Wetter

DA MIERLE LADERMAN UKELES A FRANÇOIS RISTORI

La rassegna che vede poi protagonista l’americana Mierle Laderman Ukeles (Denver, 1939), a cura di Lionel Bovier ed Elisabeth Jobin, ci rivela una personalità abbastanza eccentrica nel novero delle correnti concettuali della cultura femminista degli Anni Ottanta, con una sua connotazione sociale e politica doverosamente posizionata sui temi dell’impegno civile, inteso come “manutenzione” domestica e civica, ma diretta in particolare alla teorizzazione e alla tutela del concetto di maternità, esaltata come ruolo cruciale della donna nella società e snodo esistenziale di primaria importanza nella vita di una donna-artista.
Un altro personaggio, compagno di strada dei più famosi Daniel Buren e Niele Toroni, che viene qui riportato in piena luce con una mostra a lui dedicata, a cura di Julien Fronsacq, è François Ristori (Eu, 1936 – Parigi, 2015): francese, tra gli Anni Sessanta e Settanta, come membro attivo del BMPT, un collettivo che intendeva spogliare la pittura di ogni carattere soggettivo e autoriale in favore di un procedimento impersonale e attuabile secondo schemi precostituiti, si era distinto per le sue Traces-Formes, che prevedevano un sistema di incastri di identiche sagome poligonali, variate in soli tre colori.
Nelle altre due fondamentali rassegne, dedicate rispettivamente a Ian Burn e al collettivo General Idea, scopriamo due situazioni, non certo familiari al pubblico italiano, in cui l’elaborazione concettuale e l’impegno politico e sociale si coniugano con la rivisitazione funzionale dei media canonici della pittura e del disegno.

Ian Burn, dal ciclo Value Added Landscape, installation view at MAMCO, Ginevra, 2023. Photo Annik Wetter

Ian Burn, dal ciclo Value Added Landscape, installation view at MAMCO, Ginevra, 2023. Photo Annik Wetter

LA MOSTRA SU IAN BURN

Ian Burn (Geelong, 1939 ‒ Bawley Point, 1993), australiano, è una delle figure meno note tra gli artisti gravitanti intorno al gruppo Art and Language, al quale si unì durante i suoi soggiorni a Londra e a New York. Si divise fra ricerca artistica perseguita secondo una prospettiva minimal-concettuale e attività giornalistica e sindacale, certo con la convinzione che fra le due pratiche non esistesse un confine così netto e che si prolungassero in qualche modo l’una nell’altra. La mostra, curata da Ann Stephen e suddivisa in cinque sezioni, ripercorre cronologicamente le varie tappe del suo percorso, il cui esito finale è rappresentato dalla serie Value Added Landscape (1992-93), composta da quadri di paesaggio acquistati nei mercatini ai quali sono sovrapposte lastre di plexiglas che riportano scritte e riflessioni sui meccanismi fisiologici e psichici della visione e sulle interferenze fra immagine e parola. Morì tragicamente mentre nuotava nel mare del Nuovo Galles del Sud.

General Idea, AIDS (Nauman), 1991, installation view at MAMCO, Ginevra, 2023. Photo Annik Wetter

General Idea, AIDS (Nauman), 1991, installation view at MAMCO, Ginevra, 2023. Photo Annik Wetter

LA STORIA DEL COLLETTIVO GENERAL IDEA

Infine ecco il sorprendente trio canadese composto da Jorge Zontal (Parma, 1944 ‒ Toronto, 1994), Felix Partz (Winnipeg, 1945 – 1994) e AA Bronson (Vancouver, 1946), i quali, nel 1969, a Vancouver, diedero vita al collettivo General Idea. Già protagonisti sei anni fa di una rassegna del MAMCO dedicata alla loro opera fotografica, in questa grande retrospettiva, a cura di Lionel Bovier e Claire Gilman, chief curator al Drawing Center di New York, emerge a tutto tondo la rilevanza e la portata internazionale della loro ricerca.
Iniziarono con l’elezione di una fantomatica Miss General Idea, una figura asessuata e dai contorni imprecisabili assurta a loro musa, protagonista di una proteiforme fiction in progress andata avanti per tredici anni. Poi, di fronte al dilagare dell’AIDS negli Anni Ottanta, che finì per portarsi via gli stessi Partz e Zontal, si dedicarono alla messa a punto di strategie di resistenza che prevedessero un confronto diretto con la malattia e proponessero un modo alternativo e trasversale di affrontarne le conseguenze: l’arte diventa strumento di opposizione, di irrisione e di esorcismo, rimescola l’ordine dei valori, cercando di disinnescare le cariche colpevolizzanti del sentire comune. Così la parola LOVE, che campeggia come una sorta di logo generazionale nella famosissima opera di Robert Indiana, viene traslitterata in AIDS, additando la sigla che contrassegna il morbo come l’altra faccia della medaglia dell’amore, e rivestendo di un lettering familiare e accattivante una parola maledetta, avvolta da un alone sinistro. Quest’effetto di catarsi, raggiunto attraverso una full immersion a viso aperto nell’inferno che si intende esorcizzare, viene addirittura amplificato nel 1991 con un ulteriore “furto ad arte”, tappezzando cioè con le suddette lettere un corridor in stile Bruce Nauman, cosicché lo spettatore, in questo percorso claustrofobico, possa quasi fondersi emotivamente in un’atmosfera di amore e morte.
AA Bronson, unico sopravvissuto dei tre, ha continuato a portare avanti il discorso del collettivo: sono suoi i 250 disegni provenienti dal newyorkese Drawing Center aventi come tema il suddetto virus, rappresentato e caricaturalizzato in ogni possibile guisa: ce lo ritroviamo raffigurato e moltiplicato sotto forma di scarafaggi, amebe, tuberi, escrescenze, ghiandole, visceri ghignanti e buffoneschi, con uno spirito che si potrebbe definire quasi carnevalesco, dando voce, corpo e colore a una vitalità creativa in grado di ancorare all’eredità del passato le tematiche incombenti sul nostro presente.

Alberto Mugnaini

Ginevra // fino al 18 giugno 2023
Pictures & After
Mierle Laderman Ukeles
François Ristori
Ian Burn
General Idea
MAMCO
Rue des Vieux-Grenadiers 10
https://mamco.ch/

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Alberto Mugnaini

Alberto Mugnaini

Alberto Mugnaini, storico dell’arte e artista, si è laureato e ha conseguito il Dottorato di Ricerca all’Università di Pisa. Dal 1994 al 1999 ha vissuto a New York, dove è stato tra i fondatori del laboratorio di design “New York…

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