Nel mezzo del cammino. Miroslaw Balka a Milano

Le Navate di HangarBicocca presentano diciotto stazioni, diciotto passaggi obbligati che collegano lo spazio espositivo con il vuoto di significazione, tra lavoro e lavoro. Da “Soap Corridor” del 1993 al recentissimo video di “Holding the Horizon” del 2016, posto sul frontone d’ingresso, “CROSSOVER/S” assegna alla parola il limite di ogni sua inaccessibilità.

Lavorare nell’oscurità dell’HangarBicocca mi ha dato l’opportunità di scoprire il rapporto fisico, di prossimità tra le opere. Afferma Miroslaw Balka (Varsavia, 1958). Pirelli HangarBicocca ha da poco inaugurato CROSSOVER/S, la prima retrospettiva italiana di Balka. L’artista trasforma elementi ed eventi della propria biografia per presentare diciotto installazioni monumentali, icone del proprio percorso, tra sculture, installazioni e video, realizzati dagli Anni Novanta a oggi, cui si aggiunge una nuova produzione, Holding the Horizon (2016), video concepito appositamente per il progetto espositivo milanese.
Il buio restituisce loro un altro significato, tutti i lavori hanno cominciato a relazionarsi direttamente non solo con la loro storia, ma con la storia dell’Europa contemporanea, diventando un tutto comprensibile tanto come un insieme di singolarità, quanto come una molteplicità unica. Come una parte d’Europa, generando una nuova catena di livelli politici dell’interpretazione. Credo che questa mostra fornisca anche alcuni avvertimenti, diventando una piattaforma a partire dalla quale ri-pensare la presenza dell’Europa che oggi si trova sempre sul filo, impreparata a prendere urgenti decisioni e della massima priorità. Io credo che l’arte arrivi al cuore di queste situazioni, di queste tematiche in cui non è abbastanza comunicare, affrontando con importanza e totalità ogni singolo aspetto umano”, prosegue l’artista.

Miroslaw Balka. CROSSOVER-S. . Exhibition view at Pirelli HangarBicocca, Milano 2017. Courtesy of the artist and Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano

Miroslaw Balka. CROSSOVER-S. . Exhibition view at Pirelli HangarBicocca, Milano 2017. Courtesy of the artist and Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano

VISIBILE E INVISIBILE

Agli inizi degli Anni Novanta Balka abbandona le forme antropomorfe per realizzare opere che rappresentano oggetti simbolici come letti, pedane e fontane, che alludono alla presenza umana senza mai raffigurarla. Balka concepisce questi lavori anche attraverso l’uso di materiali comuni quali legno, sale, cenere, sapone, cemento e acciaio, utilizzando spesso come unità di misura le ricorrenti, proporzionatrici misure del proprio corpo. Le proporzioni mettono in relazione diretta la figura umana con lo spazio, lo sguardo, l’esperienza e la memoria. “Questa mostra è sul vedere e sul non vedere”, dichiara Balka. “Possiamo sempre guardare, tanto di giorno, quanto di notte, ma se chiudiamo gli occhi non vediamo. Il gioco che si crea tra il visibile e l’invisibile è perfettamente sintetizzato in mostra da “Holding the Horizon”, che torna a parlare della definizione di limitazioni, di barriere e di speranze fortemente necessarie in un’Europa disgregata come quella del XXI secolo. Ho rappresentato, in questo video, la linea immaginaria sottesa dal mitologico Atlas che sorregge il mondo, il suo peso è simbolo di una responsabilità, è per questo motivo che è il primissimo lavoro in mostra, ma che allo stesso tempo non è reso visibile dalla sua posizione, posto proprio al di sopra della porta d’ingresso, luogo che lo rende visionabile solamente alla fine del percorso. C’è un gioco tra il primo lavoro non visibile e l’ultimo, di cui si va alla ricerca, una metafora di sovvertimento della soglia di entrata e di uscita della mostra.

Miroslaw Balka, Soap Corridor, 1995. Installation view at Pirelli HangarBicocca, Milano 2017. Courtesy of the artist and Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano

Miroslaw Balka, Soap Corridor, 1995. Installation view at Pirelli HangarBicocca, Milano 2017. Courtesy of the artist and Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano

