L’assolo fiorentino di Piero Manzoni

Museo Novecento, Firenze – fino al 13 dicembre 2018. Il primo “progetto monografico” che uno spazio museale pubblico di Firenze dedica a Piero Manzoni si focalizza sui “concetti-oggetti” e su documenti relativi alla sua attività teorica, provenienti dalla Fondazione Piero Manzoni.

Neppure Ulay, di passaggio a Firenze nei giorni dell’apertura di Marina Abramović. The Cleaner, si è sottratto alla possibilità di riattivare la Base Magica di Piero Manzoni (Soncino, 1933 ‒ Milano, 1963), esposta al Museo Novecento. A quasi sei decenni dalla loro realizzazione, le basi concepite dall’artista come dispositivi in grado di conferire lo status di “opera d’arte” a chiunque le utilizzi o a qualsiasi oggetto venga posto sulla loro superficie appaiono del tutto immuni all’azione del tempo e al conseguente rischio di depotenziamento della loro intrinseca “forza”. Piuttosto, anche la recente scelta dello scultore Gianni Caravaggio ‒ protagonista del terzo appuntamento del ciclo Duel, che si svolge in contemporanea nel medesimo museo ‒ di porre in relazione il suo Giocami e giocami di nuovo, del 1996, con un esemplare di Base Magica, continua a dimostrare quanto l’opera di Manzoni parli a tutti noi e riesca a propagare la sua eco sulla scena contemporanea. Mentre Abramović, a Palazzo Strozzi, ribadisce attraverso le re-performance come il suo lavoro possa esistere “anche fuori di me”, nel vicino Museo Novecento l’autore delle celeberrime novanta scatole di Merda d’artista viene omaggiato come “uno dei padri della performance, oltre che grandissimo pittore e straordinario artista concettuale”. A sottolinearlo è Sergio Risaliti, direttore da alcuni mesi del museo affacciato su piazza Santa Maria Novella e ideatore del ciclo Solo. Dopo il debutto, con Emilio Vedova, la serie prosegue ora con la mostra curata da Gaspare Luigi Marconi dedicata all’artista lombardo, prematuramente scomparso nel 1963.

Piero Manzoni. Solo. Installation view at Museo Novecento, Firenze 2018. Photo © Museo Novecento

Piero Manzoni. Solo. Installation view at Museo Novecento, Firenze 2018. Photo © Museo Novecento

DALLA LINEA DI 7200 METRI AL FIATO D’ARTISTA

Questo “primo ‘progetto monografico’ su Piero Manzoni in uno spazio museale fiorentino” è il risultato della collaborazione attivata dall’istituzione toscana con la Fondazione Piero Manzoni, “dimostrazione delle relazioni con importanti realtà, italiane e straniere, che il Museo Novecento sta tessendo”, come precisato ancora dal direttore. Un passaggio, del resto, quasi obbligato per riuscire a “sanare”, almeno temporaneamente, l’assenza di un autore così iconico del Novecento italiano dal patrimonio delle collezioni civiche fiorentine. L’integrazione della mostra con il percorso permanente e il ricorso, sul fronte dell’allestimento, a soluzioni che garantiscono la piena leggibilità dell’“assolo espositivo” consentono al visitatore di calarsi in un microcosmo intimo, nel quale la produzione artistica di Manzoni è resa più robusta e comprensibile dalle testimonianze della sua ricerca teorica. Sebbene i concetti-oggetti, realizzati tra il 1959 al 1962, costituiscano il fulcro della monografica fiorentina, i documenti relativi all’attività teorica manzoniana e la presentazione della sua vicenda biografica permettono di tratteggiare un ritratto esaustivo della sua figura, evocando l’influenza che avrebbe continuato a esercitare anche dopo la morte.

Piero Manzoni. Solo. Installation view at Museo Novecento, Firenze 2018. Photo © Museo Novecento

Piero Manzoni. Solo. Installation view at Museo Novecento, Firenze 2018. Photo © Museo Novecento

OLTRE LA PROVOCAZIONE

Se la Merda d’artista, rigorosamente da vendersi al prezzo corrente dell’oro per grammo per volontà dell’autore, entra nella storia spinta anche dalla sua carica provocatoria, è nel fondamentale passaggio dalle Linee alle “opere corporali” che va rintracciata la sua genesi. È per questo che in Solo. Piero Manzoni sono inclusi i “kit” della serie 45 Corpi d’aria, con le scatole contenenti le istruzioni per gonfiare un palloncino bianco attraverso un tubicino e, quindi, per posizionare la “scultura gonfiata” su un treppiede; le Uova scultura, riposte in piccole scatole di legno firmate e numerate; le Carte d’autenticità, veri e propri certificati, firmati dall’artista, identificativi delle persone “come opere d’arte”. Solo provocazioni? “L’artista ha sempre operato in modo più assoluto e totalizzante”, specifica il curatore Marcone. E le sue sperimentazioni e azioni, nonostante la forzosa interruzione prima ancora dei trent’anni, continuano a dimostrarlo, estendendosi verso nuovi versanti interpretativi e di analisi.

Valentina Silvestrini

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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