Douglas Davis è stato uno degli sperimentatori radicali della tematica relazionale: suo il famoso lavoro sul dialogo fra artista e fruitore attraverso la televisione, dove si cerca di re-immaginare il rapporto elettronico fra l’interno e l’esterno dello schermo in fittizia e irreale intimità e contatto.
Davis ripropone la stessa strategia con la Rete, affrontando la distanza tecnologica e trasformandola in coinvolgimento, sharing e opera collettiva. L’idea del work in progress e della partecipazione è apparsa a Davis un passo ulteriore nel processo di superamento della separazione fra arte e pubblico e fra “people and media”. La Rete si propone all’inizio come l’ideale strumento per comunicare “peer to peer”. Il lavoro, bloccato alcuni anni dopo dall’obsolescenza dei software, è stato “restaurato” di recente dal settore Media del Whitney.
Felice evento che apre alcune problematiche: 1. l’obsolescenza e il ricambio dei software corrisponde non solo (o non più) all’irrefrenabile spinta dello sviluppo telematico, ma anche e soprattutto a logiche di consumo. Comprare un software o un hardware significa comprare ogni stagione un capo di Prada sempre uguale ma con sottili differenze. A quando la possibilità di proiettare nel tempo dei lavori condannati alla fragilità? 2. Cosa è diventato il progetto whitmaniano di Davis? Ha praticamente fondato il blog con le sue irrefrenabili e smisurate correnti di parole, idee, rumori di fondo, esibizionismi, protagonismi, manipolazioni, iterazioni, falsificazioni, confessioni… Un’esplosione partecipativa che supera ogni apertura Fluxus o concettuale per far saltare bordi e confini fra ruoli e culture, linguaggi e comunicazioni. Un Finnegan’s Wake impazzito.
Lontano nel tempo, il linguaggio utopico e lirico dei Sixties risulta intrigante rispetto al “cinismo squisito” del linguaggio d’arte odierno.
Lorenzo Taiuti
critico di arte e media
docente di architettura all’università la sapienza di roma
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #15
Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune