Quando la pittura fuoriesce dal quadro. Agostino Bonalumi a Milano

Palazzo Reale, Milano ‒ fino al 30 settembre 2018. Prima antologica che Milano intitola a uno dei suoi artisti più noti, a pochi anni dalla sua scomparsa. “Bonalumi, 1958-2013” è la più completa rassegna dedicata all’inventore della “pittura-oggetto”.

Doveva inaugurare il 10 luglio, data di nascita di Agostino Bonalumi (Milano, 1935-2013), ma l’apertura è stata rinviata al 16 luglio dopo la tragica morte di Luca Lovati, allievo e storico braccio destro dell’artista, caduto da un’altezza di tre metri durante l’allestimento della mostra. Proprio a Lovati è stato dedicato Bonalumi, 1958-2013, il percorso espositivo curato da Marco Meneguzzo e realizzato in collaborazione con l’Archivio Agostino Bonalumi, che presenta in ordine temporale 120 opere, testimonianze esemplari dell’iter creativo di uno dei massimi astrattisti a livello mondiale.
La progressione cronologica, articolata in undici sale, evidenzia uno degli elementi chiave di innovazione introdotti da Bonalumi: l’espansione del concetto di spazio artistico, sulla scia della ricerca di Lucio Fontana e in parallelo agli artisti-sodali Piero Manzoni ed Enrico Castellani, e l’invenzione di ciò che Gillo Dorfles definì “pittura-oggetto”. Una pittura estrusa dalla superficie, che fuoriesce dal “quadro” all’esterno, tridimensionalmente, nell’ambiente. Una sperimentazione autodidatta ed estrema in cui la pittura sconfina nella scultura, nell’architettura, nel teatro e nel design, e che cerca e plasma il senso dello spazio in un modo nuovo. Un modo che stimola lo spettatore non solo a guardare, ma ad adeguarsi allo spazio, ascoltandolo con tutti i sensi.

Bonalumi. Installation view at Palazzo Reale, Milano 2018. Courtesy Alto Piano. Photo Agostino Osio

Bonalumi. Installation view at Palazzo Reale, Milano 2018. Courtesy Alto Piano. Photo Agostino Osio

UN TRIPLICE PERCORSO

Sono tre i macro periodi storicizzati. La fase delle prime estroflessioni, dagli esordi informali e materico-gestuali al 1971; il periodo delle griglie, caratterizzato dalle strisce parallele, dal 1971 al 1988-89; e la fase sperimentale finale dal 1989 al 2013, quando l’artista attua prima estroflessioni libere e lineari, e poi geometriche. In ciascun periodo, moduli geometrici come il quadrato, il cerchio, il fuso, la linea e i punti interagiscono in modo composto eppure libero nel monocromo assoluto della tela, liscia, lucente, estroflessa e lavorata, o morbida, rigonfia, impuntata e imbottita.
Questo triplice percorso è a sua volta punteggiato da tre grandi installazioni ambientali: Blu abitabile, 1967; Struttura modulare bianca, 1970; e la grande superficie esposta all’Institut Mathildenhöhe a Darmstadt, del 2003. Di sicuro impatto, all’interno di un allestimento filo-austerity, la parziale ricostruzione dell’imponente struttura in vetroresina e nitro ideata per la Biennale di Venezia del 1970, che omaggia sia modelli organici e vertebrali sia il Constantin Brancusi della Colonna senza fine.

Agostino Bonalumi, Struttura modulare bianca, 1970

Agostino Bonalumi, Struttura modulare bianca, 1970

IL DOCUMENTARIO

Verso la fine del percorso espositivo è proiettato un estratto di dodici minuti del nuovo documentario diretto da Fabrizio Galatea, che evidenzia il legame tra la profondità poetica e teorica di Bonalumi e l’evoluzione tecnologica e dei materiali di largo impiego (plastica, gomma, metalli e tessuti) che nell’arco di 54 anni, dal 1958 al 2013, entrano nelle case degli italiani. Il film sarà trasmesso integralmente su Sky Arte il prossimo 18 settembre.

Margherita Zanoletti

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Margherita Zanoletti

Margherita Zanoletti

Con Francesca di Blasio ha pubblicato la prima traduzione italiana di “We are Going” dell’autrice e artista aborigena australiana Oodgeroo Noonuccal; con Pierpaolo Antonello e Matilde Nardelli ha co-curato “Bruno Munari: the Lightness of Art”. Dal 2004 idea e collabora…

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