Abbiamo l’Oculus, il metaverso e diversi avatar a testa: siamo più di là che di qua. Eppure, guardando opere come quelle esposte nell’ambito della mostra Metaspore al Pirelli HangarBicocca emerge ugualmente come fondamentale, urgente e niente affatto scontata la domanda: “È possibile coniugare davvero la vita sensoriale con un mondo che frammenta le esperienze attraverso la tecnologia? E come si possono avvicinare questi mondi?”. Il tema, centrale nelle opere di Anicka Yi (Seul, 1971) – alla sua prima personale italiana ‒ lo ha affrontato la stessa artista nel simposio Sensory Ecologies il 28 aprile 2022, parte del Public Program dell’istituzione milanese e concepito come una prosecuzione della sua ricerca disciplinare e delle sue istanze.

IL SIMPOSIO DEDICATO ALLA RICERCA ARTISTICA DI ANICKA YI
“Nella nostra realtà, tutto sembra dominato dai ‘sensi aumentati’ e dall’uso delle tecnologie immersive, soprattutto attraverso gli schermi. Le immagini però proliferano così velocemente che smettiamo di percepirle davvero: il flusso di novità è talmente soverchiante che non ci permette di concentrarci sulle singole cose e sulle nostre sensazioni”, racconta Anicka Yi, che ha fatto della coesistenza tra esperienza umana e studio della tecnologia il cuore della sua pratica artistica (incluso il documentario del 2016 The Flavor Genome mostrato durante il simposio).
“Non solo: stiamo dando valore a suoni e visioni, che creano l’illusione di una vera interazione, a discapito di tutti gli altri sensi, che vengono percepiti come inferiori soprattutto perché passivi.
Il mio lavoro alla Tate Modern e qui prende invece in considerazione l’arricchimento della tecnologia con elementi biologici che si riconnettano ai nostri sensi”. Per ovviare a questa disconnessione, ricomporre la nostra esperienza e indirizzare il futuro della tecnologia per renderla, davvero, più simile a noi, Yi parte dagli stessi esseri umani, e dai sensi “ignorati”, per creare uno scenario più utopistico e meno compromesso con i peggiori usi della tecnologia: “Una nuova tecnologia sensoriale ci renderebbe più empatici, allontanandoci dagli usi più spiccatamente capitalistici. L’olfatto per esempio genera in me tanta meraviglia: gli odori sono perle simbiotiche che ci connettono alla nostra presenza fisica, biologica, chimica, ci mettono in connessione con il passato e il futuro e ci rendono fragili, mostrandoci la nostra condizione di permeabilità”.

I PROTAGONISTI DI SENSORY ECOLOGIES A MILANO
A fianco dell’artista sono intervenute fisicamente o digitalmente anche altre personalità di grande rilievo nei campi dell’arte e della tecnologia, ampliando l’interdisciplinarità del discorso e mostrando i progressi già in corso nei diversi ambiti di studio e applicazione di questi elementi. Monica Bello ‒ curatrice e responsabile per le arti al CERN di Ginevra ‒ ha parlato della peculiarità e inevitabile parzialità dell’esperienza umana della natura, paragonandola per esempio a ciò che avviene a livello subatomico, mentre Barbara Mazzolai ‒ direttrice associata per la Robotica e direttrice del Bioinspired Spot Robotics Laboratory dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova ‒ ha illustrato i progressi in corso nell’evoluzione della robotica, mostrando la sempre maggiore adattabilità delle macchine su imitazione della flessibilità umana e della sua natura biologica.
Eric Klarenbeek ‒ che collabora insieme a Maartje Dos con aziende, università e produttori per creare oggetti di design eco-tecnologici come la Mycellium Chair ‒ ha parlato del design circolare e della produzione di oggetti con l’inclusione di biopolimeri, dai funghi alle alghe; l’eloquente Jane Calvert ‒ sociologa della scienza e professoressa di studi scientifici e tecnologici all’Università di Edimburgo ‒ ha ripreso il tema della “biologizzazione” delle macchine e di collaborazione tra esseri viventi portando all’attenzione del pubblico l’urgenza di normare l’autonomia di nuove entità biologiche per evitare che siano cooptate dal sistema capitalistico. Infine Harmony Holiday ‒ scrittrice, danzatrice e poetessa, a capo dell’archivio di poetica griot e performance al MOCA di Los Angeles ‒ ha letto dei passaggi di suoi componimenti poetici connessi alla coesistenza naturale e umana e alla sua esperienza di persona nera, e Hsuan L. Hsu ‒ professore di Letteratura Inglese alla Davies e autore di saggi sugli studi sensoriali ‒ ha rimarcato l’importanza dell’esperienza olfattiva nella creazione di opere d’arte e d’intelletto nel mondo.
Un’occasione rilevante, quella organizzata dall’HangarBicocca, per scomporre il tema della cooperazione vivente-digitale in una nuova prospettiva, invitando gli astanti ad analizzare cosa ci rende veramente umani e cosa di già simile alle organizzazioni digitali abbiamo visto funzionare in natura e, in fin dei conti, già conosciamo.
‒ Giulia Giaume