Fondazione Pistoia Musei. Intervista alla nuova direttrice Monica Preti

“I musei in cui credo non producono solo mostre per i turisti, ma sono fulcri identitari strettamente legati al territorio in cui si trovano”: Monica Preti ci ha raccontato della sua idea di museo oggi e di come intende occuparsi della gestione di un complesso sistema museale come quello di Pistoia.

È Monica Preti la nuova Direttrice scientifica di Pistoia Musei – il sistema museale promosso da Fondazione Caript – che prende il posto di Philip Rylands, Direttore Emerito della Peggy Guggenheim Collection di Venezia. Monica Preti è stata selezionata tra settanta candidature arrivate sul tavolo della commissione esaminatrice, composta da Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo/Direttore Gallerie d’Italia, Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi, e Giuseppe Gherpelli, Coordinatore del Piano Strategico della Cultura di Pistoia. “Sono lieto dell’annuncio ufficiale della nomina di Monica Pretiuna figura di livello internazionale che saprà fornire a Pistoia Musei una guida importante per il prossimo futuro”, ha commentato GalansinoLa neodirettrice è storica dell’arte moderna: laureata a Firenze nel 1986, ha proseguito gli studi presso il Courtauld Institute di Londra, Fondazione Longhi e lo European University Institute di Firenze, conseguendo il titolo di PhD in History and Civilization nel 2001. La sua carriera internazionale è proseguita a Parigi come ricercatrice presso l’INHA/Institut national d’histoire de l’art e come docente l’INP/Institut national du Patrimoine. Dal 2006 a oggi è stata Responsabile della programmazione culturale all’Auditorium del Musée du Louvre. Il suo incarico partirà ufficialmente il prossimo 3 maggio e per il prossimo triennio sarà responsabile della conduzione, della gestione e della cura del patrimonio di Pistoia Musei, sistema museale composto da quattro sedi situate nel centro cittadino. Si occuperà anche di mostre temporanee, attività didattiche e educative.

Antico Palazzo dei Vescovi, facciata Pistoia

Antico Palazzo dei Vescovi, facciata Pistoia

È stata nominata Direttrice scientifica del sistema museale di Fondazione Caript: in cosa consisterà il suo ruolo, all’interno di una ramificata realtà istituzionale di questo tipo?
Sarà sicuramente un ruolo complesso, data la varietà delle collezioni del sistema museale di Fondazione Caript – dall’archeologia all’arte medievale e moderna fino al Novecento e all’arte contemporanea – e visto il numero dei soggetti istituzionali coinvolti: Soprintendenza, Diocesi, Intesa San Paolo… È una bella sfida: si tratterà di orchestrare le diverse iniziative e le molte professionalità che sono già in essere, in modo da renderle più organiche e dunque anche più visibili.

È stata precedentemente Responsabile della programmazione culturale all’Auditorium del Musée du Louvre a Parigi, quale insegnamento porta con sé di questa prestigiosa esperienza?
Al Louvre ho imparato che è un dovere di qualsiasi istituzione culturale essere cosciente del contesto in cui si trova immersa, e dunque degli interlocutori a cui rivolgersi. Interlocutori che nel caso di un museo sono sempre vari e diversificati: non solo i turisti, ma anche i cittadini, gli studiosi, le istituzioni culturali… soggetti differenti per cultura, interessi, esigenze, a cui un museo dovrebbe cercare di rivolgersi con offerte il più possibile mirate e articolate. Naturalmente, poi, al Louvre mi sono aperta a una dimensione internazionale a cui senz’altro anche i musei di Pistoia possono ambire.

Un grande tema, intensificatosi dal 2020, è quello del legame tra musei e territorio, iniziando dalla “fidelizzazione” del pubblico locale e proseguendo con la collaborazione delle istituzioni culturali con imprese e attività. Qual è il suo pensiero in merito e che significato ha questo per Fondazione Caript?
I musei in cui credo non producono solo mostre per i turisti, ma sono fulcri identitari strettamente legati al territorio in cui si trovano, secondo il modello di quel “museo diffuso” di cui parlava Andrea Emiliani e che rende così specifica (e ricca) la distribuzione dei beni culturali nel nostro paese. A questo proposito mi piace sempre ricordare le parole di Emiliani, che rimangono per me un fondamentale punto di riferimento: “In questo rapporto [con la città] il museo italiano nutre le sue più spiccate caratteristiche, quelle che lo rendono diverso da ogni altro museo nel mondo e nella stessa Europa. Non si tratta quasi mai di grandissime o addirittura di enormi strutture, paragonabili al Louvre oppure all’Ermitage di Pietroburgo o al Metropolitan di New York. Il museo italiano trae al contrario la sua vita spaziale, le sue strutture architettoniche prevalenti, il suo stesso arco di tensione urbanistica dalla città nella quale egli è attivo e dalla quale è stato generato”.

