“Nel Piccolo Principe si legge che l’essenziale è invisibile agli occhi. Ciò che conta non è facile da individuare: per questo ho scelto di comunicare qualcosa attraverso forme austere”, spiega Lupo Horiokami (Vicenza, 1979) commentando la sua prima mostra di design, dopo ventitré anni di esperienza a livelli alti nel mondo del tatuaggio giapponese. Si tratta di Cerimony of Separation, allestita presso CAVE, nuovo spazio espositivo della galleria Contemporary Cluster, a Palazzo Brancaccio a Roma.
Forme totemiche dalle parvenze inaccessibili, rese in uno stile minimale e pregne di una significazione filosofica: “Nella creazione dei miei oggetti seguo il principio del Wabi Sabi, quella forma estetica che racconta la bellezza dell’imperfezione”. Il richiamo è all’arte del Kintsugi, la tecnica di fine riparazione con l’oro. L’oggetto è in sé immanente, conserva ferite, diagonali, forme vertiginose, avvolte da una grazia raccolta, non ostentata.

LUPO HORIOKAMI E IL GIAPPONE
Oltre al nome, Lupo Horiokami eredita dal Giappone la vocazione per la fragilità, facendo propria una ricerca introspettiva che si traduce in una originale carica creativa. Il messaggio è lineare e insieme polisemico. Fogge e figure non sono mai casuali: “Utilizzo materiali come il bronzo, il legno, il marmo perché sono naturali. Derivano dal fuoco, dagli alberi, dalla roccia”, una scelta dettata da più motivazioni. “Usando più tipi di superfici posso comunicare emozioni diverse. Prediligo materiali duri, pesanti, che conservano un intimo sogno di eternità, ma che in realtà sono soggetti all’usura del tempo. Pensiamo agli antichi egizi: la loro cultura funebre era rilevante, aspiravano a farsi ricordare, ma neanche le piramidi sono per sempre. Nei miei pezzi di design c’è sia il concetto giapponese della materia che si consuma, sia la tenacia dell’oggetto a resistere. Due aspetti opposti che sono in realtà complementari”, spiega l’artista, svelando nella sua arte anche la presenza di una componente europea. Nei pezzi di Lupo, infatti, si può riconoscere uno studio che prende le mosse da Carlo Scarpa e dal brutalismo francese senza dimenticare il decò e l’estetica Anni Trenta.
Gli oggetti in mostra sembrano richiamarsi a quei matières brutes di cui scrisse Le Corbusier, i quali esprimono la propria forza espressiva attraverso una natura grezza, legandosi al nuovo spazio CAVE: una sala-grotta, con soffitti a volta, il cui pavimento è stato rivestito da uno strato di smalto che gli conferisce un aspetto bagnato, dunque naturale.

LA MOSTRA DI HORIOKAMI A ROMA
Il titolo della mostra, scelto per la sua versatilità, si connette al vissuto dell’artista: “Del distacco, del lutto o di una maturazione non si parla mai, ma sono aspetti molto presenti nella nostra vita. Finché non ci toccano non li consideriamo, poi cominciamo a elaborare qualcosa. La separazione non è sempre negativa, può indicare anche quell’attimo in cui si comincia a camminare con le proprie gambe”. La dualità cui l’arte di Lupo si presta è evidenziata anche dalla insistita bicromia di ispirazione taoista. Non esiste una sola verità: nulla è solo bianco o solo nero. Ogni cosa è in mano alla relatività che ne governa i delicati equilibri nel grande ciclo della vita che comprende anche la morte.
Dopo tanti anni nel mondo del tatuaggio l’artista racconta di essersi addentrato in un ambiente nuovo, fatto di stilisti, di artisti, in una posizione di apertura sincera e di ascolto: “Sento di avere qualcosa da dire, di voler esprimere il mio punto di vista ed è bello anche vedere come tante persone leggano nei miei oggetti cose diverse. Se un oggetto comunica qualcosa, vuol dire che sono stato in grado di dargli la possibilità di comunicare e questo è impagabile”. Per amore del tatuaggio, Lupo Horiokami ha deciso di misurarsi anche con arti diverse, cominciando con un tipo di design espressivo che vira verso l’oggetto d’arte e aspirando a una formazione artistica a 360 gradi, dinamica e sperimentale.
‒ Francesca de Paolis
http://www.mushintattoo.com/mushin/horiokami/
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