Chicago, la capitale americana dell’arte indipendente

Una scena artistica effervescente che si agita nelle periferie, iniziative dal basso e un incessante ricambio di artist-run space: andiamo alla scoperta dell’arte della Windy City

Lungo le sponde del Lago Michigan, uno dei cinque Grandi Laghi dell’America del Nord, Chicago, soprannominata “the Windy City” per ragioni che affondano le radici nella cronaca e nella leggenda, ha trovato terreno fertile per il proprio sviluppo urbano, architettonico e artistico.

The Art Institute of Chicago. View of Modern Wing from Millennium Park. Photo credit Charles G. Young, Interactive Design Architects

The Art Institute of Chicago. View of Modern Wing from Millennium Park. Photo credit Charles G. Young, Interactive Design Architects

LA WILLIS TOWER, L’ART INSTITUTE E IL MUSEUM OF CONTEMPORARY ART

Se il primo grattacielo al mondo, l’Home Insurance Building di 10 piani, fu costruito proprio a Chicago nel 1885, siamo ormai giunti a vette più portentose: la Willis Tower, innalzata nel 1973, conta 108 piani abitabili per 442 metri d’altezza. Dallo Skydeck della Willis Tower è possibile perdersi nel reticolo di Chicago e ammirarne i punti nevralgici: guardando verso le sponde del lago, oltre il Navy Pier che ha ospitato il grosso dell’EXPO Chicago, la fiera dedicata all’arte contemporanea, spiccano il Field Museum, lo Shedd Aquarium e l’Art Institute of Chicago. Quest’ultimo, la cui nuova ala è stata progettata da Renzo Piano, si trova proprio accanto al Millennium Park dove tutti interagiscono con la scultura divenuta simbolo urbano: il Cloud Gate di Anish Kapoor, ormai noto come The Bean (il fagiolo).
Passeggiando tra le sale dell’Art Institute potreste incappare in capolavori della storia dell’arte: American Gothic di Grant Wood, Nighthawks di Edward Hopper, The Captive Slave di John Simpson, The Old Guitarist di Pablo Picasso, Golden Bird di Brâncuși, poi Francis Bacon, Joseph Cornell, Eva Hesse, René Magritte, Gerhard Richter e capolavori dell’arte applicata, tesori dell’arte africana e latino-americana primitiva, sculture e statuette votive antiche.
Ci addentriamo ancora nel tessuto urbano, tra i viali colmi di negozi, fast food, negozi di vinili, locali dove si suona jazz e blues, fino ad arrivare al MCA – Museum of Contemporary Art, dove fino al 3 settembre 2023 è possibile visitare, fra le altre, la mostra Duane Linklater: mymothersside.

Mana Contemporary, Chicago

Mana Contemporary, Chicago

MANA CONTEMPORARY, UNA CORPORATE CON 250 STUDI D’ARTISTA

Arriviamo tramite passaparola in un luogo curioso, Mana Contemporary, che ha sede anche a Jersey City e Miami. Si tratta di un’istituzione che vuole “fungere da ponte tra i centri creativi di tutto il mondo”. Sposando l’idea di una comunità globale impegnata “nel pensiero progressista”, Mana Contemporary “offre mostre di livello mondiale, residenze e conversazioni di persona e online”.
Ci apre le porte S. Y. Lim, la “director of programming”. Questa giovane donna di origine coreana ci spiega che Mana è una corporate che ospita ben 250 artisti, ciascuno dei quali paga un affitto per mantenere il suo studio ma opera in un contesto creativo ove può partecipare a iniziative stimolanti come talk, tavole rotonde e le due mostre ora in situ. Jonas Mekas, Open Archives, supportata da La Fondazione Monira, è un’esposizione della durata di un anno che presenta manufatti, oggetti e cimeli provenienti dagli archivi personali di Mekas, pioniere del cinema diaristico. Il suo archivio comprende otto decenni di materiale raccolto e prodotto dal regista, poeta e impresario lituano: dalla partenza dalla patria nativa all’arrivo a New York, dagli incontri con i protagonisti della Beat generation (inizio Anni Cinquanta) alla sfida alla censura degli Anni Sessanta – che lo portò in carcere e alla causa presso la Corte Suprema degli Stati Uniti –, fino agli anni 2010, “con la sua incessante attività di scrittura e viaggio” e la capacità di abbracciare, di volta in volta, le nuove tecnologie.
La seconda mostra, dal titolo Convictions, è una piccola collettiva curata da Rodrigo Lara, artista che vanta un atelier a dir poco inusuale: usa la sua macchina come dispositivo ambulante per mostrare i suoi lavori.
S. Y. Lim ci invita poi a visitare una mostra nell’appartamento di Kate Sierzputowski, direttrice del programma di Expo Chicago. Proprio l’androne della sua dimora è stato adibito a spazio espositivo con il nome di “Airlockd”. A curare l’esposizione è 062, organizzazione non profit che “sostiene il lavoro di artisti emergenti e affermati attraverso la diffusione di idee, azioni e conversazioni e formati espositivi sperimentali, di cui S. Y. Lim è Executive Director.
Decisamente non ordinarie sono le misure e l’entità della piattaforma espositiva: nient’altro che una lavatrice/asciugatrice sulla cui superficie si può intervenire ed esibire oggetti minuti come calamite.

