Arte, scienza e religione tra passato e contemporaneità

Arte, divulgazione scientifica e ruolo dei media. Sono questi gli estremi della riflessione condotta da Gabriella De Marco, docente di storia dell’arte contemporanea all’università di Palermo, su un passato che tanto influisce sull’epoca attuale

[…] È stata un’età in cui la percezione delle trasformazioni sembrava divenire più importante della realtà (o almeno altrettanto): ideologie, ideologismi, profezie, visioni del mondo, pronte per la politica, cui si apre proprio in quegli anni un’arena ineditamente ampia, infuocata, condivisa e intercomunicante. Un mondo siffatto, che parla costantemente di sé, si ascolta, profetizza, scrive e legge, lascia ormai orme imponenti […]”.
A quale età si riferisce lo storico Carlo Fumian, autore di Verso una società planetaria. Alle origini della globalizzazione contemporanea (1870-1940), il testo pubblicato da Donzelli nel 2003, da cui sono tratte queste parole e con cui apro la mia riflessione?
Il pensiero corre, inevitabilmente, ai nostri giorni e alla campagna elettorale in corso.
Penso, per soffermarmi sul passato recente, tra i molti esempi possibili, allo scontro che ha assunto toni duri, se non a tratti violenti, tra il mondo accademico e scientifico e la vasta galassia dei no-vax esploso in seguito all’obbligo di vaccinazione sia nella prevenzione di alcune patologie pediatriche sia come baluardo alla diffusione di Sars-Covid 19.
Uno scontro, un’opposizione di idee, di opinioni che ha messo in moto campi del sapere diversi, confermando come la medicina e la scienza possano non essere considerate neutrali, perché investono ambiti che riguardano il diritto, il bene comune, le esigenze del singolo, l’autorevolezza delle istituzioni e le paure, anche legittime, del cittadino.
Accenno, ancora, a riguardo, all’acceso dibattito svoltosi in Italia, nel febbraio del 2022, tra i sostenitori dell’agricoltura biodinamica e i suoi detrattori, tra cui scienziati dalle indiscutibili, quanto qualificate, competenze, quali Elena Cattaneo e il Nobel per la fisica Giorgio Parisi, che non hanno esitato, insieme ad altre voci, a definire quel modo di fare coltivazione come privo di ogni fondamento scientifico. Schieramenti diversi sul come fare agricoltura, le cui posizioni hanno orientato le scelte della politica e dei legislatori, riverberandosi, inevitabilmente, sul consumatore.

The Times, 7 novembre 1919

The Times, 7 novembre 1919

IL RUOLO DEI MEDIA IERI E OGGI

Tuttavia, per tornare al libro di Carlo Fumian, molte sono le analogie che potrebbero indurci a pensare ai nostri giorni, falsi indizi disseminati nell’intero testo e volti a far riflettere su quella che si definisce come una caratteristica precipua del presente, ovvero l’età della globalizzazione. Lo storico, infatti, nel suo originale quanto circostanziato volume, si riferisce, nel passo riportato, ai primi anni del XX secolo. Sua pregevole, quanto arguta, intenzione, è stata quella di orientare la luce dei riflettori sull’amplificazione, propria della modernità, di temi e concetti che, nei vari quanto diversificati passaggi del loro diffondersi, generano risultati opposti rispetto all’assunto iniziale.
Una sorta di effetto a catena di cui si smarrisce la fonte originale e che ha fatto della stampa popolare un potente veicolo in grado di contribuire a provocare un rumore di fondo incontrollabile. Un rimbombo a tratti assordante che, talvolta, ha prodotto una diffusione e distorsione dei fatti e dei saperi. La stampa popolare, dunque, paradossalmente più delle riviste scientifiche, ha avuto, e ha tuttora, delle responsabilità importanti sia nella diffusione della conoscenza sia nell’alfabetizzazione della popolazione.
La diffusione dei mezzi di comunicazione di massa ha contribuito, inoltre, a determinare un aspetto nuovo e fondante della società moderna e contemporanea, quale l’assunto che vuole che ciascun individuo possa esprimere le proprie verità. Una convinzione, oggi, in occidente, data per scontata, che inizia a configurarsi, come è noto, nell’età della prima industrializzazione, per poi subire una forte quanto decisiva accelerazione negli anni che precedono il primo conflitto mondiale. Un’età in cui il singolo tendeva a farsi gruppo, associazione, partito, individuando, in tal modo, in intellettuali, in medici, artisti, poeti, associazioni o giornali dei riferimenti disponibili a fare sia da cassa di risonanza delle proprie opinioni sia ad appoggiarne le cause e le rivendicazioni, avviando inediti, quanto alternativi, processi di alfabetizzazione. Percorsi di conoscenza e di apprendimento che, pur sfuggendo all’ortodossia, la politica e il sapere scientifico non potevano, come non possono, ignorare.
Molte, dunque, a partire da queste evidenze le considerazioni sui rapporti tra scienza e anti-scienza, tra eterodossia e ortodossia accademica e sulla cui contrapposizione, sovente, nascono e si diffondono molti malintesi.

