“Sono un soldato del cinema”. Parla Werner Herzog

Al Salone del Libro di Torino per presentare il suo ultimo volume, il regista Werner Herzog ha colto l’occasione per raccontarsi. Dispensando anche qualche consiglio

I miei libri saranno ricordati in futuro più dei miei film”: inaspettate le parole con cui Werner Herzog (Monaco di Baviera, 1942) ha esordito davanti al pubblico (numerosissimo) del Salone del Libro in occasione della presentazione de Il crepuscolo del mondo (Feltrinelli).
Un romanzo basato sulla storia vera di Hiroo Onoda, il soldato giapponese che per 29 anni nella giungla di Lubang, una piccola isola delle Filippine, continuò a combattere non sapendo che la Seconda Guerra Mondiale era terminata nel 1945 con la capitolazione di Tokyo.
Nel 1997 ero nella capitale giapponese per preparare la messa in scena di ‘Chushingra’, opera del compositore Shigeaki Saegusa e, dopo aver rifiutato di incontrare l’imperatore, cosa che provocò un enorme imbarazzo, chiesi di conoscere quell’ex soldato di cui avevo sentito la storia. Una settimana dopo venni accontentato”, racconta Herzog.
Un incontro avvenuto più di vent’anni fa: si crea sintonia fra Herzog e Onoda, pur nella formalità dello stile di vita nipponico: “Non ci siamo mai toccati, mi è stato solo permesso di sfiorare la sua uniforme militare. In Giappone ci si inchina, ci si inginocchia, ma non ci si tocca”.
Il cineasta s’immagina la vita nella giungla ‒ “un ambiente che conosco bene”, sottolinea il regista di Aguirre e Fitzcarraldo ‒ del tenente e degli altri tre commilitoni rimasti con lui. Uno se ne va dopo cinque anni, un altro perisce in un’imboscata dopo 24 anni, l’ultimo muore dopo 26. “Ho parlato molto della percezione del tempo con Onoda, ma è una storia che è rimasta chiusa in me per vent’anni e a un certo punto ho sentito il bisogno di raccontare questa finzione che diventa realtà, un mix di sogni e vita reale, il tempo sospeso nella foresta per settimane e settimane”.

Grotte di Chauvet. Photo © Dario Bragaglia

Grotte di Chauvet. Photo © Dario Bragaglia

I NUOVI PROGETTI DI HERZOG TRA FILM E LIBRI

Durante il periodo della pandemia ho lavorato molto, ho scritto due libri e girato due film, uno dei quali uscirà in Gran Bretagna fra quattro settimane. E ho nuovi progetti, soprattutto uno che vorrei girare in Africa Occidentale, ma è un’operazione complessa che non so ancora se andrà a buon fine. Invece il secondo libro che ho scritto uscirà in autunno sempre per Feltrinelli: sarà un memoir di circa 350 pagine, ma non un’autobiografia. Piuttosto una riflessione su come nascono le mie idee. Tengo molto alla parola: il cinema per me è il viaggio, ma la scrittura è la mia casa. Leggo molto, mi piacciono le ‘Georgiche’ di Virgilio, conosco il latino, sto leggendo Diodoro Siculo e poi ascolto musica, soprattutto Beethoven, ma anche Carissimi e Orlando di Lasso”, ha raccontato Herzog.

Werner Herzog al Castello di Rivoli, 2022. Photo © Dario Bragaglia

Werner Herzog al Castello di Rivoli, 2022. Photo © Dario Bragaglia

LA VISITA DI HERZOG AL MUSEO DI RIVOLI

La due giorni torinese del regista di Monaco, che quest’anno compirà ottant’anni, era cominciata sabato al Castello di Rivoli: una conversazione con Carolyn Christov-Bakargiev, direttrice del Museo di arte contemporanea dopo la proiezione di Cave of forgotten dreams, il documentario uscito nel 2010 dedicato alla caverna di Pont d’Arc, dove qualche anno prima erano stati scoperti affreschi parietali vecchi di oltre trentamila anni e considerati i più antichi del mondo. Una foto con le incisioni preistoriche della Grotta Chauvet (prende il nome dal suo scopritore, Jean-Marie Chauvet) apre al terzo piano della Manica lunga del Castello di Rivoli la mostra collettiva Espressioni con frazioni, che indaga molteplici forme di espressività mettendo a confronto opere e autori il cui arco temporale si espande dagli albori della civiltà, con le prime pitture rupestri, fino al presente attraverso una prospettiva globale che include uno studio della street art e incursioni nel mondo online.

