Il meglio della fiera Expo Chicago 2023

Non è di certo uno dei must fieristici del globo, ma Expo Chicago ha saputo ritagliarsi un importante ruolo nel panorama d’oltreoceano. Noi l’abbiamo visitata ed ecco quello che ci è piaciuto di più. E c’era pure un ospite inatteso

Non sarà la fiera delle vendite da capogiro e delle passerelle di celebrità, ma con la sua decima edizione, che si è tenuta dal 13 al 16 aprile scorsi, Expo Chicago si conferma la più importante fiera d’arte del Midwest degli Stati Uniti, imperdibile occasione di scoperte, oltre che ricco appuntamento culturale.
Con oltre 170 gallerie e una solida programmazione che include conversazioni, premi, attivazioni e progetti speciali, questa fiera, nata nel 2012 dalle ceneri di Art Chicago, ogni anno porta oltre 30mila visitatori in città. E Chicago risponde con un turbinio di eventi e con i suoi artisti in prima linea, come Derrick Adams, che ha realizzato il video proiettato su un edificio affacciato sul Chicago River per Art on the Mart (visibile tutte le notti fino al 5 luglio), o come Chance the Rapper, che ha partecipato a diversi eventi e alla serata di apertura. Tra le tante cose da vedere all’interno e all’esterno della fiera, abbiamo selezionato le nostre personalissime preferite.

Maurita Cardone

https://www.expochicago.com/

OCCHI PUNTATI SULL’AMBIENTE

Forse il merito è di Last Generation che, con i suoi attacchi a famosi capolavori nei grandi musei occidentali, è riuscita ad attirare l’attenzione del mercato dell’arte. O forse è solo che la minaccia dei cambiamenti climatici diventa sempre più reale. Fatto sta che, a giudicare da quanto in mostra a Expo Chicago, sembra che i temi ambientali stiano finalmente trovando una vetrina nel patinato mondo dell’arte. Tra i booth, abbiamo trovato tante opere che affrontano la questione in modi diversi, dalla denuncia diretta all’evocazione poetica. E c’era anche qualche stand interamente dedicato a questi temi, come quello di Art At A Time Like This, in collaborazione con il Natural Resources Defense Council. Ma il nostro preferito è quello di 6018North, locale spazio artistico non profit che in fiera ha portato il progetto Can Circularity Save Us?, in cui un gruppo di nove artisti ha messo in mostra opere, abiti e installazioni realizzate con materiali di scarto e invitato il pubblico a partecipare alla loro creazione. Le stesse pareti del booth erano composte da Waterbricks, contenitori per l’acqua spesso usati nelle emergenze e riutilizzabili come materiale da costruzione.

6018North, foto Maurita Cardone

6018North, foto Maurita Cardone

L’IMPORTANZA DEL DIALOGO

Le fiere, si sa, sono fatte per vendere, ma se tra una contrattazione e l’altra c’è spazio per fare cultura è più che un benvenuto diversivo, è una boccata d’aria. A Expo Chicago si ha la sensazione di partecipare a un evento culturale più che a una fiera in senso stretto. Un po’ perché c’è un pubblico misto (l’organizzazione si assicura il coinvolgimento della popolazione locale mantenendo i biglietti a cifre ragionevoli e offrendo ingressi per categorie svantaggiate, tra cui anche persone con disabilità), un po’ grazie a una programmazione che accoglie conversazioni di ampio respiro. Il meglio lo si è visto sul palco dei Dialogues, il programma in collaborazione con la School of the Art Institute of Chicago che ogni giorno ha ospitato dialoghi tra curatori, artisti, direttori di istituzioni e altri professionisti delle arti su temi come le strategie di coinvolgimento nei musei, la leadership indigena, l’arte pubblica, l’arte di protesta. A chiusura della serata inaugurale, per la conversazione tra il musicista di Chicago Chance the Rapper e l’artista Hank Willis Thomas, nello spazio Dialogues si è ammassata una folla con un’età media di diversi decenni inferiore a quella delle tipiche fiere d’arte.

