Tutta l’arte e l’architettura al Novartis Campus di Basilea

Il Campus del colosso farmaceutico apre le porte al pubblico con l’opportunità di partecipare a visite guidate per scoprire gli interventi di architetti e artisti di fama globale

Il Novartis Campus di Basilea prosegue le sue iniziative di apertura al pubblico con l’avvio delle visite guidate (date fisse a partire da fine marzo in inglese e tedesco) che fanno seguito alla libera accessibilità, da novembre dello scorso anno, della Fabrikstrasse, l’asse centrale su cui affacciano gli edifici progettati da alcune delle maggiori archistar internazionali che negli ultimi vent’anni sono state chiamate a cambiare il volto del sito della multinazionale farmaceutica.
Quella che era da molti considerata “la città proibita” di Basilea apre le sue porte dal lunedì al venerdì (ore 7-19): si può entrare liberamente nel campus e nelle aree verdi adiacenti, fare la spesa nel supermercato interno, approfittare di una sosta nei caffè o pranzare nel ristorante italiano al piano terra del palazzo progettato da Rafael Moneo, avendo di fronte le linee inconfondibili dell’edificio di Frank O. Gehry.
Lungo Fabrikstrasse, in circa ottocento metri di passeggiata, si incontrano opere di Marco Serra (Main Gate), Diener & Diener Architekten, SANAA, Vittorio Magnago Lampugnani, Fumihiko Maki, Tadao Ando, David Chipperfield, Yoshio Taniguchi, Eduardo Souto de Moura, Herzog & de Meuron, Rahul Mehrotra per citare alcuni dei nomi più famosi. Sparse nel Campus ci sono poi diverse opere d’arte, tra cui una scultura di Richard Serra, un’opera di Jenny Holzer, un’installazione sonora di Laurie Anderson e una pittura murale alta 60 metri di Claudia Comte. La Oscillation bench di Olafur Eliasson è sistemata nell’area verde che affaccia sul Reno disegnata dal paesaggista Günther Vogt, di fronte al Novartis Pavillon di Michele De Lucchi e AMDL Circle, l’ultimo tassello che si è aggiunto a questo compendio di architettura e arte contemporanea. Inaugurato a fine aprile dello scorso anno, è un edificio circolare che vuole essere un segno tangibile dell’ulteriore apertura del Campus al mondo esterno. È pensato come un luogo di scambio e di dialogo fra gli esperti Novartis (ma non solo), gli studenti e il pubblico interessato a conoscere i progressi della scienza e della medicina. In calendario ci sono conferenze e incontri ma è presente anche un bar per favorire la convivialità, in uno spazio dove la circolarità non è casuale. Al primo piano è stata installata la mostra Wonders of medicine con il supporto, per le scenografie, dell’Atelier Brückner di Stoccarda. È la prima esposizione di questo genere e affronta i temi della fragilità della vita, la nascita di un farmaco, dal laboratorio al paziente, la storia della medicina e dell’industria farmaceutica a Basilea, il futuro della ricerca medica.
Ogni sera, il Pavillon Novartis si illumina per mezz’ora, diventando un riferimento iconico per tutto il Campus, con uno spettacolare gioco di luci a costo zero. Un risultato reso possibile dai pannelli solari (organic photovoltaic, OPV) che ricoprono la struttura e ai 30mila led che trasmettono videoinstallazioni o testi informativi su una facciata multimediale.

