Spazi matriarcali e altri scivolamenti (III)

Prosegue la ricognizione di Christian Caliandro sull’arte al femminile. Stavolta tocca a Valerie Solanas e Carla Lonzi.

Per comprendere la trasformazione verso il femminile che stiamo vivendo, il confronto tra principio femminile e principio maschile e il modo in cui esso si riflette sulla costruzione dello spazio artistico, è utile riferirsi ad alcuni punti fermi. Valerie Solanas e Carla Lonzi cinquant’anni fa hanno portato avanti, praticamente in parallelo, riflessioni radicali sul tema, che intersecano anche la concezione dell’arte e dell’opera d’arte.
Quando per esempio leggo e rileggo alcuni passaggi del Manifesto S.C.U.M. (1967), non posso che ammirare la lucidità, il coraggio e la precisione della Solanas. Passaggi come questo, per esempio: “(il maschio) rivendica a sé tutte le qualità femminili – forza e indipendenza emotiva, energia, dinamismo, risolutezza, sangue freddo, obiettività, coraggio, grinta, integrità, vitalità, intensità, profondità di carattere, sensualità – e proietta sulle donne tutte le caratteristiche maschili – vanità, frivolezza, superficialità, debolezza e così via” (in S.C.U.M. Manifesto per l’eliminazione del maschio, Ortica Editrice 2010, p. 8).
Oppure come questo: “Il maschio ha un’acuta consapevolezza dell’individualità femminile; ma è incapace di comprenderla, di comunicare con essa, di afferrarla emotivamente: lo sconvolge, ne ha paura ed invidia. Quindi la nega e passa a definire ognuno e ognuna in termini di funzione e di uso, assegnando, com’è ovvio, a se stesso le funzioni più importanti: dottore, presidente, scienziato; in questo modo si procura un’identità, se non proprio un’individualità…” (ivi, pp. 18-19).

Carla Lonzi

Carla Lonzi

All’interno di un testo incendiario ancora oggi, l’aggressione intellettuale portata nei confronti del maschio coinvolge il più ampio contesto e sistema istituzionale, fatto di ruoli e funzioni. Sistema che, ovviamente, comprende anche l’arte e la cultura. Ed è relativo proprio a questo uno dei passaggi forse più importanti e significativi del manifesto: “L’“Arte” prova che gli uomini sono superiori alle donne, cioè che gli uomini sono donne, e infatti viene etichettato come “Arte” quasi tutto quel che è stato creato dagli uomini, come gli antifemministi amano tanto ricordarci. Sappiamo che l’Arte prende la maiuscola perché così ci hanno detto le autorità maschili, e noi non possiamo negarlo perché ci vuole una sensibilità squisita, molto superiore alla nostra, per percepire ed apprezzare la grandezza, e la prova della superiore sensibilità dei maschi sta nel fatto che apprezzano le schifezze che apprezzano” (ivi, p. 31).
L’arte stessa dunque, con l’iniziale maiuscola (per come cioè è stata organizzata e articolata nel mondo anglosassone e occidentale), secondo Valerie Solanas è una costruzione maschile, uno strumento di compensazione – pensato e realizzato per escludere e non per includere. È una tesi estrema, certo, ma apre tutt’oggi degli spiragli interessanti, e che meritano di essere approfonditi.
Tanto più che, quasi contemporaneamente, Carla Lonzi – in testi che si rispecchiano l’uno nell’altro, dalla critica artistica alla critica sociale, come Autoritratto (1969) e Sputiamo su Hegel (1970) – giunge a un punto non troppo lontano: associa la figura della donna a quella dello spettatore dell’opera d’arte, che rinuncia al suo ruolo creativo e vive in una condizione totalmente passiva; entrambi quindi vedono costantemente rimossa la propria interpretazione, e si trovano intrappolati nello schema di relazione maschile: “Si determina così un falso modello nel considerare l’opera d’arte: un modello culturale. Il critico è colui il quale ha accettato di misurare la creazione con la cultura dando a quest’ultima la prerogativa dell’accettazione, del rifiuto, del significato dell’opera d’arte (…) Magari senza esserne cosciente, il critico fa il gioco di una società che tende a considerare l’arte come un accessorio, un problema secondario, un pericolo da tramutare in diversivo, un’incognita da tramutare in mito, comunque un’attività da contenere. E come contenere? Appunto, attraverso l’esercizio della critica, che opera sulla falsa dissociazione: creazione-critica” (in Autoritratto, Abscondita, Milano 2017, pp. 11-12).

Valerie Solanas

Valerie Solanas

A questa disfunzionalità la Lonzi oppone esplicitamente una condizione in cui la critica si integra pienamente e organicamente – femminilmente – con l’arte: “l’atto critico completo e verificabile è quello che fa parte della creazione artistica”. Disegna dunque una possibile fuoriuscita dall’estraneità di fondo che caratterizza la critica, attraverso la piena accettazione delle possibilità creative e della “disposizione al bene” che informa la relazione con l’arte. Queste idee non possono essere scisse da una radicale presa di coscienza, dalla consapevolezza di un pensiero completamente diverso, in grado di scivolare su un altro piano di esistenza: “La donna non è in rapporto dialettico col mondo maschile. Le esigenze che essa viene chiarendo non implicano un’antitesi, ma un muoversi su un altro piano. Questo è il punto su cui più difficilmente arriveremo a essere capite, ma è essenziale che non manchiamo di insistervi” (Sputiamo su Hegel, 1970).
Sono punti noti, certo, ma dai quali probabilmente cinquant’anni dopo è necessario ripartire.

Christian Caliandro

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Christian Caliandro

Christian Caliandro

Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…

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