Chance The Rapper, courtesy Expo Chicago

Chance The Rapper, courtesy Expo Chicago

GALLERIE E ARTISTI AFRICANI

Mentre tra le gallerie americane, circa il 70% del totale in fiera, l’arte africana in mostra presenta un’omogeneità estetica che potrebbe finire per stancare come stancano tutte le mode, tra le gallerie africane si trovano delle sorprese. Da Ebony/Curated (Cape Town, Franschhoek), a dominare la scena erano dei rubicondi vasi di John Newdigate e Ian Garrett, che con la loro ricchezza di forme e colori entravano in magica risonanza con gli spazi quieti e vuoti dei quadri di Anico Mostert (Sudafrica, 1995) e con le fisicità geometriche di quelli di Zemba Luzamba (Congo, 1973).
All’interno di una presentazione in stile blue-chip, Southern Guild (Cape Town) svelava sorprendenti lavori che con la bellezza raccontano storie intense, come il Factory Wall di Kamyar Bineshtarigh (Iran, 1996) e le sculture di Patrick Bongoy (Congo, 1980).
Le otto gallerie africane presenti a Expo Chicago sono una rappresentazione della ricchezza di linguaggi di questo continente, una ricchezza che lo sguardo bianco non sa ancora del tutto abbracciare. L’anno scorso dall’Africa ne erano arrivate solo due, quest’anno sono un gruppo che si supporta a vicenda e collabora. L’attrazione verso Chicago è stata naturale, perché, ci hanno detto, qui c’è una forte attenzione per l’Africa e la comunità nera locale è molto connessa al Continente.

Ebony Curated, foto Maurita Cardone

Ebony Curated, foto Maurita Cardone

LE DONNE DI GIO SWABY ALL’ART INSTITUTE

In concomitanza con Expo Chicago, all’Art Institute ha aperto la mostra Gio Swaby: Fresh Up che raccoglie sette serie dell’artista originaria delle Bahamas, realizzate tra il 2017 e il 2021, oltre a quindici nuovi lavori. Creando una connessione con la madre sarta, Gio Swaby (1991) utilizza stoffe e ricamo nelle sue opere, definendo uno spazio domestico e femminile che tuttavia ridefinisce attraverso la scelta di mostrare il retro della tela e del ricamo, con tutte le sue imperfezioni, e attraverso dimensioni spesso monumentali. Il titolo della mostra è un modo di dire diffuso alle Bahamas per riferirsi a qualcuno con un aspetto e un look stilosi. Con una fisicità accennata dai contorni del filo e riempita dai pattern delle coloratissime stoffe utilizzate, le donne dei suoi ritratti, che siano le sue sorelle o le amiche di una vita, appaiono sicure di sé, decise a comunicarsi attraverso l’abbigliamento e le acconciature con cui hanno scelto di posare. “Questi pezzi celebrano lo stile personale, la vulnerabilità, la forza, la bellezza, l’individualità e le imperfezioni”, ha scritto l’artista nel materiale che accompagna la mostra, la sua prima personale in un museo, in corso fino al 3 luglio.

Chicago // fino al 3 luglio 2023
Gio Swaby: Fresh Up
ART INSTITUTE CHICAGO
111 South Michigan Avenue
https://www.artic.edu/

Gio Swaby at Art Institute Chicago. Foto Maurita Cardone

Gio Swaby at Art Institute Chicago. Foto Maurita Cardone

IL SOLE GUEST STAR A CHICAGO

A Chicago c’è tanto da vedere e da fare, ma in questo periodo dell’anno non è detto che il clima collabori. L’anno scorso l’Expo era stato accolto da freddo intenso e nevicate. Per questo il sole e le temperature ben al di sopra della media che hanno accompagnato questa decima edizione hanno offerto al direttore Tony Karman occasione per una serie di battute a tema meteo. Merita quindi una menzione speciale il sole che ha concesso a pubblico ed espositori di godersi al meglio la città, durante le poche pause nella fitta agenda di fiera e fuori fiera o negli spostamenti tra i Navy Pier di Expo Chicago e le decine di musei, gallerie, università, fondazioni e luoghi pubblici che hanno ospitato eventi nel corso della settimana. La città offre bellissime architetture, storiche e contemporanee, parchi curatissimi, spiagge e lunghe passeggiate sulle coste del lago Michigan, il tutto popolato da una comunità locale che con il sole si riversa all’aperto. E, tramontato il sole, nelle miti serate che hanno accompagnato la fiera, i visitatori hanno potuto esplorare anche la ricca scena gastronomica e la frizzante vita notturna della windy city.

Jay Pritzker Pavilion di Frank Gehry. Foto Maurita Cardone

Jay Pritzker Pavilion di Frank Gehry. Foto Maurita Cardone

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Maurita Cardone

Maurita Cardone

Giornalista freelance, abruzzese di nascita e di carattere, eterna esploratrice, scrivo per passione e compulsione da quando ho memoria di me. Ho lavorato per Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia, QualEnergia, L'Indro. Dal 2011 New York è…

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