ORIZZONTI E NAVATE

Sulla porta d’ingresso e d’uscita dello spazio delle Navate uno schermo LED, su cui viene trasmesso il video Holding the Horizon, oscilla una striscia di carta gialla su sfondo nero. A qualche decina di metri di distanza, un’enorme croce di rete metallica e cinque ventilatori decretano il cuore della mostra (Cruzamento, 2007). Attraversamento e convogliamento dell’aria, che proviene dai ventilatori, affaticano ogni incedere come in 200 x 760 x 550 The Right Path (2008-2015), un corridoio buio in metallo che i visitatori sono invitati a percorrere e che sembra condurre in un luogo fuori dallo spazio espositivo. Il suono dell’acqua, il suono dei ventilatori, il suono del gas bruciato dai fornelli lasciano intendere la portata multisensoriale di ogni lavoro. Come sottolineato da Balka, “nelle Navate ogni stimolo percettivo è amplificato, ritornando quasi primitivo. E ogni lavoro torna a essere esperienza. Questa mostra è proprio dedicata a questa ricerca: all’esperienza. Ritengo che si debba viverla e non raccontarne eccessivamente. Ogni visitatore vorrei diventasse un testimone di tutte le memorie del percorso, che solo attraverso gli individui può essere portato al di fuori di se stesso.
Anche se io non sono tenuto a sapere quale sia la reazione interiore di chi visita la mostra. Preferisco che rimanga un fattore, un elemento, un processo privato, diventando anche un motivo di scambio, di dialogo tra le persone. Ma la figura dell’artista non deve essere messa a parte di questo sapere. La conoscenza acquisita durante la mostra è un messaggio che trascende l’opinione di ciascuno e spesso è imponderabile, non necessaria.
Nel Cubo, accessibile per mezzo di un ingresso ristretto, è invece installato Yellow Nerve (2012-2015), lavoro che sembra rilucere, mimetizzandosi nella vastità dello spazio, giocando con la sua verticalità: un sottile filo giallo scende dal soffitto fino a toccare il pavimento, ruotando lentamente su stesso. Inoltre la proiezione dei video a terra, l’eco incessante dell’acqua tinta di nero che scorre sul metallo dell’installazione Wege zur Behandlung von Schmerzen (2011) o il profumo tristemente pungente di Soap Corridor (1995) mostrano l’HangarBicocca come l’estensione di un lavoro di Balka.

Miroslaw Balka, 7 x 7 x 1010, 2000 (particolare). Collezione Castello Ujazdowski, Varsavia. Installation view at Pirelli HangarBicocca, Milano 2017. Courtesy of the artist and Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano

Miroslaw Balka, 7 x 7 x 1010, 2000 (particolare). Collezione Castello Ujazdowski, Varsavia. Installation view at Pirelli HangarBicocca, Milano 2017. Courtesy of the artist and Pirelli HangarBicocca, Milano. Photo © Attilio Maranzano

UN’IMPRESA NON SCONTATA

Le Navate oltrepassano qualsiasi standard che uno spazio espositivo in Europa possa offrire. Le dimensioni sembrano sempre al di là di ogni possibilità. Sono spazi che terrorizzerebbero qualsiasi artista. In tutto quello spazio si comincia a dubitare di essere capaci di saperlo interpretare, di saperlo leggere attraverso i propri lavori. Specialmente se il carattere della mostra diventa di tipo retrospettivo. Non è così semplice ripensare, ri-raccontare lo spazio attraverso lavori che erano stati creati appositamente per altre architetture, decisamente ridotte. È un compito davvero arduo per l’artista. Con Vicente [Todolí, N.d.R.] abbiamo attraversato tutti i miei archivi, cercando di trovare i lavori più appropriati, ma possedere i lavori non significa affatto sapere come disporli in uno spazio come HangarBicocca. Anche se alcuni grandi artisti come Joan Jonas e Cildo Meireles hanno vinto questa sfida trasformandola in opportunità, le loro mostre mi hanno aiutato a misurare, a conoscere tanto il luogo quanto le persone che lo compongono. Fattore, per me, primario. Per me è un onore, oggi, ricordarmi di ciascuno dei membri di questo staff e poterli chiamare tutti per nome”, commenta Balka.
Tra la pedana che forse pochi sbilanceranno (400 x 250 x 30, 2005), Common Ground (2013-2016), installazione composta da zerbini raccolti dalle abitazioni di una via di Cracovia, e 7 x 7 x 1010 (2000), una colonna di saponette che rievoca la memoria dei precedenti proprietari, abitanti sconosciuti della capitale polacca, ogni visitatore perde il proprio nome, la parola che lo rende accessibile al linguaggio.
Mentre, a poca distanza, l’installazione video BlueGasEyes (2004), una proiezione di due fornelli su superfici di sale sul pavimento, è connessa all’immagine del focolare domestico, forse in antitesi con 250 x 700 x 455, ø 41 x 41/Zoo/T (2007-2008), in cui l’esperienza innocente di una visita allo zoo si trasforma in reminiscenza drammatica di uno zoo costruito nel campo di Treblinka per distrarre e divertire le guardie.

Ginevra Bria

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Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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