La grande mostra su Guido Reni a Madrid

Al Prado una mostra e un convegno dedicati alla pittura di uno dei maestri più discussi del Barocco italiano. Con qualche sorpresa

Non serve una ricorrenza biografica per celebrare Guido Reni (Bologna, 1575-1642). Per allestire una mostra ambiziosa e appassionante è necessario invece lo sforzo di istituzioni come il Museo del Prado (in collaborazione con lo Städel Museum di Francoforte) in grado di riunire un centinaio di opere provenienti da 40 istituzioni pubbliche e private di tutto il mondo (tra le quali 22 dall’Italia), che raccontano al pubblico del XXI secolo l’arte di uno dei grandi maestri del Seicento bolognese.
La mostra antologica dedicata a Guido Reni, allestita fino al 9 luglio a Madrid, è il frutto dell’impegno scientifico, organizzativo ed economico dell’équipe del Prado, capitanata da David García Cueto, a capo del dipartimento di pittura italiana e francese (fino all’Ottocento) del Prado. Per l’importanza dei prestiti e le dimensioni di alcune tele esposte è davvero “una mostra irripetibile” – come sottolinea Miguel Falomir, direttore del museo – “che si gode con gli occhi, ma anche con la mente”.

Guido Reni, Davide decapita Golia, 1606-07. Remagen, Arp Museum Bahnof Rolandseck. Sammlung Rau für UNICEF

Guido Reni, Davide decapita Golia, 1606-07. Remagen, Arp Museum Bahnof Rolandseck. Sammlung Rau für UNICEF

CHI ERA GUIDO RENI

Agli occhi dei contemporanei, tuttavia, il “divino Reni potrebbe sembrare forse un pittore un po’ “noioso”, dal classicismo algido, che incarna ideali estetici e religiosi lontani dalla nostra sensibilità. La mostra al Prado svela invece in tutta la sua magnificenza la varietà tematica e la maestria tecnica del pittore bolognese, fra gli artisti più prolifici e longevi del Barocco italiano. Non a caso, Guido Reni fu celebre in vita tra i collezionisti di tutta Europa, ma soprattutto modello per intere generazioni di pittori, tra i quali anche gli spagnoli Murillo, Zurbarán e Velázquez. Ogni secolo, però, si sa, ha le sue mode e, durante il Romanticismo e la prima metà del Novecento, l’opera di Reni – come del resto di tutta la Scuola bolognese, Carracci compresi – perse d’interesse; tanto che il meraviglioso Ippomene e Atalanta, il massimo capolavoro dell’artista appartenente alle Collezioni Reali del Prado, fino agli anni Settanta fu relegato in deposito nella “periferica” Granada.

Guido Reni, exhibition view at Museo Nacional del Prado, Madrid, 2023. Photo © Museo Nacional del Prado

Guido Reni, exhibition view at Museo Nacional del Prado, Madrid, 2023. Photo © Museo Nacional del Prado

LA MOSTRA SU GUIDO RENI AL PRADO

La mostra di Madrid è innanzitutto un’ottima occasione di rilettura e approfondimento dell’opera di un pittore straordinario, forse oggi non così noto e popolare, soprattutto in Spagna. Concepita in undici sezioni, intreccia le vicende biografiche dell’artista ‒ attivo tra Bologna, Roma e l’Emilia-Romagna – ai temi spesso ricorrenti nei suoi dipinti. Il visitatore è subito attratto e sorpreso dal frequente gioco di specchi, di similitudini e di varianti tra opere dello stesso soggetto o di ambientazione simile.  Alcune sono firmate da Reni stesso, come lo scenografico accostamento fra le due versioni del mito di Ippomene e Atalanta, quella del Prado e quella proveniente da Capodimonte; altre da autori precedenti, come Tiziano, o contemporanei, come Annibale Carracci, Caravaggio, Ribera e Domenico Guidi.
Il dialogo non si limita alla pittura, ma sconfina nella scultura classica e barocca di Alessandro Algardi, Tomaso Fedele o Giovan Battista Morelli, che si riflette nelle forme plastiche delle tele di Guido Reni (e viceversa): gli incarnati e le anatomie michelangiolesche si uniscono ai movimenti di drappi di sete bolognesi, creando sulla tela avvolgenti effetti di tridimensionalità.
La mostra di Madrid offre inoltre l’occasione di ammirare per la prima volta insieme più di 70 dipinti di Reni, oltre ai capolavori del Prado come La Vergine della Sedia, La Ragazza con la rosa e San Sebastiano, sfavillanti grazie anche ai recenti restauri. Il percorso espositivo alterna opere di medio formato – che ritraggono santi e sante, eroine mitologiche o scene bibliche – alle gigantesche tele per pale d’altare, alcune affollate di personaggi, con scene di forte drammaticità. È il caso de Il trionfo di Giobbe, miracolosamente scampato all’incendio di Notre-Dame, o dell’altrettanto spettacolare scena della Strage degli innocenti, opera simbolo della Pinacoteca Nazionale di Bologna.  Fra i tanti lavori interessanti spiccano il raffinato Davide con la testa di Golia proveniente da Orleans (accostato alla versione più drammatica di Remagen e allo stesso soggetto dipinto da Caravaggio); La Caduta dei giganti di Palazzo Mosca a Pesaro; la Salomé con testa di San Giovanni Battista della Galleria Corsini di Roma e l’estatico San Francesco della Galleria Colonna. Ma è nei due piccolissimi olii su rame dedicati a Santa Apollonia, del Prado, che sorprende la mano delicata, quasi miniaturista di Reni, degno allievo del fiammingo Denis Calvaert nel curare i più piccoli dettagli di ogni soggetto.

