A Milano la mostra-omaggio a Emilio Tadini

L’artista milanese dimostra ancora una volta la sua attualità grazie alla monografica che gli dedica la galleria Giò Marconi. Scene allo stesso tempo paradigmatiche e specifiche rappresentano alla perfezione l’immaginario collettivo dell’epoca e di oggi

L’esposizione che Giò Marconi dedica a Emilio Tadini (Milano, 1927-2002) conferma pienamente la modernità e l’attualità della sua opera: negli spazi della galleria, che abitualmente ospitano la sperimentazione contemporanea, non stona affatto la presenza di lavori realizzati nel 1971. I vent’anni dalla morte di Tadini vengono celebrati dunque riproponendo un singolo ciclo, Viaggio in Italia. Metafisico e pop, grafico e pittorico, l’artista-letterato milanese è qui al suo meglio per capacità di sintesi, carica simbolica, acutezza nel descrivere e allo stesso tempo mettere alla berlina la società di massa.
Momenti di vita quotidiana, oggetti di consumo, simboli di vanità e presunta bellezza, opere d’arte e paradossali scene guerresche convivono in una piccola ma esaustiva gamma dell’immaginario collettivo dell’epoca (e di oggi). Il tutto screziato da una nota malinconica, surreale e psicanalitica, in un teatro dell’assurdo accentuato dagli sfondi ipotetici, bianchi e vuoti.

Emilio Tadini, Viaggio in Italia, 1972, acrilico su tela, 100x81. Courtesy Gió Marconi, Milano

Emilio Tadini, Viaggio in Italia, 1972, acrilico su tela, 100×81. Courtesy Gió Marconi, Milano

LA MOSTRA DI TADINI A MILANO

Per quanto affacciate sul mondo, sono in effetti visioni interiori quelle immaginate da Tadini nel suo Viaggio in Italia: scene mentali, come accumulazioni di immagini impresse in un cervello sovreccitato da un bombardamento di stimoli che ha selezionato arbitrariamente cosa trattenere e cosa abbandonare all’oblio. In fondo, uno spaccato dell’immaginario collettivo allo stesso tempo fedele e felicemente tendenzioso.
Lo stile segue l’idea con perfetta sincronia. La dimensione pittorica sembra lasciare spazio alla precisione delle linee e alla piattezza di stampo pop, ma si riaffaccia trionfante grazie alla raffinatezza e alla sottigliezza delle variazioni interne che attraversano le varie porzioni del dipinto. E allo stesso tempo si entra in una dimensione parodistica della pittura stessa, che viene messa in discussione dall’interno e si presenta contrita, discreta, quasi evanescente agli occhi dello spettatore.

TADINI POP E METAFISICO

Difficile non lasciarsi “inghiottire” da scenari come quelli delineati nel dipinto con una dimessa figura femminile che si aggira tra un dolmen e una metafisica fontana, con bagagli e altri poveri oggetti quotidiani pronti all’uso; oppure nel quadro dove un’opera di Calder si divide lo spazio con un lettino da ambulatorio (o da psicanalista, verrebbe da pensare).
La forza di queste scene risiede in fondo nella loro capacità di essere allo stesso tempo paradigmatiche e specifiche, arbitrarie e precisissime nel rappresentare possibilità e miserie dell’individuo contemporaneo. La breve strada della creazione di una Pop Art all’italiana, per quanto mai perseguita fino in fondo, rimane comunque lastricata di capolavori, come quelli del Viaggio in Italia di Tadini.

Stefano Castelli

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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