Rasmus Hjortshoj, COAST, Novartis Pavillon and Campus

Rasmus Hjortshoj, COAST, Novartis Pavillon and Campus

ARTE E ARCHITETTURA NEL NOVARTIS CAMPUS

L’interesse della visita sta anche nel ripercorrere le tappe dell’industrializzazione di quest’area situata nel quartiere di St. Johann, proprio sulla frontiera fra la Svizzera e la Francia, basti pensare che i nostri dipendenti hanno la possibilità di parcheggiare oltre confine e, fatti pochi metri, venire a lavorare a Basilea”, spiega Nelly Riggenbach, responsabile della comunicazione del Campus Novartis. “Siamo in un sito che è attivo da circa 250 anni, da quando Geigy iniziò la produzione di coloranti per l’industria tessile nel XVIII secolo, seguito da Ciba che lanciò la sua produzione di coloranti nel 1859. Nel 1996, la fusione fra Ciba-Geigy e l’industria chimica Sandoz ha dato vita a Novartis. È stato il momento in cui si è cominciato a pensare, con un piano di lunga durata, di trasformare un polo industriale in un campus dell’innovazione, della conoscenza e del confronto di esperienze”.
Il master plan per la riconversione del sito, con l’abbattimento di parte degli edifici preesistenti su Fabrikstrasse, la conservazione di altri ritenuti più significativi e l’avvio di nuove costruzioni, viene affidato a Vittorio Magnago Lampugnani, all’epoca professore di Storia dell’urbanistica all’ETH di Zurigo. “Lampugnani ha lavorato molto sul concetto di circolarità della conoscenza” ‒ prosegue Nelly Riggenbach ‒ “anche tenendo conto che fra gli oltre 8mila dipendenti che lavorano all’interno del Campus sono rappresentate quasi un centinaio di nazionalità. Basilare è stato il confronto con altri architetti, designer, paesaggisti per portare avanti un lavoro collettivo“. Nella progettazione si è cercato tuttavia di tenere in considerazione alcuni criteri di base come l’altezza uniforme dei primi piani e l’esigenza di avere degli affacci porticati su strada (pur con interpretazioni molto diverse da parte dei singoli architetti), per favorire con qualsiasi condizione atmosferica l’uscita dall’ufficio dei lavoratori e facilitare la comunicazione interpersonale nei momenti di pausa.

Basilea. Novartis Campus. L'edificio di Frank O. Gehry

Basilea. Novartis Campus. L’edificio di Frank O. Gehry

DIALOGO FRA CULTURE AL NOVARTIS CAMPUS

Un incontro di culture che, in qualche modo, è ispirato dal genius loci del Campus. Significativamente l’edificio di Tadao Ando, che chiude a Nord la Fabrikstrasse, è di forma triangolare. Non è solo un omaggio a una figura geometrica cara all’architetto giapponese, ma un obbligo imposto dai limiti spaziali della proprietà Novartis che in quel punto si trova sulla linea di confine con la Francia. Spostandosi di qualche metro ci si ritrova nella parte a giardino che affaccia sul fiume e in questo punto l’incrocio geografico fra l’area di cultura e lingua germanica e quella francofona si fa tangibile. Il Campus Novartis è infatti a pochi passi dal cosiddetto Dreiländereck, il confine fra Svizzera, Francia e Germania. Qui il Reno abbraccia tutti e tre i Paesi e, dopo aver cambiato direzione all’altezza del centro storico di Basilea (il Rheinknie, letteralmente il ginocchio del Reno), lambendo il Campus, punta risolutamente verso il Mare del Nord.
L’apertura del Campus è certamente un passo importante per l’allentamento delle barriere fra ambienti pubblici e privati e per la fruibilità di questa parte della città così significativa per la storia dell’architettura. Sarebbe interessante fare un ulteriore passo concedendo ‒ pur nella comprensibile attenzione ai problemi della sicurezza e della riservatezza dei dati e delle procedure ‒ l’accesso a qualche ulteriore spazio interno che si presenta altrettanto ricco di interesse sia per gli arredi e il design d’interni sia per la progettazione delle postazioni di lavoro.

Dario Bragaglia

https://www.campus.novartis.com/en

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Dario Bragaglia

Dario Bragaglia

Dario Bragaglia si è laureato con Gianni Rondolino in Storia e critica del cinema con una tesi sul rapporto fra Dashiell Hammett e Raymond Chandler e gli studios hollywoodiani. Dal 2000 al 2020 è stato Responsabile delle acquisizioni documentarie e…

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