Le gallerie di Torino reagiscono alla pandemia: 10 mostre da vedere in città

EXHIBI.TO è il titolo dell’edizione 0 della rassegna che ha coinvolto un gran numero di gallerie torinesi. A riprova che l’unione fa la forza in situazioni difficili come quella attuale. Noi abbiamo visitato tutte le mostre e ve ne consigliamo 10.

Dal 21 al 28 settembre 2020 si è svolta la manifestazione EXHIBI.TO, la settimana dell’arte contemporanea a Torino. Una “puntata zero” di un’iniziativa nata dall’idea di Alessio Moitre (Galleria Moitre) – subito seguita con entusiasmo da parte di ben 34 gallerie e associazioni culturali torinesi (con inaugurazioni in giorni e orari diversificati) distribuite in tutta la città – di dare un forte segnale di ripartenza dopo la chiusura forzata a causa della pandemia. La rassegna ha presentato al pubblico le proposte artistiche in apertura della stagione autunnale, anticipando la consueta settimana di Artissima, che quest’anno andrà in scena in versione ridotta, senza la fiera a fare da traino.
Una mappa delle gallerie e delle mostre è stata distribuita in svariati punti di interesse della città, per guidare i visitatori in una sorta di pellegrinaggio d’autunno davvero ricco di interesse. Noi le abbiamo visitate tutte: benché ogni mostra sia meritevole di nota, abbiamo stilato per voi una top 10, considerabile come “le prime 10 gallerie da visitare”, poiché sarebbero tutte menzionabili per il coraggio di mettersi in gioco.

Federica Maria Giallombardo

START – COLLETTIVA 0 – GALLERIA UMBERTO BENAPPI

Nicola Bolla, Mandala, 2020, carte da gioco, diam. cm 200. Courtesy Galleria Umberto Benappi, Torino

Nicola Bolla, Mandala, 2020, carte da gioco, diam. cm 200. Courtesy Galleria Umberto Benappi, Torino

In attesa di ammirare la prevedibile raffinatezza della selezione dello stand per FLASHBACK 2020 (Pala Alpitour, dal 5 all’8 novembre), la Galleria Umberto Benappi propone una collettiva di capisaldi dell’arte contemporanea: Mondino, Burri e soprattutto Nicola Bolla, che padroneggia nel magnifico spazio espositivo con un’installazione costituita da carte da gioco – “un enorme tiro a segno che attende che si faccia centro”, come lo ha definito un altro artista, Agostino Arrivabene, in visita con noi in videochiamata, “a distanza di sicurezza!” – e con il celeberrimo scheletro di Swarovski all’ingresso. La storia degli artisti e degli intellettuali che hanno varcato quella soglia trasuda dal parquet, dai tendaggi e dalle pareti, ma anche dall’atmosfera che le opere emanano; le stesse opere che spesso sono nate proprio dallo scambio culturale con esponenti “illuminati” di gallerie storiche come la Benappi. La risposta lampante al perché Torino sia considerata uno dei cuori pulsanti dell’arte contemporanea.

MAGDA (SIMONE MUSSAT SARTOR E PIERFRANCO GIOLITO) – MAGDA_T_HOME // SIMONE STUTO – MORPHÉ ‒ RICCARDO COSTANTINI CONTEMPORARY

Magda_t_Home. Installation view at Riccardo Costantini Contemporary, Torino 2020

Magda_t_Home. Installation view at Riccardo Costantini Contemporary, Torino 2020

La bottega rinascimentale era una sorta di grande comunità con una struttura organizzata, rispettosa delle diverse capacità di allievi e maestri. Ogni opera (cicli di affreschi, dipinti, sculture oppure oggetti decorativi) era frutto di tante competenze e del contributo di più maestranze; solo una precisa ripartizione garantiva a una bottega di essere efficiente, affrontare diverse commissioni in contemporanea e garantire i tempi di consegna. Oltre al capo, c’erano apprendisti di diverse età, operai salariati ma anche maestri fissi e ospiti, spesso provenienti da altre città, che ricevevano vitto e alloggio in cambio del loro sapere. Riccardo Costantini riproduce negli spazi della sua galleria, come un capo bottega, la ripartizione delle competenze artistiche, ospitando sia il brand torinese di design MAGDA | Magda_t_home (aka Simone Mussat Sartor e Pierfranco Giolito, dalle navigate competenze) sia il sorprendente giovane artista siciliano Simone Stuto. Da una parte, librerie, portariviste e comodini in ferro, specchi e pellame – un artigianato “artistico” tanto quanto molte installazioni che si possono osservare per fiere e gallerie d’arte – dall’altra, disegni su tavola e su carta simili ai bestiari medievali e a visionari mostri alla Doré accostati a ritratti surreali resi enigmatici da panneggi e bottoni – “Il disegno è il fulcro della mia ricerca artistica ed espressiva, volto alla rappresentazione di un immaginario personale che guarda alla carne e allo spirito”, ci dice Stuto. Un tentativo riuscito e affascinante di studio comparatistico.

