Da Parco Archeologico a polo culturale per la città. Il progetto della Laus Pompeia di Lodi Vecchio

Lo studio milanese FaseModus è intervenuto nell’area di Laus Pompeia all’insegna di una progettazione che tiene conto del benessere psicofisico di chi visita e vive gli spazi. Così Lodi Vecchio recupera il suo patrimonio storico in chiave contemporanea

Lungo i fiumi Lambro e Adda, l’area del Parco Archeologico di Laus Pompeia rappresenta il trait d’union tra la città di Lodi e la sua memoria. Nel progetto dello studio FaseModus si articolano i temi della tutela, della valorizzazione e della promozione, con l’obiettivo di restituire alla collettività larga parte delle testimonianze archeologiche, monumentali e documentali del suo passato. Un intervento di rigenerazione promosso dal comune di Lodi Vecchio e finanziato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo nel quadro del piano strategico “Grandi Progetti Beni Culturali”, che integra temi che vanno dall’ambiente al recupero del patrimonio testimoniale, fino al design biofilico.

FASEMODUS E IL PROGETTO PER IL PARCO ARCHEOLOGICO DI LODI VECCHIO

Un’area di circa 15mila metri quadri, sulla quale sono presenti tre edifici posti in prossimità degli scavi archeologici della basilica di Santa Maria. Il primo immobile è ricavato dal riuso di un’antica stalla che mantiene intatti i propri caratteri formali e materiali e ospita il Museo Archeologico disposto su due piani, per una superficie complessiva di circa 1000 metri quadri. Il secondo, il Conventino, è stato oggetto di interventi di risanamento conservativo ultimati nel 2007 e oggi ospita mostre temporanee ed eventi culturali. Il terzo, antica sede del vescovado usata come casa padronale del complesso, è attualmente in avanzato stato di degrado e sarà oggetto di riqualificazione insieme ai ruderi dei rustici superstiti. Saranno presenti punti di osservazione privilegiati che, grazie anche alla realtà aumentata, permetteranno di traguardare lo skyline e scorgere parti della città romana (il foro, il teatro e l’anfiteatro) e di quella medievale (la basilica).

Fasemodus, esterno del museo, Parco Archeologico Laus Pompeia, Lodi
Fasemodus, esterno del museo, Parco Archeologico Laus Pompeia, Lodi Vecchio

UN PROGETTO ARCHITETTONICO DI NATURA BIOFILICA

L’intervento è interpretato in chiave “biofilica”, capace, cioè, di garantire benessere psicofisico attraverso luce, viste, colori, materiali e pattern naturali. La componente della vegetazione è organizzata secondo funzioni compositive: verde di margine, verde di filtro, verde idrofilo, green dots, green field – lo spazio verde libero – e verde d’ombra lungo le ciclovie. Il progetto impiega materiali ecocompatibili e naturali con criteri di atossicità nell’intero ciclo di vita, con particolare attenzione ai prodotti innovativi e che rispettino i principi dell’economia circolare. Tutte le azioni previste qui sono indirizzate verso l’autosufficienza dal punto di vista energetico, contribuendo alla riduzione delle emissioni in atmosfera.

LAUS POMPEIA. UN PARCO, DUE PERCORSI

Il Parco, con l’offerta di una nuova area verde urbana e percorsi, costituisce un importante tessuto connettivo. Il progetto dello spazio aperto si articola secondo due traiettorie che si incrociano continuamente: quella di un turista culturale alla scoperta della storia e quella della comunità che lo abiterà quotidianamente. La prima, sviluppa la narrazione di Laus Pompeia attorno ai reperti, agli scavi e al percorso museale e partecipa al sistema dei luoghi centrali della città. Un percorso arricchito da ulteriori visioni “sul campo” in corrispondenza delle fondamenta della Basilica e dei ritrovamenti delle ultime campagne di scavi (tra cui i suggestivi resti di una strada romana urbana, con il suo sistema interrato di smaltimento delle acque). Tangente a questi elementi, un altro percorso collega il Conventino, mentre oltre le Case Coloniche, verso l’aia e la campagna, gli interventi si fanno più diradati, lasciando spazio per essere usato come luogo di gioco, di osservazione, di sosta.
Mentre, per la sua natura di “volume vuoto”, la Casa Padronale condivide l’attitudine architettonica della stalla-museo: per materiali e rapporto con l’esistente l’intervento nella sua leggerezza è un “innesto minimo”, seppur non mimetico. Gli obiettivi? Restaurare i brani di pregio, risanare i volumi principali, adeguare tecnologicamente il complesso, rendere accessibili, antisismici e fruibili tutti gli spazi.

Fasemodus, esterni, Parco Archeologico Laus Pompeia, Lodi
Fasemodus, esterni, Parco Archeologico Laus Pompeia, Lodi Vecchio

INTERVISTA ALLO STUDIO FASEMODUS

Fondato a Milano nel 2015 dall’architetto e ingegnere Luca Bucci e dall’architetto Stefano Cellerino, FaseModus è uno studio di progettazione con partnership in Europa, USA e Sud America, che elabora progetti che vanno dalla pianificazione territoriale alla corporate architecture, dai luoghi pubblici a quelli per il lavoro, dagli spazi per la cultura a quelli per la residenza.

Raccontateci più nel dettaglio gli sviluppi di questo progetto complesso che mette a sistema landscape, architettura, arte…
Questo progetto è l’ultima fase di un processo avviato da più di mezzo secolo: dai primi scavi degli Anni ’50 ai progetti attuali, da cascina a sito archeologico, quindi polo culturale. Come FaseModus siamo stati coinvolti per occuparci del cambio di funzione delle aree del parco, che nel 2005 erano destinate a uno sviluppo residenziale. Abbiamo curato la conversione dell’antica stalla in Museo Archeologico integrando il programma espositivo con una nuova biblioteca e aprendo così il complesso al turismo culturale.

E perché possiamo definire il progetto figlio di un approccio biofilico?
L’interazione tra architettura e natura si manifesta nel disegno del Parco, risultato di un’attitudine progettuale interpretazione di design biofilico. Elementi come aria, suolo e acqua entrano a far parte del progetto come materia costitutiva di scelte impostate su criteri di sostenibilità: essenze autoctone per valorizzare il territorio; assenza di sostanze chimiche e piante per sostenere le api, pavimentazioni drenanti e rain garden per la corretta gestione delle acque piovane; vegetazione igrofila con alta capacità depurativa; illuminazione con accorgimenti per la riduzione dei consumi energetici; elementi di arredo in materiale riciclato e riciclabile per sviluppare l’abitudine alle buone pratiche partendo dai luoghi pubblici.

Il tema della memoria e della rigenerazione urbana sembrano cruciali qui. Quale l’approccio rispetto a questo: ricucire o sperimentare?
Il tempo ha un significato rilevante in questo progetto. Non un solo tempo ma tanti tempi. Quelli più immediati – legati ai modi di chi percorrerà il parco – e quelli lunghi, legati allo spazio e alla materia complessa che lo compone. C’è infatti uno scarto tra la percezione attuale e la percezione dell’opera originale. Così come per le rovine delle case coloniche, il progetto offre un’esperienza del tempo, anzi dei tempi che qui si sono sovrapposti in un riuso continuo dei materiali. Un meraviglioso gioco di contaminazioni e perdite in cui – citando Camus – “i ruderi sono tornati a essere pietra e, perdendo il lustro imposto dall’uomo, sono rientrati nella natura”.

L’INTERAZIONE CON LA MEMORIA E L’ARCHEOLOGIA

Interessante questa volontà progettuale fatta di interventi minimi. Spiegateci meglio
Per non cancellare i segni originali, abbiamo previsto interventi minimi che forniscano un lessico contemporaneo al progetto, fatto di elementi coerenti in dialogo con quelli ereditati. Non si costruiscono volumi ma si introducono punti di vista privilegiati in grado di condizionare e orientare la visione per costruire la narrazione del luogo. Le “stanze” a cielo aperto formate dalle murature superstiti delle case coloniche, per esempio, saranno percorribili fisicamente grazie all’introduzione di una lenta rampa pedonale, una “promenade architecturale” che modifica i meccanismi percettivi e i consueti rapporti di prossemica tra osservatore e reperti. L’attitudine progettuale è vicina a quella dell’allestimento, un territorio intermedio tra l’architettura e il design: per questo siamo stati coadiuvati dal team di 7emezzo, studio di progettazione digitale che si occupa di promuovere il Patrimonio Culturale attraverso le nuove tecnologie.

Esporre l’archeologia oggi: quali gli obiettivi, le mosse vincenti per il territorio e il rilancio di strategie culturali?
Il Parco rappresenta il tessuto connettivo che tiene insieme scavi, sede museale, biblioteca, il Conventino, le case coloniche con una caffetteria e spazi multifunzionali. Con la vicina Basilica di San Bassiano, splendida nel suo isolamento nella campagna, costituiscono una polarità turistico-culturale posta in posizione nodale all’interno di una fitta trama di memorie, sistemi ambientali e mobilità dolci che dall’area metropolitana milanese arriva fino al Po.

Ci sono esempi di progetti simili o progettisti che hanno trattato un tema simile, in Italia o all’estero, a cui avete guardato con particolare interesse?
Sicuramente ci sono rimasti impressi interventi nella natura come Arte Sella e la Marrana. Questo progetto è multidisciplinare, l’esito di tanti sguardi diversi – un team di archeologi coordinati dal dott. Gianluca Mete; Metaheritage per la multimedialità applicata all’archeologia; Studio Giuriani per interventi sulle strutture storiche; Matlab, la divisione “green” di FaseModus con l’Arch. Elisabetta Tonali per la componente paesaggistica e della sostenibilità – e del dialogo serrato con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio e l’amministrazione di Lodi Vecchio.

Giulia Mura

fasemodus.com

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Giulia Mura

Giulia Mura

Architetto specializzato in museografia ed allestimenti, classe 1983, da anni collabora con il critico Luigi Prestinenza Puglisi presso il laboratorio creativo PresS/Tfactory_AIAC (Associazione Italiana di Architettura e Critica) e la galleria romana Interno14. Assistente universitaria, curatrice e consulente museografica, con…

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