La svolta indie dei food magazine

Il fascicolo settimanale acquistato in edicola, per completare la serie dei primi e poi passare ai secondi di carne. Ecco, scordatevelo. Perché se siete appassionati di food, ci sono riviste - soprattutto statunitensi - che uniscono programmaticità, ottima grafica e ricette non mainstream. Qui trovate di che sbizzarrirvi.

Siete stanchi delle solite riviste di cucina, tutte ricette-chef-prodotti di stagione? Non ne potete più di collezionare inutili fascicoli monotematici? E siete per caso convinti che sia già tutto scritto e riscritto, copiaincollato e riciclato di stagione in stagione, e che ci siano invece nuovi scenari nella letteratura e nel giornalismo enogastronomico? Bene, allora date uno sguardo alle tante riviste indipendenti di cibo e cucina che stanno spuntando come funghi, specie oltreoceano, e che riescono a coprire nicchie e specificità per sanare ogni appetito letterario. Perché oramai, si sa, il cibo non è solo imparare cento diverse tecniche per stufare la zucca gialla o per bollire un halibut, ma piuttosto una via per spiegarsi il mondo, uno specchio importante della società, pieno di sfaccettature.
C’è dunque spazio per tanti modi di raccontarlo: tramite immagini, storie, persone, luoghi; e anche attraverso varie chiavi di lettura: la convivialità, l’arte, la storia, l’ecologia. E, naturalmente, usando diversi linguaggi, dal dissacrante al poetico, dal satirico al letterario. In questo mare magnum di possibilità sguazzano le riviste indipendenti a distribuzione limitatissima e periodicità elefantiaca: in America le chiamano foodieodicals (dalla contrazione di ‘food’ + ‘periodicals’) e sono già un caso. Accomunate da un approccio cerebrale ed estetico al cibo, spaziano – come si diceva – nell’universo food a 360 gradi.

C’è White Zinfandel (www.whitezinf.org), che esce due volte l’anno, si trova nelle principali fiere d’arte nel mondo e cerca di attrarre due universi (quello del cibo e quello dell’arte) approcciandoli in maniera visuale (un po’ come se Marcel Duchamp fosse il direttore di Bon Appetit, ha detto qualcuno). C’è Wilder Quaterly (wilderquarterly.com) che parla di orticoltura e piante, ed è letto dai giovani coltivatori e da chi pensa che il cibo sia, prima di tutto, un prodotto della terra e del lavoro dell’uomo. C’è ACQTASTE (acqtaste.com), canadese semestrale, che si propone di non essere la solita rivista di cibo ma la voce del movimento del cibo che sta scalpitando nel mondo. L’editor in chief e art director Chuck Ortiz spiega come il suo obiettivo sia ridefinire il mondo del cibo e la percezione generale del lettore circa le riviste gastronomiche, portando il pubblico verso un incrocio in cui la cultura gastronomica incontra design, arte, architettura, moda, cinema e musica.
A metà tra una rivista illustrata e un collage sta The Runcible Spoon (therunciblespoon.info), edito a Washington da una piccola comunità di blogger e distribuito nei locali e nelle boutique, zeppo di ricette di famiglia e recensioni, con l’obiettivo dichiarato di far sognare ad occhi aperti il lettore, stimolato da grafiche deliziose. Tra gli ultimi foodieodicals nati negli Usa c’è poi Gather (gatherjournal.com), bimestrale anch’esso, che in ogni numero dedicato a un tema surreale sciorina ricette in ordine di apparizione in un immaginario menù che va dagli starter al dessert. Gathersi dichiara una pubblicazione gastronomica dedicata non solo a cucinare e mangiare ma a ciò che tali aspetti ispirano: la convivialità.

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Gather

Accomunate dunque ognuna dall’avere un manifesto programmatico, una propria linea editoriale ben definita, diffusione limitata, un sito web con la possibilità di acquistare copie e spesso anche gadget, le nuove riviste indie sono curatissime nello stile grafico e nella scelta del supporto cartaceo. Non si tratta di letture usa e getta, ma i numeri sono fatti per essere conservati e collezionati. I nuovi editori tentano così di sostenersi economicamente rivolgendosi a quelle nicchie di lettori appassionati che si crogiolano in pagine originali, sorprendenti e di tendenza. Lontane mille anni dalle riviste mainstream di cibo a cui siamo abituati in edicola.

Martina Liverani

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #9

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