GAMeC di Bergamo. Mostre e novità in attesa della nuova sede

L'estate della GAMeC di Bergamo è all'insegna di una notevole tripletta di mostre: Regina, Daiga Grantina ed Ernesto Neto. Ma c'è anche la conferma di Lorenzo Giusti alla direzione e una nuova sede all'orizzonte.

Che il lavoro di Lorenzo Giusti alla GAMeC sarebbe stato eccellente lo si è capito – al netto delle sue prove precedenti in altre istituzioni, ultima in ordine di tempo alla guida del MAN di Nuoro – sin da Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile (2018-19), primo pannello di un trittico che funge in qualche modo da chiave di volta concettuale al progetto artistico impresso sul museo bergamasco.

LORENZO GIUSTI E LA NUOVA SEDE DELLA GAMEC

Ora Giusti è stato confermato per altri cinque anni alla guida del museo e le sfide di fronte a sé sono importanti: la gestione, economica anche e soprattutto, dell’istituzione durante una pandemia che non è affatto detto sia terminata e che comunque ha lasciato strascichi drammatici, particolarmente drammatici a Bergamo; e la coprogettazione della nuova sede all’ex Palazzetto dello Sport, “più capiente, più luminosa, più accogliente e più idonea a ospitare i molteplici linguaggi del contemporaneo”, intendendo con ciò sia le mostre temporanee che la collezione, in via di consolidamento e ampliamento.

ERNESTO NETO IN CITTÀ ALTA

Si dirà che in questo modo non sarà risolto il nodo turistico, visto che la maggior parte dei visitatori extra-cittadini si concentrano sulla straordinaria Città Alta. Considerazione che però prescinde dalla presenza della GAMeC nella Sala delle Capriate del Palazzo della Ragione. Qui, da quattro anni, il museo ha una sua estensione straordinaria nei mesi estivi. Fino al 26 settembre vi si può trovare una installazione magica (e a ingresso gratuito, molto intelligentemente) di Ernesto Neto, un progetto inedito che, oltre a essere notevole in sé, costituisce una prefazione alla mostra autunnale Nulla è perduto. Arte e materia in trasformazione, secondo pannello del trittico di cui si parlava in apertura.

Daiga Grantina, Around green, 2020, dettaglio © Daiga Grantina. Courtesy Daiga Grantina Studio & Emalin, Londra. Photo Stephen James

Daiga Grantina, Around green, 2020, dettaglio © Daiga Grantina. Courtesy Daiga Grantina Studio & Emalin, Londra. Photo Stephen James

DAIGA GRANTINA DA NEW YORK A BERGAMO

Tornando all’attuale sede madre della GAMeC, dirimpetto all’Accademia Carrara e dal 1991 ospitata in un ex monastero quattrocentesco riadattato da Vittorio Gregotti, al momento si possono visitare la prima retrospettiva completa di Regina – di cui vi abbiamo già parlato e che sarà presto protagonista a Parigi – e, nello Spazio Zero, la prima mostra personale “istituzionale” della lettone Daiga Grantina (Saldus, 1985), curata da Sara Fumagalli e Valentina Gervasoni (en passant, altro dato non da poco: la capacità di Lorenzo Giusti di far esprimere al meglio l’intero staff del museo, dai curatori al settore educational, quest’ultimo guidato dalla notevolissima Giovanna Brambilla). La mostra di Grantina – reduce da un solo show al New Museum, con il quale la GAMeC produrrà il catalogo delle due rassegne, nonché dall’aver rappresentato il proprio Paese alla Biennale di Venezia nel 2019 – è concepita come un’unica installazione, un “concetto spaziale”, suggeriscono le curatrici, e in effetti si tratta di una composita ma coerente riflessione su luce e materia, e dunque sul colore.

L’ARTISTA LETTONE E PAUL CELAN COME NUME TUTELARE

Un lavoro site specific per almeno due ragioni: da un lato il wall drawing geometrico che avvolge la prima grande sala e che funge da palinsesto per tutte le altre opere, che di volta in volta lo seguono, lo rispettano, lo rivoluzionano, lo sbeffeggiano; dall’altra perché il risultato cromatico dell’interazione fra materiale e luce è condizionato ovviamente dall’intensità della luce stessa, che varia di continuo a seconda delle condizioni atmosferiche esterne, dell’orario, dell’umidità e via dicendo. La seconda sala è invece dedicata a un reenactement di due opere precedenti, Around Green (2020) e What Eats Around Itself (For Rilke) (2019), anche in questo caso però non prescindendo dall’occasione, e dunque rilette e remixate dalla stessa artista. Ultima breve annotazione: nell’opera del 2019 è esplicito il rimando poetico, nella fattispecie a Rainer Maria Rilke, ma anche il titolo della mostra, Atem, Lehm “Fiato, Argilla”, è un omaggio a un grande poeta, purtroppo non troppo noto in Italia, Paul Celan, autore di un dichtendes Denken (un “pensiero poetante”, per dirla con Heidegger, che però si riferiva a Friedrich Hölderlin) di cui si sono interessati filosofi e intellettuali del calibro di Hans-Georg Gadamer, Peter Szondi, Maurice Blanchot e Jacques Derrida.

Marco Enrico Giacomelli

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Marco Enrico Giacomelli

Marco Enrico Giacomelli

Giornalista professionista e dottore di ricerca in Estetica, ha studiato filosofia alle Università di Torino, Paris 8 e Bologna. Ha collaborato all’"Abécédaire de Michel Foucault" (Mons-Paris 2004) e all’"Abécédaire de Jacques Derrida" (Mons-Paris 2007). Tra le sue pubblicazioni: "Ascendances et…

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