L’altra faccia del Rinascimento. Due mostre a Roma

Il museo, come spazio espositivo e luogo di confronto e di studio. Così Flaminia Gennari Sartori ha rivoluzionato le Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma. Fino a metà febbraio due mostre raccontano l’eccellente ritrovamento della Madonna di Tarquinia di Filippo Lippi e un inedito Trecento riminese.

Cento anni fa Pietro Toesca riconosceva nella Chiesa di Santa Maria di Valverde, a Tarquinia, una pala di Filippo Lippi datata con un cartiglio 1437: una Madonna con il Bambino che avrebbe cambiato la cronologia delle opere attribuite all’artista e, più genericamente, avrebbe permesso di rileggerne il ruolo all’interno della storia del Rinascimento italiano. Lo straordinario ritrovamento della Madonna di Tarquinia è attualmente oggetto di una piccola, ma ben strutturata, mostra allestita negli spazi di Palazzo Barberini.

UN ALTRO RINASCIMENTO

Curato da Enrico Parlato, il percorso espositivo somma a una rassegna dei principali documenti relativi alla scoperta ‒ ci sono anche una lettera a Bernard Berenson, i telegrammi indirizzati alle autorità dell’epoca e la relazione relativa all’altrettanto fortunato ritrovamento della cornice originale ‒ una selezione di opere che ben descrive il raffinato ambiente del committente, il cardinale arcivescovo di Firenze Giovanni Vitelleschi.
Affiancando alle opere della collezione della Galleria Nazionale di Arte Antica alcuni ottimi prestiti internazionali, la mostra permette di ben collocare questa Madonna, statuaria e stretta dall’abbraccio di un Gesù bambino possente, nel passaggio fondamentale dell’opera di Filippo Lippi, dagli esordi masacceschi alla linee più eleganti e aggraziate per le quali è noto, e di inserirla nel contesto della devotio moderna e del rapporto con quella pittura fiamminga di Jan van Eyck e Robert Campin, che poneva le figure sacre nella pacifica quotidianità degli interni domestici.

Donatello, Spiritello ceroforo, 1436 ca. Parigi, Musée Jacquemart André

Donatello, Spiritello ceroforo, 1436 ca. Parigi, Musée Jacquemart André

L’INFLUENZA DELLA SCULTURA

Ora, tra la Madonna ritrovata da Toesca e l’Annunciazione, entrambe di proprietà di Palazzo Barberini ‒ che si fronteggiano in un azzeccato “testa a testa” ‒ si dispongono la delicata Annunciazione proveniente dalla Frick Collection di New York, il Trittico del Fitzwilliam di Cambridge (dove la solidità di Masaccio si stempera, soprattutto nei pannelli laterali con San Giovanni Battista e Sant’Ansano) e uno straordinario, quasi coevo, Putto ceroforo di Donatello, dai volumi morbidi e la posa insolente, che proviene dal Jacquemart-André di Parigi. Realizzato per la mostra dell’organo in Santa Maria Novella, a Firenze, esso permette di chiarire la relazione e l’influenza che la scultura ‒ in prima battuta quella della bottega dei Della Robbia ‒ ebbe sulla pittura sia di Masaccio che dell’allievo Filippo.

LE MOSTRE DI “STUDIO”

Una mostra piccola, si diceva, di quelle che la direttrice Flaminia Gennari Sartori ama definire mostre “di studio”: episodi espositivi che permettono di rieditare temporaneamente il percorso canonico del museo, consentendo confronti inediti con opere ospiti e favorendo ‒ attraverso l’esemplificazione ‒ l’esposizione di nuove ipotesi agli studiosi e ai non addetti ai lavori.
Così le Gallerie Nazionali di Arte Antica ‒ sotto questo nome sono virtualmente uniti Palazzo Barberini e Galleria Corsini alla Lungara, dal 2015 autonome grazie alla riforma MiBACT ‒ affiancano a grandi mostre, come la bella monografica dedicata ad Arcimboldo, attualmente in corso a Palazzo Barberini, eventi minori per dimensione, ma non per rigore scientifico, disegnando una strategia ben precisa che intreccia divulgazione culturale, conservazione e ricerca.

