Collaborazione Italia-Cina per la mostra sulle Civiltà dei Grandi Fiumi. Ora a Zhengzhou

Rinviata più volte causa pandemia, la mostra appena inaugurata nel capoluogo dell’Henan è frutto di una collaborazione tra la Cina e quattro importanti musei italiani. Per la prima volta si mettono a confronto le antiche civiltà fiorite in prossimità dei grandi fiumi

Doveva inaugurare nel 2020, di rinvio in rinvio si è arrivati alle porte della primavera 2023. Ed è stata probabilmente l’eccezionalità del progetto ad armare di perseveranza i curatori della mostra Civiltà dei Grandi Fiumi – frutto di una collaborazione tra il Museo di Zhengzhou e quattro realtà di riferimento per le arti orientali ed egizia in Italia – ora allestita nel capoluogo della provincia dell’Henan, nella valle del Fiume Giallo.

Civiltà dei Grandi Fiumi, Bue in legno con aratro, Dinastia Han, Gansu Provincial Museum

Civiltà dei Grandi Fiumi, Bue in legno con aratro, Dinastia Han, Gansu Provincial Museum

LA MOSTRA SULLE CIVILTÀ DEI GRANDI FIUMI. L’IDEA

L’idea è scaturita nel 2019 per l’interessamento dell’allora assessore alla Cultura della popolosa provincia della Cina Centrale, culla della civiltà cinese sin dalla preistoria, e oggi seconda solo al Guangdong per numero di abitanti. Molti di loro si concentrano nella metropoli di Zhengzhou, città che supera i 10 milioni di persone e che ha investito su un quartiere della cultura riunendo diverse istituzioni museali in un’area urbana che progressivamente sta cambiando volto, circondata da un grande parco in via di sviluppo. Come gran parte dei musei pubblici cinesi – un nutrito circuito di 6mila siti in tutto il Paese – anche il Museo di Zhengzhou, con i suoi 15mila metri quadri di superficie espositiva, si caratterizza per la vastità degli spazi, in altri casi poco sfruttati e qui invece oggetto di un riallestimento mirato a coinvolgere la moltitudine di visitatori che accorre specialmente durante i weekend, incoraggiata dalla gratuità dell’ingresso. E per la mostra appena inaugurata si attendono numeri più ingenti del consueto: “Solitamente il museo conta 8mila visitatori al giorno, la mostra dovrebbe portare picchi giornalieri di 19mila persone”, spiega Barbara Alighiero, riferendo le aspettative dei curatori. Con la compagine italiana coinvolta nell’operazione – il direttore del Museo Egizio di Torino Christian Greco e il professore Stefano de Martino dell’Università di Torino, in qualità di co-curatori – l’esperta sinologa, già direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Pechino, si è occupata della complessa organizzazione della mostra, tra i primi eventi espositivi di ampio respiro in uscita dalla pandemia: “Al primo rinvio, nell’autunno 2020, sono seguite allerte continue, fino alle difficoltà impreviste dell’autunno scorso. Quando si pensava finalmente di poter inaugurare a dicembre 2022, con le opere dall’Italia già imballate per la partenza, la nuova ondata di Covid che ha paralizzato la Cina, con le scene di panico rimbalzate nelle cronache di tutto il mondo, ci ha bloccato di nuovo. Siamo rimasti in attesa, sempre con la valigia pronta, e solo un mese fa abbiamo avuto il via libera: ora il Paese è tornato alla normalità, e la mostra è partita”.

LA COLLABORAZIONE ITALIA-CINA

Organizzata dalla società italiana Arteficio e finanziata interamente dal governo cinese nel quadro delle attività dell’Anno della Cultura e del Turismo Italia-Cina, la mostra mette per la prima volta a confronto le civiltà antiche fiorite lungo le sponde dei grandi fiumi – Nilo, Eufrate e Tigri, indo, Fiume Giallo (Huanghe) e Fiume Azzurro (Yangtze Jiang) – a migliaia di chilometri di distanza: “In passato sono stati curati progetti comparativi, come la mostra che raffrontava due grandi imperi che non si sono mai veramente incontrati, quello di Roma e la dinastia degli Han. Però mai si era ragionato sui fiumi, mettendo a confronto civiltà tanto importanti come quelle cinese, mesopotamica ed egiziana”. L’allestimento, particolarmente curato nell’apparato grafico e didattico (“qui le mostre sono visitate da molti bambini, e in generale attirano un pubblico molto eterogeneo e curioso: l’impostazione didattica è fondamentale”), mette insieme trecento pezzi, la metà in arrivo da tredici musei cinesi, l’altra in prestito dal Museo Egizio, dai Musei Reali e dal Museo d’Arte Orientale di Torino e dal Museo Barracco di Roma. I reperti, selezionati per l’alto valore artistico, raccontano diversi aspetti della quotidianità delle antiche civiltà, con ampio spazio per culti e credenze, nell’arco temporale che dal 5.000 a.C conduce al II secolo d.C. Papiri egiziani, tavolette mesopotamiche con iscrizioni cuneiformi, ossa oracolari e carapaci con pittogrammi cinesi mettono a confronto le prime scritture della storia dell’umanità, mentre sarcofagi egiziani, piccole mummie di animali, riproduzioni in terracotta di persone e delle abitazioni cinesi rinvenute nelle tombe spiegano i riti e la visione della morte nei diversi popoli. Ad accomunarli, il culto del Fiume, benedetto e temuto al tempo stesso, perché foriero di fertilità e inondazioni. A Zhengzhou la mostra resterà fino al 3 giugno, prima di intraprendere un tour per la Cina. Non è prevista, invece, una tappa italiana. Il catalogo, in lingua inglese e cinese, sarà disponibile prossimamente.

Livia Montagnoli

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati