Vendere un Klimt per costruire il palazzetto dello sport. A Venezia è polemica

La proposta non è nuova: il Comune di Venezia vuole vendere l’opera “Giuditta II” di Gustav Klimt per far cassa e rimediare così alla possibile perdita dei fondi del PNRR per costruire il nuovo palazzetto dello sport

Due notizie a distanza di pochi giorni l’una dall’altra (e l’una conseguenza dell’altra) destano sconcerto a Venezia: la prima riguarda il PNRR e la contestazione della Commissione Europea a proposito del faraonico progetto del “Bosco dello Sport” non lontano dall’aeroporto della città. Un progetto da più di 300 milioni di euro inserito alla voce riqualificazione urbana del PNRR a cui è seguita una “richiesta di verifica per inadeguata progettazione” da parte degli organismi europei, che di fatto sta congelando parte della terza tranche dei fondi destinati all’Italia. La a seconda, legata a doppio filo alla prima, riguarda la proposta dei giorni scorsi in merito all’idea della vendita di Giuditta II di Gustav Klimt, di proprietà del Comune di Venezia, per colmare il possibile mancato finanziamento dell’impianto sportivo.
Una proposta (derubricata poi a “boutade”) non nuova, che fin dal 2015 continua ciclicamente a riproporsi come tappabuchi delle mancanze nella capacità progettuale e di visione dell’amministrazione locale in materia di risanamento economico.
Perché una operazione di mercato del genere potrebbe effettivamente fruttare cifre da capogiro: anche 200 milioni di euro. Ma con un’offerta economica così elevata, altrettanto alto è il rischio che l’intera questione si trasformi tanto in pericoloso precedente, quanto in un clamoroso boomerang mediatico con ricadute negative per l’immagine e la credibilità sia dell’intero sistema museale italiano sia della città di Venezia, nel solco della “scarsa attenzione” alla qualità dell’offerta culturale.

“Oggi come non mai Venezia deve tornare a valorizzare il proprio patrimonio culturale, così da ridare dignità a una città e a una produzione culturale svilita, ormai svenduta

IL NODO DELLA CULTURA A VENEZIA

Corsi e ricorsi storici, dunque, ma che sempre si riducono semplicemente a quel che sono: una semplificazione inattuabile, visto che le norme del Codice dei Beni Culturali vietano lo smembramento delle collezioni pubbliche, ma capace di minare la credibilità internazionale di una città d’arte che ormai fa della propria arte un gadget da smerciare secondo logiche al ribasso.
Una proposta miope, l’ennesima, che attenta (ancora) al patrimonio culturale della città, mercificandolo, che desta preoccupazione e sconforto, procedendo nella direzione esattamente opposta allo spirito che diede vita (fin dal 1897) alla “collezione comunale pubblica d’arte moderna” del Museo di Ca’ Pesaro, tra le più rilevanti al mondo. Ovvero la rappresentazione della non contezza della materia e dell’indissolubile rapporto tra la città di Venezia e la collezione costituita dalle acquisizioni pubbliche dello stesso Comune, ma soprattutto della chiara volontà di piegare le istituzioni culturali locali, oppresse da un costante e progressivo decadimento, a logiche provinciali, puramente aziendali, relegando il nostro patrimonio a un qualcosa di ancillare, semmai da sfruttare economicamente.

Gustav Klimt, Giuditta II (Salomé), 1909, olio su tela. Ca' Pesaro-Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Fondazione Musei Civici di Venezia

Gustav Klimt, Giuditta II (Salomé), 1909, olio su tela. Ca’ Pesaro-Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Fondazione Musei Civici di Venezia

CULTURA, TURISMO, ECONOMIA

Perché il punto non è solo la volontà di recuperare risorse attraverso il nostro patrimonio, ma anche come questa opportunità venga messa in atto, a volte, con troppa leggerezza senza alcuna verifica degli equilibri tra necessità e opportunità. Sviluppare strategie complesse per ottimizzare la circolazione dei capitali (tanto culturali quanto economici) mossi dalle strutture museali, oggi, deve passare da nuove dinamiche di relazione, a cominciare proprio da quelle basate sulla credibilità delle strutture stesse, tanto a livello locale quanto (e soprattutto) sul piano internazionale. Riuscire ad attivare e sedimentare un circolo virtuoso di richiamo economico non può compiersi semplicemente con azioni di entertainment turistico passivo, o attraverso soluzioni che antepongano il mero ed effimero ritorno immediato a una progettazione di ampio respiro che garantisca rientri costanti nel tempo. E questo perché sempre più a livello internazionale le prospettive d’intervento rigenerativo di città e di interi territori vedono nell’investimento in cultura e turismo il compimento di una idea di patrimonio sviluppata secondo una visione attiva, pianificata e non occasionale, che unisca i principi di una economia di scambio e relazione dei propri “asset di reputazione”, tale da coinvolgere più e diversi soggetti e istituti di ogni ordine e grado, anche privati.

“Una proposta non nuova, che fin dal 2015 continua ciclicamente a riproporsi come tappabuchi delle mancanze nella capacità progettuale e di visione dell’amministrazione locale

VALORIZZARE IL PATRIMONIO CULTURALE DI VENEZIA

E proprio confrontando questa prospettiva evoluta, ormai radicata nel mondo culturale nei quattro angoli del mondo, con la “boutade” veneziana si coglie la pochezza di una proposta del genere, una semplificazione che segue la volontà di non dotare la Fondazione Musei Civici di un direttore preposto proprio allo sviluppo di tale direzione gestionale, un mix letale, che altro non fa che acuire una crisi profonda per la città, con una progressiva e inesorabile mancanza di progettualità e di visione del futuro, capace solo di usare le proprie istituzioni culturali come mero espediente per attrarre turisti ignari, invece che come strumento di innovazione e di avanguardia.
Oggi come non mai Venezia deve tornare a valorizzare il proprio patrimonio culturale, così da ridare dignità a una città e a una produzione culturale svilita, ormai svenduta, declassata da un lato a sagra di paese e dall’altro a vecchia cartolina esposta a favore di camera dei turisti, fatta di maschere sgualcite Made in China.
Infine, sul caso specifico, vale la pena ricordare le parole del 2015, di Alfred Weidinger, all’epoca vicedirettore del Belvedere di Vienna, e uno dei massimi esperti del maestro austriaco: “Vendere capolavori per far cassa è una decisione assai discutibile, per nulla etica. Inoltre ‘Giuditta II’ è un’opera che ha dannatamente molto a che fare con Venezia”.

Massimiliano Zane

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Massimiliano Zane

Massimiliano Zane

Massimiliano Zane (Venezia, 1979) è progettista culturale, consulente strategico per lo sviluppo e la valorizzazione del patrimonio.

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