Giovanni da Rimini, Storie di Cristo, 1300-1305 ca. Roma, Barberini Corsini Gallerie Nazionali

Giovanni da Rimini, Storie di Cristo, 1300-1305 ca. Roma, Barberini Corsini Gallerie Nazionali

IL RILANCIO DELLE GALLERIE NAZIONALI DI ARTE ANTICA

La reazione del pubblico è stata positiva: “Un incremento del 20% del numero dei visitatori”, spiega ancora Flaminia Gennari Sartori, la cui programmazione è spaziata dal Settecento di Pompeo Batoni ai dipinti d’Elci del manierista Daniele da Volterra, al confronto tra copia e originale in Caravaggio, la scorsa estate, in occasione del centenario della nascita del Fondo per gli Edifici di Culto.
Il rilancio delle Gallerie Nazionali ‒ attuato anche nel rinnovamento grafico del logo, nella proposta di un brand unico BarberiniCorsini e in una migliore presenza e iterazione sui social media ‒ si fonda su una concezione realmente dinamica della collezione, materia “viva”, oggetto di riflessione, approfondimento e scoperta: per Gennari Sartori le gallerie romane sono un unicum, e il management dei grandi musei americani, dove ha costruito la sua brillante carriera di storico dell’arte e di conservatore, è una fonte di ispirazione, ma non un modello vero e proprio.

GIOVANNI DA RIMINI: LA PITTURA DEL TRECENTO A RIMINI

L’altra mostra presente negli spazi del palazzo, esemplifica ‒ se possibile ancora di più ‒questo raffinato ensemble di ricerca ed esposizione: l’allestimento, curato da Alessandro Cosma, allinea un importante prestito dalla National Gallery di Londra a due opere della collezione del Palazzo, offrendo uno spaccato ‒ sorprendente per qualità e interesse storico artistico della proposta ‒ del Trecento riminese e dell’influenza esercitata dalle novità giottesche sull’impianto tradizionale della pittura gotica.
Cosma ha affiancato due tavole realizzate tra il 1300 e il 1305 da Giovanni da Rimini a una, di trent’anni successiva, di Giovanni Baronzio, che rappresenta una sorta di ideale conclusione: similari per soggetto, episodi dalla vita dei santi e di Cristo, le opere rivelano una progressiva conquista della spazialità, sia pur ancora compressa e adattata allo splendore del fondo d’oro e delle tinte smaltate.

Filippo Lippi, Annunciazione con donatori, 1440 ca. Roma, Galleria Nazionali di Arte Antica di Roma – Palazzo Barberini e Galleria Corsini

Filippo Lippi, Annunciazione con donatori, 1440 ca. Roma, Galleria Nazionali di Arte Antica di Roma – Palazzo Barberini e Galleria Corsini

UN DITTICO DIVISO?

Considerate per molto tempo un dittico, le due tavole di Giovanni da Rimini, risultano inventariate ‒ assieme ‒ alla fine del Seicento nelle collezioni Barberini. Stimate da Vincenzo Camuccini alla spartizione dell’eredità tra il ramo Barberini e Sciarra, vennero probabilmente divise, perché la tavola ora londinese fece parte della collezione dello scultore prima d’essere acquistata da Algernon Percy, IV Duca di Northumberland e tradotta nel Regno Unito nel primo trentennio dell’Ottocento. Entrata a far parte della collezione della National Gallery nel 2015, grazie alla donazione del magnate della cosmetica statunitense Ronald S. Lauder, è stata già protagonista di una esposizione nel museo londinese la scorsa estate.
La tavola, attualmente nella collezione di Palazzo Barberini, venne invece acquistata dallo Stato italiano dalla famiglia Sciarra, nel 1897. Probabilmente legate a una committenza nell’ambito del convento eremitano di Sant’Agostino a Rimini, le due opere ‒ simili per l’impaginazione e per alcune soluzioni compositive, che provano una diretta conoscenza della rivoluzione di Giotto ‒ offrono ancora materiale di studio per archivisti e storici dell’arte: lasciando questioni aperte, proponendo ipotesi interpretative, documentando differenti tesi, una mostra diventa occasione di confronto, dibattito, approfondimento.

Maria Cristina Bastante

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