Pennellate dense, colori decisi, elementi orizzontali astratti che rimandano all’espressionismo pittorico ma anche sovrapposizioni, cuciture, trasparenze. Inginocchiatoi e altri oggetti di culto che rimandano a una dimensione sacra, apotropaica. Se c’è un aspetto innovativo in queste opere, sicuramente va riscontrato nella “densità del colore”. I tratti decisi a olio si alternano magistralmente a tocchi più leggeri. Soprattutto nelle tele lavorate dalle cuciture, che spesso lasciano intravedere gli strati sottostanti. Non solo quindi campiture orizzontali dai colori netti, ma anche elementi fluidi con forti richiami all’acqua: quasi a voler concretizzare un desiderio di cancellazione.

IL LEGAME TRA OSCAR MURILLO E ROMA
La genesi di molte opere esposte e la presenza di impianti a carattere sacro deriva quasi sicuramente dalle visite di Oscar Murillo (La Paila, 1986) a Roma, avendo potuto osservare personalmente il peso che la storia e la religione esercitano su questa città. Più che allegorie, però, l’artista cerca di restituire un impatto avvolgente sullo spettatore: un’esperienza stratificata dove nulla prevale su nulla, ma tutto si somma paritariamente. Per Murillo infatti il sistema culturale si sovrappone a quello economico, essendo il sincretismo culturale la diretta espressione della globalizzazione. Non è un caso quindi che il 2019 diventi per lui l’anno del cambiamento: la visita alla Fondazione Memmo, la nomina a vincitore del Turner Prize. L’arte romana lo affascina a tal punto da ideare anche un omaggio al grande pittore Domenico Gnoli. Una trasposizione contaminata dello stile rigoso del pittore romano, ma in una visione sfumata, “fangosa”, dinamica.

LA MOSTRA DI MURILLO ALLA FONDAZIONE MEMMO
Otto sono i dipinti inediti esposti. Otto testimonianze di una ricerca incessante. Lavori che senza soluzione di continuità gettano un ponte verso la contemporaneità, tenendo conto degli sconvolgimenti dell’ultimo biennio: a livello globale, umano e personale. La tavolozza si arricchisce di una vibrante palette di tonalità di rosso, in un’ampia gamma di sfumature. Forse un altro richiamo, più o meno implicito, al porpora cardinalizio della Roma pontificia. Il messaggio di fondo resta invariato: se invece di utilizzare il nostro tempo a sognare un futuro perfetto, lo impiegassimo a farlo crescere, otterremmo la felicità.
‒ Michele Luca Nero
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