Kate Sierzputowski. Credits Ash Dye. Mana Contemporary Community

Kate Sierzputowski. Credits Ash Dye. Mana Contemporary Community

INTERVISTA A KATE SIERZPUTOWSKI, DIRECTOR OF PROGRAMMING DI EXPO CHICAGO

Abbiamo approfittato della mostra nell’appartamento di Kate Sierzputowski, anche co-direttrice di Julius Caesar e di Barely Fair, per porle alcune domande sulla scena artistica cittadina.

Quali sono gli artist-run space che consideri più sperimentali e importanti per ricerca curatoriale ed espressiva globale a Chicago?
A mio parere, il 4th Ward Project Space a Hyde Park vicino all’Università di Chicago; il progetto sperimentale di Tricia Van Eyck 6018|North a Edgewater; Roman Susan, che esiste in una piccola fetta di negozio vicino al campus di Loyola; Prairie a Pilsen, che ospita sempre la mia mostra preferita a Chicago, spesso  di scultura; lo spazio LVL3 del mio amico Vincent Uribe, che abbina gli artisti nello stesso edificio a Wicker Park da quando aveva appena iniziato la scuola d’arte al SAIC; infine lo spazio nel cortile di Edra Soto, The Franklin.

Qual è l’artist-run space di cui sei parte integrante?
Sono co-direttore di Julius Caesar che esiste dal 2008 e vede la partecipazione, in qualità di direttori, di un gruppo di artisti locali a rotazione. Con la coordinazione dei direttori correnti, produce Barely Fair, una fiera internazionale in scala 1:12 che ricorre ogni aprile. La fiera (su invito) dà rappresentanza agli artist-run space e agli spazi espositivi più piccoli, ridimensionando la fiera per predisporre costi accessibili alle gallerie con un budget limitato o inesistente. Julius Caesar è attualmente in pausa (abbiamo perso il nostro spazio durante la pandemia), ma stiamo lavorando per aprire nuovamente, più avanti nel corso dell’anno, in modo tale da continuare il nostro programma espositivo con artisti emergenti locali e internazionali.

Come sono organizzati gli artist-run spaces a Chicago e quali altri spazi artistici fanno la differenza in città?
Gli spazi gestiti dagli artisti sono diffusi in tutta la città e sono tanto diversi quanto brulicanti: spuntano in studi, magazzini, bagni, scantinati, cortili. Ognuno ha un metodo di finanziamento completamente diverso (spesso le risorse personali dell’artista) e quindi tendono a terminare con la stessa frequenza con cui vengono creati, creando un ecosistema in costante evoluzione che è difficile ricondurre a un luogo, un quartiere o un movimento in particolare.

Cosa differenzia Chicago dalle altre città nordamericane a livello artistico?
Questa prevalenza di spazi gestiti da artisti fa della città un punto di riferimento per le presentazioni artistiche indipendenti, con la maggior parte di coloro che operano nel campo dell’arte che hanno più progetti, maniere e modi di esistere all’interno della città, al di là di una singola pratica. Le numerose scuole d’arte riempiono ogni anno la città di artisti di talento, che si aggiungono alla produzione degli artist-run space. È difficile guardare il curriculum di un artista e non trovare un rapporto diretto o tangenziale con Chicago.