ILARIA GASPARRONI – UNMADE ‒ GAGLIARDI E DOMKE CONTEMPORARY

Ilaria Gasparroni. Unmade. Exhibition view at Gagliardi e Domke Contemporary, Torino 2020

Ilaria Gasparroni. Unmade. Exhibition view at Gagliardi e Domke Contemporary, Torino 2020

Precedentemente, la galleria Gagliardi e Domke ci aveva stupito per l’ospitalità e la delicatezza con cui aveva ricevuto i visitatori subito dopo il lockdown. Né cangia stile in questa occasione: meritevole nuovamente di menzione, lo spazio accoglie la personale UNMADE di Ilaria Gasparroni, la scultrice abruzzese vincitrice del Premio Speciale Gagliardi e Domke assegnato in occasione di Arteam Cup 2019. L’emotività e il preziosismo – trasmessi dal marmo all’ambiente e viceversa, in un felice scambio di eleganze – delle installazioni di Gasparroni riflettono in verità, nella loro lampante armonia, una mancanza; come afferma la stessa artista, è la metafora della “visione dell’uomo di oggi che vive in una realtà caotica e senza valori, che agisce con l’unica prospettiva di abbattere tutte le cose belle che abbiamo intorno come la natura, il cosmo e lo stesso essere umano; diventa fondamentale tornare indietro nella memoria fino ai ricordi della nostra infanzia e riscoprire così la nostra purezza”.
L’invito a immergersi nei ricordi e a contemplarli rimane aperto ai visitatori: accettarlo pare naturale, come un’onda coinvolgente nel flusso dei pensieri.

DANIELE GALLIANO – UNA PAZZA FELICITÀ ‒ METROQUADROARTE

Daniele Galliano, Una pazza felicità, 2019. Courtesy Metroquadroarte, Torino

Daniele Galliano, Una pazza felicità, 2019. Courtesy Metroquadroarte, Torino

Molti lo considerano uno dei capisaldi della pittura contemporanea italiana; e di recente, con Pittori fantastici nella Valle del Po – presso il PAC (Padiglione di Arte Contemporanea) di Ferrara, organizzata dal Servizio Musei d’Arte del Comune e dalla Fondazione Ferrara Arte e curata da Camillo Langone – non si può che confermare la valutazione: Daniele Galliano e la sua pittura fotografica “di flusso” mettono d’accordo tutti, conquistando sia i detentori dell’arte figurativa sia i ricercatori di afflati astrattisti. Presso Metroquadroarte, la personale Una pazza felicità esplora ancora i temi cardini dell’artista, ovvero la folla, la collettività e la ritualità dell’incontro e la libertà dell’uomo quando si immerge nella natura. Sono presenti, però, anche ritratti rubati alla sfera privata; i soggetti sembrano sospesi tra campiture di colore emozionale, eppure appaiono contestualizzati negli ambienti delle loro case. La pittura è fatta di mosse psicologiche, fermenti e fremiti d’esistenza; di fioriture d’allegria e di ponderatezze statuarie. Fortunatamente, Galliano non lo dimentica mai e lo rende palpabile agli occhi del visitatore.

SAM FALLS – TONGUES IN TREES, BOOKS IN BROOKS, SERMONS IN STONES ‒ GALLERIA FRANCO NOERO

Sam Falls. Tongues in Trees, Books in Brooks, Sermons in Stones. Installation view at Galleria Franco Noero, Torino 2020. Courtesy the artist & Galleria Franco Noero. Photo Sebastiano Pellion di Persano

Sam Falls. Tongues in Trees, Books in Brooks, Sermons in Stones. Installation view at Galleria Franco Noero, Torino 2020. Courtesy the artist & Galleria Franco Noero. Photo Sebastiano Pellion di Persano