Palazzo Buontalenti Italia moderna

Palazzo Buontalenti Italia moderna

Ci spieghi meglio.
È proprio in nome di questi principi che vorrei cercare di stringere rapporti di collaborazione con altre realtà cittadine e regionali insieme a cui co-progettare iniziative condivise: iniziative rispettose dell’autonomia e delle esigenze specifiche di ogni singolo istituto, ma inserite in un orizzonte comune. Del resto, a questo riguardo esistono già delle buone pratiche a cui attingere: penso all’eccellenza dei Musei Civici di Pistoia, ma anche a molte altre realtà museali del territorio. Il nuovo Sistema Museale Pistoiese, attivamente promosso anche dalla Fondazione Caript, offrirà certo l’occasione di sperimentare iniziative di questo genere.

Passando invece a Pistoia Musei, come vede il futuro? “Digital” o “fisico”, facendo riferimento a due dimensioni che i musei di tutto il mondo hanno dovuto tener ben presente nell’ultimo anno?
Senz’altro entrambe le dimensioni devono essere tenute presenti e dovranno coesistere in futuro. L’esperienza del Covid-19 ha dimostrato quanto sentito è il bisogno del museo come luogo materiale, conviviale, dove poter vivere (e condividere) quell’esperienza insostituibile che è il contatto fisico con le opere d’arte. D’altro canto, mai come in quest’ultimo anno abbiamo potuto toccare con mano le straordinarie potenzialità delle nuove tecnologie, che sono convinta vadano esplorate e radicate nella vita dei musei anche al di là dell’attuale fase di emergenza. In questo campo, credo che ottime opportunità possano aprirsi da forme di collaborazione e partenariato con le università, ma anche con alcune imprese di settore capaci di sviluppare soluzioni fortemente innovative.

La preoccupa l’assenza del grande pubblico internazionale che, a causa della pandemia, dovremo aspettare per riaccogliere nei nostri musei?
Assolutamente no. Lo ripeto, tra i tanti pubblici che un museo deve avere come interlocutore c’è anche e soprattutto la società civile, non solo i turisti, stranieri o meno. Del resto Pistoia non è mai stata al centro dei grandi flussi del turismo internazionale, come Firenze e Pisa, e i suoi musei hanno da tempo sviluppato offerte rivolte al territorio che, se adeguatamente potenziate, sapranno rispondere pienamente alle esigenze della stagione che ci aspetta.

In questo passaggio di testimone, cosa le interesserebbe proseguire e cosa introdurre ex novo rispetto alla precedente amministrazione?
Mi riprometto senz’altro di proseguire la programmazione già brillantemente avviata dai miei predecessori, potenziandola in alcuni settori che secondo me sono prioritari: fra l’altro e in particolare le iniziative rivolte ai pubblici ‘sfavoriti’ (malati di Alzheimer, disabili, carcerati…). Un altro ambito per me fondamentale è la catalogazione informatica del patrimonio museale, che renderà fra l’altro la collezione accessibile in rete, nell’ambito di un progetto appena avviato in collaborazione con la Scuola Normale Superiore di Pisa. Con grande attenzione andranno programmate le mostre, che dovranno essere legate alla specificità di Pistoia Musei, ma anche ripensate alla luce delle trasformazioni in atto nel mondo dei musei che la crisi pandemica ha accelerato. Vorrei inoltreintrodurre dei nuovi cicli di incontri periodici su temi variamente articolati: temi trasversali di storia culturale, ma anche centrati sulle opere della collezione.

Come vorrebbe concludere questa intervista?
Con un invito e un augurio che i musei tornino a essere un fattore trainante per la costruzione del futuro: coinvolgendo le giovani generazioni, facendo i conti con – ma senza farsi sopraffare da – il mondo dell’economia, la dimensione della sostenibilità ambientale, i temi della riqualificazione urbana. Le istituzioni locali in particolare, se lo vorranno, potranno creare le condizioni per cui la cultura torni ad essere un motore per la crescita della comunità. Per quanto mi sarà possibile, vorrei operare per rendere i musei della Fondazione Caript un luogo vivo e vivace, aperto alla città e al territorio, in cui possano trovare espressione non solo la ricchezza delle memorie locali, ma anche tutta la forza propulsiva dello sguardo rivolto al presente e al futuro. L’apertura imminente dell’antica chiesa di San Salvatore, uno dei fulcri del sistema museale che sono stata chiamata a dirigere, restaurata e restituita alla fruizione pubblica dopo due secoli di progressivo abbandono e incuria, mi pare un atto forte in questo senso: permetterà di connettere i musei alla città e ai suoi monumenti, e di dare un senso alle stratificazioni della storia vivificandole attraverso lo sguardo contemporaneo.

-Giulia Ronchi

https://www.fondazionepistoiamusei.it/  

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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