Per questo nuovo progetto, Andrea Sala (Como, 1976), confermando le sue attitudini da scultore, espone opere che riecheggiano gli strumenti del fare scultura, indagando gli statuti primari del lavoro stesso dell’artista. Sporgendo dai muri, con la loro accentuata tridimensionalità – rinforzata da una presenza cromatica vibrante e mutante, segnata dal tempo e da sforzi esecutivi immaginari –, le opere di Sala rivelano quella che Francesco Garutti, nel testo a corredo della mostra, definisce “fascinazione per le forme”. Riecheggiano il minimal, ma riverberano strutture riconoscibili, tra incudini e superfici ammorbidite da angoli smussati e crepe costanti.
Non possedendo la funzione apparentemente attribuita loro, questi piccoli e medi oggetti cercano di vivere lo spazio anche quando si liberano dalle pareti. Ma con una leggera ironia, che emerge dai titoli – Pluto, Pippo, Poldo – assumendo la dimensione disimpegnata da balocco sbocciato dalla fucina di un bricoleur.
– Lorenzo Madaro