Werner Herzog, Il crepuscolo del mondo (Feltrinelli, Milano 2022)

Werner Herzog, Il crepuscolo del mondo (Feltrinelli, Milano 2022)

I CONSIGLI DI HERZOG PER I GIOVANI CINEASTI

L’ultima tappa torinese di Herzog lo ha visto presente al Museo Nazionale del Cinema. Dopo la proiezione di The queen of the desert, un film del 2015 con protagonista Nicole Kidman che non è stato distribuito in Italia ma è stato pubblicato direttamente in home video, il regista si è raccontato a lungo.
Il film narra la storia di Gertrude Bell, avventuriera, archeologa e diplomatica britannica, una sorta di Lawrence d’Arabia al femminile. “Mi ha affascinato il personaggio, Gertrude era una grande viaggiatrice, conoscitrice del deserto e delle sue popolazioni come pochi altri e io ho sempre avuto molto rispetto e comprensione per i viaggiatori. Ecco, ai giovani cineasti posso dire: viaggiate a piedi, leggeri come ho fatto io, perché si entra in contatto con il mondo reale, lo si conosce. Internet non lo permette: leggete e siate curiosi”.
E rispetto alla decisione di proiettare questo film Herzog ha dichiarato: “Con il Museo del Cinema abbiamo scelto di proiettare questo titolo abbastanza recente e poco visto in Italia. Sono contento: soprattutto in Europa vengo identificato come il regista di ‘Fitzcarraldo’, che è un film del 1982. Ma dopo di allora ho girato una quarantina di film”.

Werner Herzog al Castello di Rivoli, 2022. Photo © Dario Bragaglia

Werner Herzog al Castello di Rivoli, 2022. Photo © Dario Bragaglia

HERZOG TRA CHATWIN E BARESI

E, a proposito di viaggiatori, anche a Torino nelle parole di Herzog è ritornato il ricordo di Bruce Chatwin, lo scrittore che il regista ha omaggiato in Nomad, il film documentario del 2019. “Sono andato a trovare Bruce che stava morendo, ridotto a uno scheletro. Sono riuscito a fargli vedere dieci minuti del mio film, poi si è assopito. Poi quando si è risvegliato altri pochi minuti. Ho capito che dovevo uscire dalla stanza e lasciarlo in pace, perché si deve morire da soli. Ma ho avuto il suo zaino e lo porto con me quando cammino a piedi. ‘Per me è troppo pesante’, mi ha detto dal suo letto di morte”.
Ottant’anni, tanti progetti, ma a chi gli attribuisce l’etichetta di artista Herzog preferisce rispondere che si sente piuttosto “un artigiano, un soldato del cinema, un lavoratore, un camminatore. In fondo sono rimasto un Bavarese la cui lingua madre non è stata nemmeno l’Hochdeutsch, il tedesco standard, ma il dialetto delle montagne, anche se adesso me la cavo con cinque o sei idiomi”.
E fra i tanti personaggi che lo hanno affascinato c’è anche una citazione per Franco Baresi: “Nessun giocatore sapeva leggere il gioco come lui e quando ha saputo che lo apprezzavo, anche per la sua integrità, mi ha scritto una mail. Ma come per tutti i grandi c’è anche un’ombra, quel calcio di rigore sbagliato nella finale mondiale col Brasile del 1994. Mi piacerebbe una volta incontrarlo di persona”.

Dario Bragaglia

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Dario Bragaglia

Dario Bragaglia

Dario Bragaglia si è laureato con Gianni Rondolino in Storia e critica del cinema con una tesi sul rapporto fra Dashiell Hammett e Raymond Chandler e gli studios hollywoodiani. Dal 2000 al 2020 è stato Responsabile delle acquisizioni documentarie e…

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