Quali istituzioni sostengono maggiormente gli artisti emergenti a Chicago?
L’Hyde Park Art Center sostiene gli artisti locali da decenni e ha dimostrato la forza del suo sostegno durante la pandemia, quando ha iniziato a concedere fondi senza vincoli agli spazi gestiti dagli artisti in tutta la città. Del valore di 8mila dollari, questi fondi erano spesso di gran lunga superiori al budget operativo di uno spazio e aiutavano a pagare l’affitto, le spese di spedizione o le spese legali che avrebbero potuto essere sostenute. Sul sito è possibile consultare un’utile risorsa: la mappa che comprende tutti gli spazi che sono stati finanziati attraverso il progetto. Il Museum of Contemporary Art Chicago sceglie ogni anno a rotazione una galleria specifica per concentrarsi su artisti locali in un programma espositivo chiamato Chicago Works, e il DePaul Art Museum presenta spesso mostre con artisti della Windy City.

Quali artisti di Chicago sono considerati un punto di riferimento dagli artisti emergenti?
Oltre a quelli più ovvi, come Nick Cave, Theaster Gates e Kerry James Marshall, ci sono molti artisti che lavorano a Chicago, anche se magari chi li segue da fuori città non lo sa.
Edra Soto è un mentore e un faro su come essere artista in città, dà costantemente un contributo attraverso il suo progetto espositivo The Franklin, che presenta mostre nel suo cortile, nel seminterrato e spesso in cucina, dove prepara cibo per la comunità. La sua attività è molto apprezzata a livello locale, ma mi ha entusiasmato vedere più mostre nazionali che presentano il suo lavoro, tra cui la recente mostra no existe un mundo poshuracán: Puerto Rican Art in the Wake of Hurricane Maria al Whitney Museum di New York.

E poi?
Ci sono l’artista concettuale Alberto Aguilar, che ha appena tenuto un’incredibile mostra al National Museum of Mexican Art, la pittrice ottuagenaria Margot Bergman che espone con Corbett vs. Dempsey, l’iconico fotografo Dawoud Bey, la poetessa visiva Krista Franklin che ha appena tenuto una mostra di grande impatto al DePaul Art Museum di Chicago, l’artista multidisciplinare Maria Gaspar, B. Ingrid Olson e Barbara Kasten, che lavorano entrambe con la fotografia e la scultura, la scultrice Ebony G. Patterson, prossima direttrice artistica di Prospect 6, i pittori Celeste Rapone, Tyson Reeder e Alice Tippit, e l’incredibile scultrice Diane Simpson.

Cosa mi dici di Expo Chicago?
Sarei negligente se non menzionassi il suo ruolo nel galvanizzare la scena artistica urbana, collaborando con istituzioni, organizzazioni non profit e spazi artistici in tutta la città per presentare una programmazione durante la settimana della fiera che incoraggi i collezionisti, i curatori, i galleristi e gli artisti in visita non solo a visitare il Navy Pier (che ospita la fiera d’arte internazionale) ma anche a recarsi nei quartieri e nelle comunità di Chicago per sperimentare il mondo dell’arte lontano dal centro della città.
Con i Curatorial Initiatives programs abbiamo invitato più di 80 curatori locali, nazionali e internazionali a far parte della programmazione allineata. Incoraggiamo i curatori in visita anche a fare degli studio visit, con l’auspicio che si creino opportunità anche al di fuori della città.

Duane Linklater, The place I seek to go, 2014. Collection of Remai Modern, Saskatoon, Saskatchewan. Purchased with the support of the Canada Council for the Arts, Acquisition Grants program, 2016

Duane Linklater, The place I seek to go, 2014. Collection of Remai Modern, Saskatoon, Saskatchewan. Purchased with the support of the Canada Council for the Arts, Acquisition Grants program, 2016

INTERVISTA ALL’ARTISTA E CURATORE FEDERICO DEL VECCHIO, DIRETTORE DI FLIP PROJECT

Tra i curatori internazionali spicca il nome dell’italiano Federico Del Vecchio, artista e direttore dello spazio indipendente napoletano Flip project. Abbiamo rivolto a lui alcune domande sulla scena artistica della città.

Cosa ti ha portato a Chicago?
Sono stato invitato per l’International Curatorial Exchange, in occasione dell’Expo Chicago, grazie al supporto e alla sensibilità dell’Istituto Italiano di Cultura. Questo conferma il grado di apertura di certi contesti istituzionali nei confronti degli artist-run space; la storia ci insegna, e si ripete. Le realtà più piccole hanno sempre avuto un ruolo importante per il loro apporto, in termini di libertà di visione e discussione. Il programma era intenso ed ero in compagnia di rappresentanti di prestigiose istituzioni internazionali quali Palais de Tokyo, Kunsthal Charlottenborg, Stedelijk Museum, ICA Milano, 1646 The Hague…
Ho avuto modo, inoltre, di conoscere parte della scena artistica locale, incontrando molti suoi protagonisti, anche attraverso seminari e workshop.