The New York Times, 24 maggio 2020

The New York Times, 24 maggio 2020

PROGRESSO, MODERNITÀ E CONTRADDIZIONI

Osservo, in sintesi, pur consapevole di semplificare, come sia ancora presente, nella cultura odierna, quella spinta, quell’anelito verso la realizzazione di un delicato equilibrio tra una visione positiva del progresso e i problemi, intrinseci, propri della modernità. Uno scenario ormai noto pur se mutevole, in cui è possibile tracciare una sorta di antropologia del mondo attuale, dove qualunque evento storico, fatto o accadimento può diventare un palinsesto costituito da letture diverse. Interpretazioni, certo molteplici, ereditate anche da contesti lontani nel tempo e nello spazio e non sempre tra loro comunicanti, ma di cui è necessario avere contezza. Interessanti spunti che ben si attagliano al clima dei nostri giorni provengono, a riguardo, dall’arte dell’Europa occidentale e orientale e da quella statunitense, compresa tra il XIX e il XX secolo, da cui traspare il tentativo di stabilire un mutato rapporto con la “realtà”, al di là “dell’imitazione della natura”.
Una spiritualità diffusa ha permeato, dunque, gli albori dell’arte del XX secolo, dove l’uomo non si sarebbe distinto dalle cose e dove lo spirito avrebbe trionfato, senza intermediari, sui fenomeni. Un’arte spinta al di là del sensibile, in grado di aspirare all’armonia tra la forma e il mondo circostante e di captare ciò che si definiva, soprattutto nell’area tardo panteista e simbolista, come il respiro cosmico della natura.
In molta della ricerca visuale, oggi entrata pienamente nel canone, coesistono già dall’età romantica e poi con maggior diffusione dalla seconda metà del XIX secolo, accanto ai temi considerati espressione della modernità quali l’esaltazione del progresso, della scienza e della tecnica, aspetti legati all’alchimia, all’esoterismo, al misticismo, all’occultismo, al millenarismo, alla teosofia.
I testi di Helena Petrovna Blavackij, fondatrice nel 1875 a New York, della Theosophical Society, unitamente all’antroposofia di Rudolf Steiner, sono fonti ineludibili per lo storico dell’arte, così come I grandi iniziati di Édouard Schuré pubblicato nel 1889.Un volume, quest’ultimo, centrato sui grandi maestri spirituali quali Buddha, Krishna, Pitagora, Platone, Gesù, Ermete Trismegisto.
Un elenco di fonti e riferimenti destinato ad ampliarsi e di cui su queste pagine non posso dare un’esaustiva panoramica, che include personalità quali quella di Pëtr Uspenskij, filosofo ritenuto, da molti, tra le figure più rappresentative del pensiero mistico degli albori del XX secolo, il cui contributo è tra le fonti del Futurismo russo e del Suprematismo come attestano i volumi The Fourth Way del 1909, Tertium Organum del 1912 e A new model of the Universe stampato nel 1931. Fonti che attestano come si andasse delineando una sensibilità, pur se diffusa in forme e contesti diversi, verso quella che Linda Dalrymple Henderson ha definito come hyperspace philosophy e da cui molti hanno attinto.

