Che noia il Soft Power. In Europa dobbiamo piuttosto abilitare la curiosità

Come dimostra il successo di eventi come l’Eurovision o progetti come l’Erasmus, la cultura potrebbe giocare un ruolo essenziale nella creazione di un’identità europea; perché, al di là dell’economia, l’UE sarà realmente tale quando le persone che la abitano si sentiranno vicine tra loro

L’Eurovision Song Contest può risultare a molti come una sorta di pastiche in cui vengono riuniti elementi culturali molto distanti tra loro; ciascuno, come notato da alcuni opinionisti culturali, impegnato a far emergere un’immagine sfavillante di sé e della propria nazione. Tuttavia, al di là di quest’interpretazione, sta di fatto che gli italiani, l’Eurovision, lo hanno seguito. E i dati degli scorsi anni mostrano quanto la manifestazione sia sentita anche negli altri Stati partecipanti.

L’Eurovision il confronto più importante tra i Paesi dell’UE

Si tratta di un dato significativo dal momento che l’Eurovision è forse la manifestazione comunitaria più importante, in termini di confronto culturale, tra i Paesi Membri. Tralasciando le manifestazioni sportive che, per quanto seguite, sono carenti dell’elemento culturale, si può forse affermare che gli unici momenti di incontro tra le nazioni europee siano rappresentati dall’Eurovision Song Contest, dal progetto Erasmus, e, in misura molto minoritaria, le Capitali Europee della Cultura. Contesti al di fuori dei quali, gli italiani non hanno quasi mai modo di confrontarsi con i cittadini tedeschi, francesi, e ancor meno con quelle nazioni più distanti geograficamente dal nostro stivale.

Il ruolo della cultura nella creazione dell’Europa

Tale constatazione richiede una riflessione attenta sul ruolo che la cultura potrebbe giocare nella creazione dell’Europa, partendo da alcuni dati certi.
Il primo dato certo è che, evidentemente, c’è un forte interesse circa la cultura degli altri Paesi. Considerazione importante nella misura in cui la curiosità rappresenta una leva essenziale nella costruzione dei rapporti tra popoli e Paesi.
Il secondo dato certo è che questa curiosità, se opportunamente stimolata, può portare a risultati aggregati significativi; come dimostra il numero di ragazzi che negli anni ha aderito al programma Erasmus, decidendo di trascorrere un periodo di tempo in un altro dei Paesi membri. Scelta che, pur sembrando “leggera”, nella fase di vita in cui viene presa, ha importanti conseguenze.
Il terzo dato certo è che, al di là di tali connessioni, al momento la cosiddetta cultura europea è il risultato di una visione burocratica e amministrativa. Nei fatti, l’insieme di azioni europee legate alla cultura sono volte a cofinanziare ricerche; film o altre opere audiovisive con produzioni congiunte; a sviluppare progetti sul territorio comunitario; e infine a organizzare un contest in cui molte nazioni si presentano alle altre.
Non ci sono programmi di presentazione e confronto continuativo tra le culture. Lo stesso Eurovision, che potrebbe essere un grande strumento di reciproca conoscenza, è concepito come un evento.

Bandiere europee
Bandiere europee

Cosa si potrebbe fare per creare una cultura europea

Si potrebbe fare molto di più: sviluppare, ad esempio, una reale competizione internazionale, che assuma la forma del Festival di Sanremo o piuttosto adotti il format dei talent, estendendolo a tutti i Paesi dell’Unione Europea.
Si potrebbero creare dei percorsi scolastici che prevedano una conoscenza più approfondita delle altre società europee. Reinventare, magari, la geografia, includendo lo studio approfondito dei paesi EU; senza cercare di rintracciare una storia comune ma spaziando sull’attualità.
Altrettanto efficace potrebbe essere la creazione di mostre temporanee da far circuitare all’interno del territorio comunitario, per promuovere i rispettivi patrimoni di arte contemporanea.

Cultura europea? Non solo produzione ma anche distribuzione

Piuttosto che limitarsi a promuovere la produzione cinematografica, potrebbe essere interessante promuovere anche la distribuzione, sostenendo l’organizzazione di rassegne nazionali per favorire la comprensione della realtà e dell’immaginario delle diverse nazioni.
Un risultato analogo si otterrebbe sostenendo tour di musicisti indipendenti anche nei territori meno conosciuti dell’UE: se è facile intercettare a Milano o a Roma eventi promossi dalle altre nazioni; più difficile è incontrarli a Vercelli, a Potenza, o in altre aree meno coinvolte dai tour internazionali che autonomamente vengono promossi dai musicisti di successo.

La cultura come elemento di reciproca conoscenza e connessione

Piuttosto che trasformare la cultura in un evento, sarebbe quindi essenziale veicolare la cultura come elemento di reciproca conoscenza e connessione. Abituarci a vivere in una comunità attraversata da fenomeni artistici differenti. Integrare le istanze tipiche della nostra Nazione con le esigenze e le urgenze dalle altre realtà con cui, attualmente, condividiamo soltanto politiche economiche e moneta. Insomma, ad oggi la nostra unione è fondata su legittimi interessi economici contrapposti. È il momento di associare a tale condizione anche un livello di interesse culturale reciproco.
Il soft power potrà forse funzionare per i rapporti diplomatici, ma abbiamo bisogno di un Europa che si fondi sulla vicinanza tra persone. Senza, siamo solo partner di un contratto multilaterale.

Stefano Monti

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Stefano Monti

Stefano Monti

Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

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