Colori impressionanti, vibranti come su lastre fotografiche sfalsate in colori da cubismo orfico; tele rilegate come libri – o libri dissolti nella dimensione della tela: gli esiti imprevedibili delle tecniche pittoriche della nuova serie di opere di Sam Falls vengono messi in risalto dalla mostra presso la Galleria Franco Noero. D’obbligo lasciare la parola all’artista, che ha redatto il testo di sala: “Lo scheletro della nostra gabbia toracica e le vene di una foglia sono insieme struttura di sostegno e fonte di salute. Un bel dipinto può rispecchiare la fissità quieta e la bellezza di una pianta; la pianta, se presa a soggetto, narra di un luogo e può ispirare il processo con il quale si crea arte […]. A volte è difficile immaginare cos’altro potrebbe essere necessario se non i nostri corpi e le piante agli estremi come fermalibri e lo spazio della natura nel mezzo. Le nostre spine dorsali sorreggono l’infinito e il momentaneo, come la costa di un libro o lo stelo di un fiore […]. La copertina di un libro può esprimere il tempo, comunicare idee che estendono la loro durata nei secoli. Come in un albero, c’è una bellezza innata, semplice e misteriosa nella copertina consunta di un libro non letto, qualcosa di sincero ed eterno, come le parole nascoste al suo interno”. Nulla di meglio da aggiungere.

GREGORIO BOTTA – È MATERIA DELICATA ‒ PEOLA SIMONDI ARTECONTEMPORANEA

Gregorio Botta. Materia delicata. Courtesy Galleria Peola Simondi, Torino. Photo Beppe Giardino

Gregorio Botta. Materia delicata. Courtesy Galleria Peola Simondi, Torino. Photo Beppe Giardino

Nuova collaborazione (e nuovo nome) per la galleria Peola Simondi Artecontemporanea, che propone una mostra calzante per l’occasione: È materia delicata di Gregorio Botta rappresenta infatti una rassegna dotta e ponderata sulla materia e la fisicità dell’opera d’arte e dell’osservatore che la ammira. Botta riporta in auge con estrema proporzione e deferenza il nostro DNA culturale, con una pratica quasi ascetica, esegetica, consapevole del retaggio della pittura di sacre icone – si vedano i riferimenti a Beato Angelico, il sangue nella cera dei  Noli me tangere; ma anche l’uso della foglia oro, emblematico nelle miniature e nelle pale d’altare – della materia che segna le età dell’uomo – accostamenti di piombo, vetro, ferro e alabastro – e del cruciale rapporto tra arte e natura – fuoco, acqua, foglie, erbe e fiori sono infatti elementi custoditi quali misteri impenetrabili. La mostra più commovente, spirituale e preziosa dell’intera rassegna (e in assoluto una delle migliori della stagione), realizzata attraverso progressivi spasimi di bellezza.

COSTAS VAROTSOS – EUROPA 2 ‒ GALLERIA GIORGIO PERSANO

Costas Varotsos, Europa 2, 2020. Courtesy Galleria Giorgio Persano, Torino. Photo Nicola Morittu

Costas Varotsos, Europa 2, 2020. Courtesy Galleria Giorgio Persano, Torino. Photo Nicola Morittu

La galleria Giorgio Persano inaugura il nuovo spazio di via Stampatori 4 con la personale di Costas Varotsos, Europa 2: un’unica omonima opera che rappresenta le 27 bandiere degli Stati membri dell’Unione Europea, stampate a grandi dimensioni su vetro e infrante sul pavimento. L’installazione rischia di apparire didascalica, ma è nella sua scrupolosità che si riflette la condizione snervante dell’Unione Europea, andata in frantumi crisi dopo crisi, pregiudizio dopo pregiudizio – con le parole di Varotsos, “è come se portassimo la bandiera della Comunità Europea e ci cadesse di mano”. Il vetro rotto restituisce alla perfezione l’inquietudine politica; ma è anche un modo per infrangere le barriere tra nazioni e ripartire nella costruzione di un unico mosaico. La lettura è di una chiarezza inequivocabile e disarmante.

HENRI CHOPIN – BODY SOUND SPACE ‒ QUARTZ STUDIO

Henri Chopin, Body Sound Space, 2020. Installations view at Quartz Studio, Torino. Courtesy Giannantonio Morghen & Quartz Studio, Torino. Photo © Beppe Giardino

Henri Chopin, Body Sound Space, 2020. Installations view at Quartz Studio, Torino. Courtesy Giannantonio Morghen & Quartz Studio, Torino. Photo © Beppe Giardino

Corpo, Spazio, Suono: tre estroflessioni della poesia, dalle origini a oggi. Lo ricorda a noi l’artista parigino Henri Chopin, il quale nello spazio di Quartz Studio propone partiture musicali che restituiscono il valore del significante tramite lettere, lemmi e grafemi, in una danza di trame, schemi e forme che scandiscono il ritmo delle pagine dattiloscritte (Dactylopoems). Nel corso della sua vita, Chopin ha sfidato prigioni fisiche – la drammatica esperienza della guerra e dei campi di concentramento – e intellettuali – pregiudizi e limitazioni regolati dalla parola. L’uso della tecnologia ha permesso all’artista di sopraffare la tirannia del linguaggio: nel contesto meccanico e ripetitivo della digitazione, la poesia sonora è composta da pura energia creativa, senza un significato pregresso. Una proposta coerente con l’alta qualità delle esposizioni di Quartz.

