Sull’intelligenza artificiale e la sua presunta creatività

L’AI è veramente in grado di creare autonomamente? O piuttosto mette insieme ciò che già c’è? Quel che le manca è l’esperienza personale, vissuta, spesso indecifrabile dell’uomo

Un po’ mi sento antico. Il dibattito sulle nuove tecnologie non mi appassiona mai più di tanto. Ritengo che le tecnologie siano strumentali all’efficienza e all’efficacia del benessere sociale. Salvo che non ve ne sia coinvolti in quanto sviluppatori, da meri utenti mi sembra superfluo impegnarsi in grandi speculazioni intellettuali. Invece, rilevo l’abituale bla bla sulla qualunque (e senza alcun presupposto, se non pretestuoso naturalmente).

Installation view of Refik Anadol Unsupervised, The Museum of Modern Art, New York © 2023 The Museum of Modern Art. Photo Robert Gerhardt

Installation view of Refik Anadol Unsupervised, The Museum of Modern Art, New York © 2023 The Museum of Modern Art. Photo Robert Gerhardt

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E CREATIVITÀ

Adesso si parla tanto dell’intelligenza artificiale. Quel che fa e che non fa, quel che sarà o che non sarà. Io credo che vada vissuto il presente, che come sempre costruisce il futuro. Non sarà niente che non dovrà essere e sarà tutto ciò che dovrà essere. Non è fatalismo, ma hic et nunc. Basti ricordare a titolo di esempio recente quante chiacchiere inutili siano state fatte sul cloud, sullo streaming, per non parlare di ciò che si diceva dei contenuti online, dei social, se non addirittura sul web e sul cellulare.
Strumenti oggi centrali nella nostra vita, lo sono diventati non perché si sia indirizzato il loro corso in una qualche direzione, ma perché la società si è sviluppata con essi e così il loro uso.
C’è una riflessione, invece, che giudico interessante inerente all’AI, perché propedeutica al paradigma: quella sull’autorialità.
Molti dei polemizzatori sono coevi a letteratura e cinema che davano all’AI un’anima e la rendevano ribelle all’uomo che l’aveva creata. Guerre, stragi e “chi me lo ha fatto fare”. Non mi addentro adesso in questa possibilità, la reputo un’ansia inutile.
Interessante invece è definire l’input. Ovvero, si dibatte molto sull’intelligenza artificiale online che risponde a qualsiasi quesito. Così come risponde a domande di ricerca frutto di un database enciclopedico (che la macchina può consultare o imparare a costruire in base alle istruzioni fornitele da un umano), altresì crea: un’immagine, un testo… Ma crea veramente? E crea veramente da sola? Chi è l’autore?

Opera d'arte generata con Midjourney

Opera d’arte generata con Midjourney

ESPERIENZA VS CALCOLO

Intanto “creare”, da vocabolario, significa “produrre dal nulla”. L’AI è una calcolatrice, potentissima, ma mette insieme ciò che già c’è. Lo fa in una combinazione nuova? Questo dovrebbe essere il “creare”? Ma la combinazione che fa è un calcolo, non è definibile come qualcosa di nuovo, che non c’è, perché un calcolo è un qualcosa di predeterminato (da chi? Dall’uomo). Si dice che auto-apprende, si migliora, ma sempre calcoli su formule sono.
Si potrebbe obiettare che anche l’uomo crea come frutto di una combinazione inedita (neanche sempre a dire il vero…), che sempre di un calcolo si tratta. Ma l’uomo ha un’elaborazione del “dato” che è sulla sua esperienza: personale, vissuta, spesso indecifrabile, non esprimibile né condivisibile se non con altri linguaggi come la creazione artistica. E quella non è “precaricata” da un terzo. Quindi io credo che qualsiasi cosa tiri fuori l’AI, ovvero una macchina, l’output altro non sia che il frutto di un calcolo, predeterminato da una formula scritta da un umano e su dati caricati da un umano, o che un umano ha detto alla macchina come e dove trovare.

Fabio Severino

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #72

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Fabio Severino

Fabio Severino

Fabio Severino, MBA e PhD in marketing, è economista e sociologo. Esperto di cultura e turismo, già ceo di impresa, docente a La Sapienza di Roma e visiting a Londra, Barcellona e Lione, consulente di Onu e ministeri, è autore…

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