Paul Ranson, Christ and Buddha, 1890-92, olio su tela

Paul Ranson, Christ and Buddha, 1890-92, olio su tela

IL RUOLO DELL’ARTE

Artisti quali Maurice Denis, Paul Gauguin, Odilon Redon, Paul Sérusier, Georges Seurat, Mikalojus Čiurlionis, Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Robert Delaunay, Marcel Duchamp, Vasilij Kandinskij, Georgia O’Keeffe, František Kupka, Kazimir Malevič, Piet Mondrian, Lucio Fontana, Jackson Pollock, Mark Rothko, Joseph Beuys, sino a Anish Kapoor, Anselm Kiefer, Ana Mendieta, Gilberto Zorio se ne sono, pur con le necessarie distinzioni, nutriti.
Personalità tra loro profondamente diverse e non sempre coeve, ma il cui vissuto, unitamente all’analisi attenta delle loro opere, fa capire che ci si trova di fronte a diversi modi d’intendere la modernità. Certo, non tutto il passato si riverbera nel presente e, soprattutto, non vi si ritrova nella stessa misura. Inoltre, la realizzazione di un’opera, la diffusione di un testo, o in generale il ricorso a una stessa fonte avviene, sempre, attraverso modalità differenti che vanno evidenziate.
Sul fronte di un approccio generale, tuttavia, il pensiero mistico, l’occultismo, l’astrologia, l’esoterismo, la visione antroposofica della medicina, l’allora nascente psicoanalisi hanno intercettato, sul versante della ricezione, anche, al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori, l’interesse di un ampio numero di persone avviando quel travaso di idee dal ristretto ambito di intellettuali e specialisti alla cultura di massa.
Plotino, Paracelso, Leonardo da Vinci, Jacob Böhme, Johann Wolfgang Goethe, e ancora Novalis, il teologo Johann Caspard Lavater, “il grande romantico” Hans Hofmann, Friedrich Nietzsche, Lev Tolstoij, Charles Baudelaire, figurano tra i molti nomi che hanno innervato parte dell’immaginario sia intellettuale sia popolare di quel tempo, favorendo per vari passaggi e mediazioni non sempre ricostruibili, la convinzione di poter finalmente accedere a quell’aldilà spirituale che si riteneva avvolgesse l’universo sensibile. Una convinzione che, pur approdando a risultati opposti, partiva, spesso, proprio dalla diffusione in forma divulgativa del sapere scientifico.

SCIENZA E RELIGIONE

Ha prevalso in queste variegate correnti la certezza, in nome di una presunta relatività culturale, che sia il materialismo scientifico sia il dogmatismo religioso andassero combattuti in nome di forme d’investigazione volte ad addentrarsi nelle leggi dell’universo.
Così, mentre già nel primo decennio del secolo scorso, la scienza medica procedeva con “passi da gigante” verso utili quanto fondamentali acquisizioni, si diffuse, pubblicizzata dalla stampa popolare, quello che Fumian ha definito come una sorta di occultismo medico, di medicina parallela, che diede avvio, in Europa e nell’America settentrionale, a una serie di trattati di forte impronta new age e para-psicologica, posti al limite, quindi, se non oltre, l’ambito scientifico. A un procedere che teorizzava il rifiuto di una concezione ermetica del sapere, affrancandosi, dunque, da incursioni e sconfinamenti in ambiti non verificabili quanto approssimativi, si contrapponeva, con convinzione e veemenza, l’autorevolezza di tutto ciò che si collocava fuori dal sistema. Anti-scienza, quindi, versus scienza, secondo una consuetudine che si ripete nel tempo e con cui il vivere collettivo deve fare i conti.
L’empiria trionfava sulle basi normative del sapere scientifico, raccogliendo molti proseliti.
Tempi in cui si andava configurando una visione del mondo dove, per parafrasare il filosofo tedesco Novalis, tutto il visibile riposava sull’invisibile, l’intelligibile sull’incomprensibile, il tangibile sull’impalpabile. Paradossalmente, proprio la scienza o più esattamente l’uso collettivo che di questa, grazie al ruolo dei mezzi di comunicazione di massa, ne fece un pubblico vasto, non specialista e spesso incolto, divenne terreno fertile, già dalla fine del XIX secolo, per il diffondersi di radicali atteggiamenti ostili allo specialismo o considerati alternativi all’ortodossia del sapere accademico.
Significativa è l’applicazione, per scopi scientifici, dei raggi X che valse a Wilhelm Röntgen, nel 1901, il Nobel per la fisica. Tuttavia, quella che, oggi, è definita come diagnostica per immagini ed è percepita come un’importante tappa del procedere scientifico travalicò, in un clima di esaltante entusiasmo, i confini della comunità accademica, divenendo materia duttile soggetta a molte reinterpretazioni. I raggi X permettevano di vedere attraverso la materia, “fotografando l’anima”, come scrisse, con efficacia, molta stampa europea e statunitense nei primi decenni del XX secolo.
La “scoperta” dei raggi X, per utilizzare un termine improprio, risale al 1895, lo stesso anno in cui si data la presentazione al pubblico, da parte di Louis Lumière, del cinematografo.
Due momenti destinati a modificare e a incidere profondamente sulla percezione della realtà da parte dell’uomo contemporaneo. I raggi X, indipendentemente dalle applicazioni in campo medico, diedero credito, alimentandola e rafforzandola, a un ‘intera corrente diffusasi prima della loro utilizzazione e definita come Naturphilosophie che ipotizzava l’esistenza di radiazioni invisibili in grado di mettere l’umanità in comunicazione sia con universi misteriosi sia con i morti.

