Il legame con il territorio, la rilevanza del mito e del folklore, l’ispirazione letteraria: ecco le tematiche approfondite in una mostra che induce a riflettere su quanto, per essere globale, un artista debba essere profondamente locale. Maria Lai (Ulassai, 1919 – Cardedu, 2013) era una sperimentatrice di metodi inusuali nel fare artistico, spesso trasfigurazioni di narrazioni: lo dimostra l’intero assetto dell’esposizione alla galleria M77, che prende vita dalla lettura delle opere di Salvatore Cambosu, scrittore e amico di Maria, e in particolare da Cuore Mio, storia di Maria Pietra, autentica metafora della creazione artistica.

LE OPERE DI MARIA LAI
Ecco che l’universo letterario di Cambosu si anima sui Teli appesi al soffitto, su Il libro di Maria Pietra, una pergamena ricamata posta al centro della sala e sui Telai, celebri nella produzione di Lai. La tradizione orale fa da sfondo anche a un altro lavoro, Legarsi alla montagna (1981), documentato dalle fotografie di Piero Berengo Gardin esposte in mostra. Lai fa qualcosa di straordinario anticipando, in maniera profetica, quella che, solo successivamente, sarebbe stata definita come arte relazionale. L’artista, come efficacemente illustrato nel documentario di Tonino Casula, lavora sullo spirito del proprio luogo d’origine dando vita a un intervento di arte pubblica che sottolinea l’importanza dell’essere comunità e del vivere collettivo.
– Giulia Pacelli
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