Quali artist-run space ritieni più sperimentali e importanti per ricerca curatoriale ed espressiva, locale e globale?
Era la prima volta a Chicago, ma sono stato entusiasta di andarci! Avrei dovuto passare lì due anni, essendo stato selezionato tempo fa per un Master in Fine Art presso la rinomata SAIC. Studiare negli Stati Uniti richiede, tuttavia, investimenti considerevoli.
In ogni caso, grazie alla generosa ospitalità di una nuova amica curatrice, Tricia Van Eck, ho avuto modo di estendere la mia permanenza e di incontrare diverse persone con le quali sono sicuro mi relazionerò in futuro. Tra i vari spazi visitati e “vissuti”, vorrei menzionare quello di Tricia chiamato 6018North. Tricia è stata curatrice al MCA per molti anni, proprio durante il decennio di Bonami. Situato a Edgewater, il suo spazio è interessato da interventi permanenti. Allo stesso tempo, coinvolge la comunità e luoghi non convenzionali attraverso l’arte, il cibo, l’architettura, la performance.

Come sono organizzati gli artist-run space a Chicago?
Credo che la natura degli artist-run space si costruisca sulla modalità operativa. Seppur mantenendo un approccio aperto e fluido, alcuni spazi riescono a “istituzionalizzarsi” maggiormente, altri meno. Molti fanno affidamento su un forte sistema di fondi pubblici.
È stato interessante constatare come la figura dell’artista-curatore venga riconosciuta senza creare ambiguità o conflitti di interesse. Alcuni artisti hanno fondato spazi-progetto ricoprendo così due figure professionali: quella dell’artista e quella del curatore. Ciò non impedisce loro di essere considerati dal mercato dell’arte. È un modello che può fare scuola e dimostra come l’arte possa, allo stesso tempo, svolgere funzioni diverse: una al servizio della società e l’altra, più convenzionale, in relazione al mercato internazionale dell’arte contemporanea.

Quali artist-run space fanno la differenza in città?
Abbiamo incontrato l’artista Theaster Gates, fondatore di Rebuild Foundation, ex banca nata nel 1923 che, ristrutturata, offre ora un ricco programma alla comunità afroamericana di South Side.
Lo spazio ha una grande biblioteca che include la Frankie Knuckles Collection – collezione personale di vinili del padrino della musica house e organizza mostre e proiezioni.
Sempre nello stesso quartiere, spicca South Side Community Art Center, che dialoga con la comunità afroamericana.
Altro spazio, prima indipendente ora più istituzionalizzato, è la Poetry Foundation, che mescola il mondo della poesia con l’arte visiva, vantando una notevole biblioteca (30mila volumi) di poesia sperimentale.
Inoltre, ho conosciuto l’artista portoricana Edra Soto in occasione della sua personale all’Hyde Park Art Center spazio di incontro-produzione per gli artisti contemporanei e di stimolo per la comunità in generale, con residenze, atelier e spazi espositivi.
Edra, a sua volta, gestisce uno spazio nel giardino della propria abitazione chiamato The Franklin. È un project space che, attraverso eventi culturali, cerca di coinvolgere la comunità di East Garfield Park, quartiere difficile dove dilagano criminalità e abuso di droga.

Ti viene in mente un’altra istituzione importante a livello locale?
Fondamentale è il lavoro portato avanti dalla Renaissance Society, fondata nel 1915: con un’esperienza storico-sociale alle spalle, supporta gli artisti emergenti e le loro iniziative con un programma di pubblicazioni e commissioni. Myriam Ben Salah è stata nominata direttrice esecutiva e curatrice capo nel 2020.

Giorgia Basili

https://www.manacontemporary.com
https://www.062official.com

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Giorgia Basili

Giorgia Basili

Giorgia Basili (Roma, 1992) è laureata in Scienze dei Beni Culturali con una tesi sulla Satira della Pittura di Salvator Rosa, che si snoda su un triplice interesse: letterario, artistico e iconologico. Si è spe-cializzata in Storia dell'Arte alla Sapienza…

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