Il Medioevo rivive in una grande mostra a Pistoia

Il panorama artistico di Pistoia tra il XII e il XV secolo è al centro della mostra allestita all’Antico Palazzo dei Vescovi e al Museo Civico

Correva l’anno 1140: il vescovo Atto, con lo scopo di ricomporre i conflitti che ne minavano l’autorità, riuscì a portare a Pistoia una preziosa reliquia di San Giacomo, l’apostolo che diede poi il nome al celebre “Cammino” di pellegrinaggio che si conclude nella grandiosa basilica di Santiago di Compostela. L’arrivo del sacro frammento, nonché la consacrazione di un primo altare dedicato al santo nella Cattedrale di San Zeno, è narrato nel Liber de legenda sancti Jacobi, un manoscritto del 1240-50 conservato nell’Archivio di Stato di Pistoia, a testimonianza dell’eccezionalità dell’evento che in effetti proiettò la città in una dimensione europea, inserendola nella frequentatissima rete delle strade di pellegrinaggio italiane e comportando una crescita di notorietà, di traffici e scambi economici. Non solo: la presenza della venerata reliquia consacrò il ruolo di Pistoia come protagonista nel panorama delle arti e della cultura italiane di quei secoli, nonostante la “spietata concorrenza” delle vicine sorelle, ben più potenti: Firenze e Pisa.

Medioevo a Pistoia. Crocevia di artisti fra Romanico e Gotico. Exhibition view at Antico Palazzo dei Vescovi e Museo Civico, Pistoia 2022. Photo Lorenzo Gori. Courtesy Pistoia Musei

Medioevo a Pistoia. Crocevia di artisti fra Romanico e Gotico. Exhibition view at Antico Palazzo dei Vescovi e Museo Civico, Pistoia 2022. Photo Lorenzo Gori. Courtesy Pistoia Musei

TRACCE DI MEDIOEVO A PISTOIA

La lontana acquisizione rappresenta ora il punto di partenza della mostra Medioevo a Pistoia. Crocevia di artisti fra Romanico e Gotico che, dopo tanti decenni da una precedente esposizione del 1950, si pone lo scopo di “presentare un quadro critico della storia delle arti a Pistoia dal XII agli inizi del XV secolo”, dichiara la neonominata direttrice di Pistoia Musei, Monica Preti, rompendo così un lungo silenzio a cui forse ha contribuito la mancanza di un artista pistoiese Doc che fungesse da gloria cittadina. Le opere sono ospitate su due piani dell’Antico Palazzo dei Vescovi, edificio già attestato nel 1091 e che ancora conserva una cappella affrescata a inizio Trecento con storie di San Nicola e degli Apostoli; in secoli più recenti il palazzo subì una sorte travagliata fino all’acquisizione della locale Cassa di Risparmio nel 1973 che lo inaugurò come sede museale, mentre risale agli ultimi anni un intervento di valorizzazione conclusosi, almeno in gran parte, proprio in occasione dell’apertura della mostra.
Alla sezione principale si affianca quella al Museo Civico dove, tra le altre cose, al piano terra si conserva una splendida Maestà che risponde a una tradizione tipicamente toscana di affrescare con una pittura monumentale i palazzi comunali, affidando così i cittadini alla protezione mariana. La mostra inoltre non può essere compresa senza percorrere il ben conservato centro storico medievale di Pistoia – peraltro assai poco turistico, quindi ancora molto autentico – e senza entrare nelle principali chiese da cui provengono molte delle opere esposte e dove si possono sgranare gli occhi davanti alle pitture, ai rilievi e ai pulpiti riccamente scolpiti che vi si conservano.

Taglia di Guglielmo, Pluteo a lacunare con teste diaboliche, marmo e serpentino nero della Valdibrana, settimo decennio del XII sec. Pistoia, cattedrale di San Zeno, cripta

Taglia di Guglielmo, Pluteo a lacunare con teste diaboliche, marmo e serpentino nero della Valdibrana, settimo decennio del XII sec. Pistoia, cattedrale di San Zeno, cripta

