Si può uscire vivi dagli Anni Novanta? Grimaldi e Ranzolin in mostra a Roma

Anni Venti del terzo millennio. Come da ciclica prassi, alla consolazione banale, inefficace e impotente di fronte alle difficoltà del presente si sostituisce l’esaltazione del ricordo, reale o indotto, in cui ogni cosa appare di nuovo elastica, trasformabile, vitale.

Nello scroll quotidiano, Facebook impone il pedaggio su un’infinità di pagine nostalgiche, in cui il mondo tutto – politica, calcio, moda – sembra essersi fermato a vent’anni fa. Anni Novanta da homepage, un decennio d’oro ammantato da un’atmosfera ideale che concede un entusiasmo immotivato anche agli aspetti più irrilevanti o deteriori. Come un bomber di provincia da idolatrare postumo, l’Angelo Azzurro, emblema dell’ubriacatura facile da discoteca, scorre eterno nell’installazione Sweet pours like applause di Fabio Ranzolin (Vicenza, 1993).

Fabio Ranzolin, Un saluto a chi c'è stato e un saluto a chi è tornato, 2021

Fabio Ranzolin, Un saluto a chi c’è stato e un saluto a chi è tornato, 2021

L’OPERA DI FABIO RANZOLIN

In un circuito chiuso arricchisce la realtà inadeguata dei suoi colori sgargianti, del richiamo immediato a notti brave. Attraverso la finzione, l’illusione, il refrain, ogni cosa può mutare e anche il ritorno del cocktail rétro, deriva colorful della mixology, da minaccia può trasformarsi in nuova, ambita, realtà. Sulla parete di fondo, Orphans of great promises, pastiche di manifesti datati da nightclub omosessuali e discoteche, celebra la paradossale coesistenza di un moralismo spinto e un’estrema libertà di costumi.
Nostalgia di persone troppo giovani per permettersi di provare nostalgia per qualcosa, richiamo già vintage di un passato ultra prossimo (del resto chi non vagheggia un ritorno all’era pre-Covid?) per orfani chiamati a riflettere sull’ipocrisia di fondo. The nineties, temi pop e dettagli kitsch.

Luca Grimaldi, Triptych 1, 2021

Luca Grimaldi, Triptych 1, 2021

L’OPERA DI LUCA GRIMALDI

La teatralizzazione delle mode, eterna e mai individuale, del Triptych di Luca Grimaldi (Roma, 1985) trasforma la provvisorietà del tempo in una rielaborazione successiva di esperienze la cui durata mira all’infinito. Tre figure abbigliate nel pieno rispetto della propria epoca, olio su tela, indugiano immobili. La parete potrebbe dilatarsi a dismisura per accogliere nei prossimi anni nuove immagini-sequenze, con l’espressione di illimitato e molteplice che continuerebbe a celare, tra le pieghe degli abiti, il calco della matrice. Citando Jean Baudrillard, una simulazione che si avvale di simulacri non per ripetere il reale ma per configurarne uno nuovo in cui l’individuo mutante, reso simulativo, si possa trovare a suo agio. Nei must have generazionali, ognuno può ritrovare la propria parte sensibile, adattarsi all’attesa. La ridondanza di sigarette sparse sul pavimento della sala riarruola l’horror vacui. L’insofferenza per il limitato spinge a trasformare la finzione dell’intrattenimento in esperienza vissuta e quindi realtà. L’effetto di ogni appropriazione si carica di allegoria e il reale si configura come un prodotto, non un dato naturale, un insieme organizzato di memorie, di modelli di controllo, di segni e di prototipi. Sigarette spente fuori da un club, attendendo fedeli un nuovo, vecchio decennio che ci liberi dal presente.

‒ Raffaele Orlando

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Raffaele Orlando

Raffaele Orlando

Raffaele Orlando (Benevento, 1986) è archeologo e funzionario del Ministero della Cultura. Specializzato in museologia e storia del collezionismo, lavora alla Reggia di Caserta dove svolge attività di ricerca e progettazione in ambito museale. Opera sul campo in scavi archeologici…

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