TIZIANA E GIANNI BALDIZZONE – TRAVELLING WITHOUT MOVING ‒ RAFFAELLA DE CHIRICO

Tiziana & Gianni Baldizzone, L’ossessione del blu, dalla serie Transmissions, Mali, 2011. Courtesy Raffaella De Chirico Arte Contemporanea, Torino

Tiziana & Gianni Baldizzone, L’ossessione del blu, dalla serie Transmissions, Mali, 2011. Courtesy Raffaella De Chirico Arte Contemporanea, Torino

È provvidenziale viaggiare senza spostarsi (soprattutto dopo le vicissitudini recenti); sembra non solo legittima, ma addirittura soprannaturale l’intenzione che coinvolge i dettagli del mondo per non lasciarli inabissare nella dimenticanza, nel flusso estenuante di input, e che racchiude i particolari in assoluti frammenti di vita – in “toppe di inesistenza”, come scriverebbe il poeta Sereni. Tiziana e Gianni Baldizzone hanno realizzato, nel corso della loro vita, reportage fotografici che intrecciano memoria collettiva e ricordo personale; oggi, presso la galleria Raffaella De Chirico, la loro prima personale Travelling without moving celebra il movimento in ogni sua forma: dalle testimonianze di trasmigrazioni in Siberia al nomadismo delle popolazioni della Mauritania; dal monito della velocità, segnalato nelle strade della Mongolia con il cadavere di un’auto (impalato proprio come una testa decapitata durante un assedio), allo spostamento metaforico che permette alle generazioni passate di trasmettere saperi e valori a quelle future, simboleggiato dal tintore di stoffe e artista maliano Aboubakar Fofana, immortalato durante la complessa lavorazione del colore indaco, trasmessa ancora dagli anziani dei villaggi africani (scatto iconico che fa anche parte di una mostra antologica al Museo del Risorgimento di Torino, Transmissions. People to People, visitabile in contemporanea alla mostra in galleria). Si aggiunga la classe innata, i modi gentili da intellettuali sicuri e l’umiltà con cui i due artisti catturano, nel paesaggio dei loro occhi, l’animo dei visitatori che si ritrovano coinvolti in un cammino di formazione nella fissità dello spazio espositivo – without moving, appunto.

GIOVANNI CHIAMENTI, NICOLA MELINELLI, ENRICO TEALDI – CITÈRA ‒ SOCIÈTÈ INTERLUDIO

Citèra. Installation view at Société Interludio, Torino 2020. Photo S. Mattea

Citèra. Installation view at Société Interludio, Torino 2020. Photo S. Mattea

Cerìgo o Citèra è l’isola greca a sud del Peloponneso associata a Cipro; si pensava perciò fosse la patria di Afrodite. Ma è anche uno dei territori maggiormente depredati nel corso della storia: infatti, ogni grande popolo si contese Citèra, dai siculo-normanni ai turchi ai veneziani; tutti volevano possedere quell’isola al centro dello scacchiere mediterraneo, avvolta com’era dal mistero della sua tragica bellezza. E poco importa se a ogni conquista sia naufragata rovinosamente: la “casa di Venere” permane come archetipo del locus amoenus, affidata ai sogni dei poeti e alle visioni degli artisti che la celebrano e che da essa vengono ispirati. Presso Sociètè Interludio, “lo spazio espositivo diventa la mimesi dell’interno di una villa di un tempo lontano e non definibile. Luoghi intimi che sono stati vissuti e amati, adesso sono lasciati al silenzio dell’abbandono. Ma dopo l’abbandono, dopo la rovina, c’è il verde, che ritorna. Ci sono i fiori, che continuano a rifiorire, anche se più nessuno se ne cura”. Circondati dalla pittura di Enrico Tealdi e dalle sculture di Giovanni Chiamenti e Nicola Melinelli, si viene trasportati alle porte della nostalgia di un tempo mai attraversato – i romantici tedeschi la chiamavano Sehnsucht, ovvero lo struggimento per situazioni e stati d’animo in realtà mai vissuti ma evocati mentalmente. Con un testo critico dal calibrato lirismo (Sbarco a Citèra di Simona Squadrito), la mostra è una perla rara nel panorama torinese; subito dopo la mostra presso Peola e Simondi, si può considerare la più interessante proposta della rassegna.

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Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo nasce nel 1993. Consegue il diploma presso il Liceo Scientifico Tradizionale “A. Avogadro” (2012) e partecipa agli stage presso l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Biella (2009-2012). Frequenta la Facoltà di Lettere Moderne presso l’Università degli Studi…

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