Guido Reni, La strage degli innocenti, 1611. Bologna, Pinacoteca Nazionale. Per concessione del Ministero della Cultura

Guido Reni, La strage degli innocenti, 1611. Bologna, Pinacoteca Nazionale. Per concessione del Ministero della Cultura

IL LATO MENO NOTO DI GUIDO RENI

Di fronte alla maestria tecnica di un pittore in grado di creare grandi tele affollate di personaggi, così come piccole scene miniaturiste; alla sensibilità di un artista che dipinge atletici corpi in pose plastiche, sensuali incarnati, idealistici ritratti di dee e di eroine dell’antichità, ma anche realistici volti di anziani profeti, i lati oscuri dell’uomo Guido Reni restano forse in secondo piano. Il “divino” Reni ‒ appellativo che già i suoi contemporanei gli attribuiscono per l’indubbia capacità di trasporre sulla tela il senso del soprannaturale – a fine carriera cambia stile, tecnica e materiali, forse per produrre con maggior rapidità opere destinate a un mercato sempre più esigente; o forse solo per la necessità impellente di denaro a causa dell’incontenibile ludopatia. Lo stile “non finito” dell’età matura rivela parte dei lati oscuri della personalità del pittore, una figura che ancora oggi resta avvolta da luci e ombre: oggetto di invidia dai suoi contemporanei, dai posteri sospettato di viziosità, misoginia e omosessualità.

Guido Reni, exhibition view at Museo Nacional del Prado, Madrid, 2023. Photo © Museo Nacional del Prado

Guido Reni, exhibition view at Museo Nacional del Prado, Madrid, 2023. Photo © Museo Nacional del Prado

UN CATALOGO APPROFONDITO E UN CONGRESSO INTERNAZIONALE

All’approfondimento dell’opera di Guido Reni il Museo del Prado contribuisce non solo con questa bella retrospettiva, ma anche con un importante catalogo illustrato di quasi 500 pagine, la prima pubblicazione monografica sull’autore edita in Spagna. A cura di David García Cueto, il catalogo è corredato di interessanti saggi scritti dai massimi esperti d’arte del Barocco, fra i quali gli italiani Daniele Benati, Viviana Farina, Raffaella Morselli, Lorenzo Pericolo e Stefano Pierguidi.
Il 15 e 16 giugno, inoltre, si terrà a Madrid il congresso internazionaleGuido Reni: nuovi studi scientifici”, con la partecipazione di specialisti del settore e di giovani studiosi anche italiani, evento dedicato alla memoria del professor Charles Dempsey, scomparso nel 2022, autore di studi fondamentali sulla pittura bolognese.

Federica Lonati

Madrid // fino al 9 luglio 2023
Guido Reni
MUSEO NACIONAL DEL PRADO
Paseo del Prado
https://www.museodelprado.es/

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Federica Lonati

Federica Lonati

Federica Lonati (Milano, 1967), giornalista professionista italiana, dal 2005 vive a Madrid. Diploma al Liceo Classico di Varese e laurea in Lettere e Filosofia all’Università Cattolica di Milano, si è formata professionalmente alla Prealpina, quotidiano di Varese, scrivendo di cronaca,…

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