Mikalojus Konstantinas Čiurlionis, Žvaigždžių sonata I. Allegro, 1908

Mikalojus Konstantinas Čiurlionis, Žvaigždžių sonata I. Allegro, 1908

RAGGI X E CUBISMO

Ancora, per tornare alla storia dell’arte, la lettura dei raggi X in chiave spirituale è, come ormai ampiamente documentato già a partire dagli Anni Sessanta del secolo scorso, alla base della scomposizione propria della pittura cubista. Una galassia abitata non dai soli Georges Braque e Pablo Picasso e ritenuta tra le pietre miliari dell’avanguardia e della modernità dell’arte del XX secolo. Un movimento attraversato da un fiume carsico fatto di esperienze, riflessioni, voghe anche tra loro profondamente contraddittorie, che ci consegna opere, come spesso accade nell’arte, leggibili attraverso livelli differenziati d’interpretazione.
Le ormai celebri nature morte di Juan Gris, di Pablo Picasso, di Jean Metzinger o di Louis Marcoussis conducono, come ormai è acquisito, sia alle nature morte del XVI e XVII secolo prodotte in area spagnola e fiamminga o alla pittura di Paul Cézanne sia al pensiero filosofico di Henri Bergson, alle categorie di spazio tempo, al concetto di durata e memoria, alla divulgazione, secondo alcuni, della teoria della relatività di Albert Einstein, sino alla geometria non euclidea e all’interpretazione, in chiave mistica, delle teorie matematiche di Maurice Princet e Henri Poincaré.
Riguardo, nello specifico, a una possibile eco della Teoria della relatività di Einstein nella ricerca figurativa delle avanguardie del primo Novecento, e dei cubisti, in particolare, questa fu smentita dallo stesso Nobel per la fisica, che negò ogni paternità. Le presunte relazioni entrarono nel dibattito della critica d’arte a posteriori, ovvero, come scrive Jolanda Nigro Covre (M.G. Messina, J. Nigro Covre, Il cubismo dei cubisti. Ortodossi, eretici a Parigi intorno al 1912, Officina edizioni, Roma 1986) solo dopo la Prima Guerra Mondiale.
È opportuno precisare, infatti, sulla scia di Covre, che la teoria formulata da Einstein risale al 1905 e che i cubisti, certo, non potevano conoscerla in forma diretta sin da quella data, perché questa fu accessibile al vasto pubblico solo dal 1919, quando fu pubblicata dal quotidiano The Times il 7 novembre. Si è di fronte, dunque, a un ennesimo caso di elaborazione del sapere che si costruisce mediante passaggi, elaborazioni, convinzioni che conducono, spesso, a risultati lontani dagli assunti iniziali e ad affermazioni non sempre veritiere, non perché in malafede, ma perché frutto, in parte, di elaborazioni collettive.
Un fervore di idee, per insistere sul periodo compreso tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, che si propagava, in una società già globale, mediante la conoscenza e la comprensione diretta del testo e, anche, attraverso la diffusione da parte della stampa popolare. Come accadde negli stessi anni, pur spostando l’attenzione sul contesto filosofico, per quella che è stata definita come una vera e propria infatuazione mondana per Henri Bergson, la cui fama risale al periodo compreso tra il 1897 e il 1900.
I temi affrontati dal filosofo francese nel corso di lezioni divenute, sul fronte del successo di pubblico, un vero e proprio esempio di consumo culturale, generarono idee a cui ricorsero, indipendentemente da colui che le aveva formulate, i sostenitori di tesi e teorie tra loro distanti. Basti pensare all’anarco-sindacalismo di Georges Sorel o agli adepti dello spiritualismo dei grandi iniziati, sino a coloro che muovevano i primi passi nella psicologia dell’inconscio. Questo insieme di aspetti, che su queste pagine ho affrontato in forma sintetica e frastagliata, e pur consapevole di colpevoli omissioni, avviò, per concludere, tornando ai primi decenni del XX secolo, scenari imprevedibili e indipendenti dalle finalità della scienza.
Un’onda d’urto destinata a durare e a innervare il dibattito ben oltre la prima metà del XX secolo. L’arte si assunse, dunque, pur nella molteplicità e diversità delle poetiche, nel tentativo di operare una sintesi e un dialogo tra oriente e occidente, il compito di rispondere a quegli interrogativi, a quelle esigenze che, precedentemente, la religione era riuscita a governare e, in parte, a esorcizzare.

Gabriella De Marco

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Gabriella De Marco

Gabriella De Marco

Gabriella De Marco è professore ordinario di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università degli Studi di Palermo, dove insegna come titolare dal 1998. I suoi interessi di studiosa si sono focalizzati, nel tempo, principalmente sui rapporti tra arte e letteratura in…

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