MEDIOEVO A PISTOIA. OPERE E ARTISTI

Nel palazzo episcopale l’allestimento si pone l’obiettivo di restituire quello che i tre curatori (Angelo Tartuferi ed Enrica Neri Lusanna per la pittura e Ada Labriola per la miniatura) hanno definito come “il concerto delle arti”: le sessantotto opere di scultura, pittura, illustrazione libraria e oreficeria – alcune delle quali restaurate per l’occasione – vengono infatti messe sullo stesso piano e intonano un dialogo tra loro e con i contesti da cui provengono. Sullo sfondo sta un capolavoro identitario: l’altare argenteo dedicato a San Jacopo. Conservato nell’adiacente cattedrale di San Zeno, il grandioso manufatto ha visto una genesi lunga e complessa, iniziata nel 1287 e terminata nel 1456, secolo quest’ultimo in cui fu chiamato a lavorarci anche un giovanissimo Filippo Brunelleschi, che realizzò due busti di profeti. Nelle sale della mostra, a richiamare l’abilità dei maestri orafi che parteciparono all’impresa, vi sono alcuni preziosi oggetti liturgici come un calice di Pace di Valentino (1270 circa) e una croce astile di Andrea di Jacopo d’Ognabene.
La prima opera che si incontra è tuttavia una formella intagliata dal pisano Taglia di Guglielmo, proveniente dal pulpito non più esistente della cattedrale: magnifici rilievi vegetali sono arricchiti da quattro teste e da un fondo a geometrie bianche e nere, proprio quelle cromie che caratterizzano i paramenti esterni a fasce delle chiese. La scultura coeva locale è ben rappresentata da altri lavori dallo stesso artista e di altri scultori, fino a giungere alle opere di Nicola Pisano e di Giovanni Pisano, che è presente con due crocefissi e con un sorprendente Angelo che ostende la testa di San Giovanni Battista. Un’opera dall’iconografia assai rara, forse di ispirazione nordeuropea e che collega immediatamente la mostra al vicino battistero, dedicato proprio al santo di cui il serafico angelo regge un enorme testone, barbuto e ovviamente sofferente vista la macabra decapitazione.

MEDIOEVO A PISTOIA. PITTURA E CODICI MINIATI

Quanto alla pittura, prevalgono inevitabilmente i fondi oro, anche se si rimane ammirati davanti a un affresco con San Michele arcangelo che pesa un’anima, strappato da una chiesa genovese e di mano di un artista pistoiese, Manfredino di Alberto. Con gli incarnati verdastri, le pieghe rigide dei pannelli, le lumeggiature che sembrano incise, manifesta ancora modelli bizantini, aggiornati però sulla lezione di Cimabue. Più numerose in mostra le testimonianze del XIV secolo, a cominciare dalle tavole dipinte dal Maestro del 1310, figura probabilmente autoctona e capostipite della pittura trecentesca a Pistoia. Pochi anni prima della metà del secolo ecco comparire sulla scena locale il più noto Pietro Lorenzetti e Taddeo Gaddi, cui fu commissionata una grandiosa pala d’altare per la chiesa di San Giovanni Fuoricivitas. Ma pure in periodo tardogotico, già in pieno Quattrocento, a Pistoia giunsero maestranze di alto spessore: ne sono esempi le tavole del Maestro della Cappella Bracciolini ‒ a sancire il definitivo passaggio di Pistoia nell’orbita politica di Firenze ‒, mentre le scuole locali “parlano” un linguaggio originale ed espressivo con Antonio Vite.
Il concerto delle arti non potrebbe risuonare senza i codici miniati: pitture “in piccolo”, riservate allo sguardo di pochi religiosi e realizzate negli scriptoria da abili maestri. L’Archivio Capitolare di Pistoia custodisce il nucleo quasi integro della biblioteca di San Zeno, da cui provengono molti volumi esposti, tutti da osservare con attenzione per lasciarsi trasportare in un’arte che non si limita solo all’immagine, ma coinvolge anche la mise en page di testo e decorazione (oggi la definiremmo “grafica”) e in cui si trovano rimandi sia alle pitture di grande formato sia ai modelli e stili tipici dell’illustrazione libraria di altre città, come Bologna.
Ecco allora che l’intento del progetto, esplicitato nel sottotitolo, si delinea chiaramente: in quegli anni Pistoia fu davvero crocevia di artisti giunti dalle aree limitrofe per lasciare capolavori che ancora oggi narrano una storia ricca e complessa, pari a quella delle altre città che proprio nei secoli del Medioevo costruirono la loro identità municipale. Un’identità che, a ben vedere, è ancora la spina dorsale di un territorio che molti secoli dopo divenne nazione, l’Italia.

Marta Santacatterina

Articolo pubblicato su Grandi Mostre #27

Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua 
inserzione sul prossimo Artribune

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

Scopri di più